STATO E CHIESA
(v. chiesa: Chiesa e Stato, X, p. 46; App. II, I, p. 571; IV, I, p. 418)
Le relazioni fra Chiesa cattolica e Stato in Italia. - Da poco più di un decennio la disciplina dei rapporti fra la C. e lo S. in Italia è profondamente mutata. Tra il 1984 e il 1985 si è infatti concluso il lungo processo di revisione delle norme concordatarie − Trattato e Concordato dell'11 febbraio 1929, cosiddetti Patti lateranensi − che per oltre cinquant'anni avevano retto tali rapporti, rafforzate dal richiamo operato dall'art. 7, 2° comma, della Costituzione repubblicana del 1948.
Il problema della revisione bilaterale dei Patti lateranensi fu sollevato alla Camera dei deputati da una mozione presentata nel 1965 da M. Ferri e L. Basso. Due anni dopo (4-5 ottobre 1967) l'Assemblea dibatté ampiamente la questione e invitò il governo a prospettare alla S. Sede l'opportunità di una revisione bilaterale di alcune norme del Concordato. Tuttavia fu solamente dopo il risultato del referendum sul divorzio (1974) che − abbandonata la prospettiva di una revisione minimalista, intesa a riconsiderare soltanto alcune clausole del Concordato − vennero concretamente avviate le trattative diplomatiche, prima attraverso l'ambasciatore d'Italia presso la S. Sede, G.F. Pompei, poi (1976) con la nomina di una delegazione italiana incaricata di elaborare con quella vaticana le proposte di modificazione da sottoporre alle due parti. A partire da quella data sono stati elaborati sei successivi schemi di modifiche (cosiddette ''bozze'' di revisione, 1976, 1977, 1978, 1979, 1980, 1983), i primi tre dei quali presentati e ampiamente discussi in sede parlamentare. In tal modo la trattativa con la S. Sede, pur svolgendosi sul piano del negoziato diplomatico, è stata caratterizzata dalla complementare cooperazione delle Camere, talmente intensa e decisiva da indurre la dottrina a parlare di ''parlamentarizzazione'' del negoziato concordatario. Questo complesso procedimento e le ricorrenti crisi governative dilatarono i tempi della riforma, mentre un illustre studioso, A.C. Jemolo, suggeriva l'opportunità di lasciar cadere una a una, come le foglie secche, le norme non più attuali del Concordato lateranense.
Nel protrarsi delle trattative il processo di revisione si sviluppò anche alla luce degli interventi della Corte costituzionale, specie in materia matrimoniale, e delle riforme generali introdotte sia nell'ordinamento statuale − nel campo del diritto di famiglia, delle organizzazioni sanitaria, penitenziaria, militare, dell'attuazione dell'ordinamento regionale, della riorganizzazione dell'assistenza − sia nell'ordinamento canonico, con il Concilio Vaticano ii prima, con la promulgazione del Codice di diritto canonico del 1983, poi.
Il lungo negoziato si è concluso con l'Accordo fra la S. Sede e la Repubblica italiana firmato a Villa Madama il 18 febbraio 1984, entrato in vigore in forza della legge di autorizzazione alla ratifica e di esecuzione 25 marzo 1985 n. 121. Questo Accordo disciplina le linee essenziali dei rapporti fra le parti e rinvia ad apposite ''intese'' la loro attuazione pratica o la soluzione di questioni particolari. A un ''Protocollo addizionale'', firmato contestualmente, sono affidate alcune disposizioni di carattere esplicativo o integrativo dell'articolato principale ovvero dirette a modificare alcune importanti clausole del Trattato lateranense, per il resto rimasto in vigore nella sua formulazione originale. All'Accordo si aggiunge il Protocollo del 15 novembre 1984, con il quale sono state approvate le norme che disciplinano tutta la materia degli enti e beni ecclesiastici, compreso il regime fiscale e quello degli impegni finanziari dello S., elaborate dalla Commissione paritetica italo-vaticana appositamente istituita al momento della firma dell'Accordo a norma dell'art. 7.6 dello stesso e poi tradotte nella l. 20 maggio 1985 n. 222.
Il rinnovamento della legislazione concordataria ha attuato concretamente il principio di bilateralità o pattizio sancito dalla Costituzione come principio cardine per la disciplina dei rapporti fra S. e C., e insieme ha segnato il rigetto dei progetti rivolti a ottenere l'eliminazione del sistema concordatario, la modificazione o addirittura l'abrogazione correlativa dell'art. 7 Cost. e il ritorno a sistemi di rapporti con la C. di tipo neo-separatista. Al contrario, l'Accordo del 1984 si colloca nel sistema inaugurato dai Patti lateranensi e tende a mantenere le garanzie già assicurate dall'art. 7 Cost. In tal senso depongono una serie di collegamenti formali, quali l'autoqualificazione in termini di "Accordo di modificazioni del Concordato lateranense", più volte ribadita (Preambolo; art. 13, n. 1 Accordo), e l'implicita affermazione di una continuità desumibile dal principio per cui le disposizioni del Concordato lateranense "non riprodotte nel presente testo sono abrogate" (art. 13, n. 1 Accordo).
Occorre tuttavia segnalare alcuni importanti elementi di novità, di natura sia formale che sostanziale. Sotto il profilo formale l'Accordo "innova incisivamente nel prefigurare l'articolazione del sistema delle fonti per la disciplina delle relazioni fra Stato e Chiesa" (C. Mirabelli). Per alcune materie presenta una disciplina di principio o prevede accordi e intese integrative. Per "ulteriori materie" riguardo alle quali si manifesti l'esigenza di collaborazione fra C. e S. afferma inoltre la possibilità di una regolamentazione bilaterale, da realizzarsi sia mediante nuovi "accordi tra le Parti", sia con "intese" tra le competenti autorità dello S. e la Conferenza episcopale italiana (art. 13, n. 2 dell'Accordo). Una specifica intesa fra lo S. e la S. Sede è quella prevista dall'art. 6 dell'Accordo per determinare le festività religiose, diverse dalla domenica, riconosciute agli effetti civili, che ha trovato attuazione con d.P.R. 28 dicembre 1985 n. 792. Altra specifica intesa fra le autorità scolastiche italiane e la Conferenza episcopale italiana è quella prevista dal n. 5 lett. b) del Protocollo addizionale al citato Accordo riguardo all'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, che è stata attuata con d.P.R. 14 dicembre 1985 n. 751. La previsione di nuovi livelli di trattative e di nuove forme di accordo prospetta ulteriori sviluppi del principio di bilateralità, ed esprime quello spirito di "reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del Paese", pur nella riconosciuta distinzione delle competenze (art. 1 dell'Accordo), che caratterizza la nuova legislazione concordataria e deve orientarne l'interpretazione e lo sviluppo. Essa inoltre consente una maggiore duttilità dello strumento pattizio e l'opportuna inclusione fra i protagonisti del dialogo fra C. e S. di quell'episcopato nazionale cui già il Concilio e il recente Codice di diritto canonico avevano riconosciuto largo spazio. Anche sotto il profilo sostanziale l'Accordo del 1984 presenta significativi elementi di novità.
Innanzitutto sono state modificate alcune clausole del Trattato lateranense, dichiarando superato il principio della religione cattolica come religione ufficiale dello S. e affermando che la S. Sede concorda con l'interpretazione dell'art. 23, 2° comma del Trattato fornita dallo S. italiano, in base alla quale gli effetti civili delle sentenze e dei provvedimenti emanati da autorità ecclesiastiche a norma di tale disposizione vanno intesi "in armonia con i diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini italiani". Ulteriori novità sono state introdotte dalla Commissione paritetica sopra ricordata in materia di enti ecclesiastici, riguardo ai requisiti richiesti per il riconoscimento civile, l'obbligo dell'iscrizione nel registro delle persone giuridiche, il venir meno dei controlli statuali sugli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione. Quest'ultima previsione si ricollega alla riforma del cosiddetto "regime beneficiale" e all'avvio di un sistema di sostentamento del clero concernente tutti gli ecclesiastici che prestino servizio in favore delle diocesi e non più, come nella legislazione del 1929, i soli ecclesiastici titolari dei redditi prodotti dal beneficio, ossia da una dotazione patrimoniale, eretta in un ente di tipo fondatizio, collegata all'ufficio ecclesiastico. Si tratta di un sistema più moderno e più equo, fondato non più su elargizioni statali − che implicavano stringenti controlli amministrativi sull'attività patrimoniale della C., oggi superati o modificati − ma sulla libera contribuzione dei cittadini ammessa entro determinati limiti a deduzione fiscale, nonché sul riconoscimento ai medesimi della possibilità di destinare alla C. (come ad altre confessioni religiose interessate) una parte, proporzionale alle scelte, dell'8ı delle entrate IRPEF annuali.
Anche in materia matrimoniale si sono avute rilevanti modificazioni. È scomparso qualsiasi riferimento al carattere sacramentale del matrimonio, coerentemente con il superamento della confessionalità dello S., ma è restata la possibilità di ottenere l'efficacia civile dei matrimoni "contratti secondo le norme del diritto canonico" attraverso l'atto di trascrizione. La trascrizione tardiva (oltre i 5 giorni dalla celebrazione) non può essere effettuata su richiesta di un solo coniuge se manca l'assenso o almeno la non opposizione dell'altro; viene così esaltata la volontà degli sposi quale presupposto essenziale della trascrizione. Le sentenze di nullità dei matrimoni canonici trascritti pronunciate dall'autorità ecclesiastica possono essere riconosciute agli effetti civili dalla Corte d'appello competente per territorio, che a tal fine deve accertare, fra l'altro, la sussistenza di una serie di requisiti esattamente indicati con riferimento alle disposizioni del codice di procedura civile sulla delibazione delle sentenze straniere. Ai fini dell'applicazione di tali norme nel Protocollo si precisa che "si dovrà tener conto della specificità dell'ordinamento canonico dal quale è regolato il vincolo matrimoniale", e che "in ogni caso non si procederà al riesame del merito". Sulla base di tali disposizioni è stata espressa qualche perplessità circa la tesi − pur riaffermata da parte governativa − del superamento nel nuovo Accordo della cosiddetta ''riserva'' di giurisdizione a favore dei tribunali ecclesiastici sulle cause di nullità dei matrimoni canonici trascritti, alla quale sarebbe stato sostituito un sistema di giurisdizione concorrente. Il silenzio del testo pattizio e la perdurante mancanza di una legge matrimoniale di attuazione − che, pur elaborata da parecchi anni e presentata dal governo al Parlamento nel 1987, ancora non è stata discussa in sede parlamentare − hanno provocato vivaci dibattiti dottrinali e oscillazioni nella giurisprudenza. Da ultimo la Corte costituzionale ha indirettamente confermato il permanere dell'esclusiva giurisdizione dei tribunali ecclesiastici, precisando che "coerentemente con il principio di laicità dello Stato (sent. n. 203 del 1989), in presenza di un matrimonio che ha avuto origine nell'ordinamento canonico e che resta disciplinato da quel diritto, il giudice civile non esprime la propria giurisdizione sull'atto di matrimonio, caratterizzato da una disciplina conformata nella sua sostanza all'elemento religioso, in ordine al quale opera la competenza del giudice ecclesiastico" (sent. 421 del 1° dicembre 1993).
In materia d'insegnamento religioso si è continuato ad assicurare l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado, sul presupposto che "i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano". Detto insegnamento è anche previsto per le scuole pubbliche materne con specifiche e autonome attività educative ai sensi del d.P.R. 24 giugno 1986, n. 539. L'insegnamento pubblico è comunque facoltativo garantendo a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersene o meno, diritto che dovrà essere esercitato all'atto dell'iscrizione dagli studenti o dai loro genitori su richiesta dell'autorità scolastica. È stata pertanto opportunamente eliminata la precedente indicazione della facoltà di chiedere l'esonero, che dava luogo a discriminazioni; rimane tuttavia aperto il problema dell'attività degli studenti delle scuole pubbliche che scelgano di non avvalersi dell'istruzione religiosa cattolica. Un problema che il governo e il Parlamento non hanno ancora affrontato, lasciando sussistere una situazione di lacuna normativa. La Corte costituzionale con due importanti decisioni (n. 203 del 1989 e 13 del 1991), ha affermato lo "stato di non obbligo" dei non avvalentisi rispetto alla materia prevista come alternativa all'ora di religione.
Non è stata riprodotta la norma del vecchio Concordato che impediva ai sacerdoti apostati o irretiti da censura di essere assunti o conservati in un insegnamento, in un ufficio o in un impiego, nei quali si trovassero a immediato contatto con il pubblico. Quanto alle nomine a tutti gli uffici ecclesiastici è stata riconosciuta piena libertà alla C., eliminando ogni controllo statale previsto dalla normativa lateranense. Risulta altresì garantita la libertà religiosa e l'assistenza spirituale ai cittadini che si trovino in situazioni particolari all'interno di strutture ''obbliganti'' (appartenenza alle forze armate, alla polizia o ad altri servizi assimilati; degenza in ospedali, case di cura o di assistenza pubbliche; detenzione negli istituti di prevenzione e pena). La materia della tutela del patrimonio storico artistico d'interesse religioso è stata inclusa fra quelle di reciproco interesse, per cui alla riaffermazione della competenza dello S. si accompagna l'impegno di intese con le autorità ecclesiastiche al fine di armonizzare l'applicazione della legge italiana alle esigenze del culto. In attuazione di tale previsione la Commissione paritetica per l'attuazione del Concordato ha predisposto una bozza d'intesa, che è stata presentata in Parlamento il 18 settembre 1991 ma non ha trovato una positiva valutazione. È stata invece approvata, con d.P.R. 2 febbraio 1994 n. 175, l'intesa sul riconoscimento civile dei titoli accademici rilasciati dalle università ecclesiastiche, siglata il 2 dicembre 1993 dalla Commissione italo-vaticana, che rappresenta una prima parziale attuazione dell'art. 10 degli Accordi di Villa Madama. Accordi che hanno, certamente, segnato l'inizio di una fase di nuovi patti fra lo S. e la C., che possono risolvere "l'antico ruolo di definizione dei confini nella più ricca dimensione della libertà religiosa e della cooperazione per lo sviluppo della persona umana" (F. Margiotta Broglio).
Le relazioni fra le confessioni religiose diverse dalla cattolica e lo Stato in Italia. - A partire dal 1984 anche il sistema dei rapporti fra S. e confessioni religiose diverse dalla cattolica è profondamente mutato, adeguandosi ai principi costituzionali in materia di libertà religiosa e di relazioni fra lo S. e tali confessioni e abrogando la legislazione del 1929-30 sui cosiddetti ''culti ammessi'' per le confessioni che hanno stipulato intese con lo Stato. L'art. 8, 3° comma Cost. prevede, infatti, che i rapporti dello S. con le confessioni religiose diverse dalla cattolica siano "regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze". In attuazione di tale disposizione, fra il 1984 e il 1987 sono state sottoscritte quattro intese (con le Chiese rappresentate dalla Tavola valdese, l'Unione Italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno, le Assemblee di Dio in Italia e l'Unione delle Comunità israelitiche italiane), successivamente rese esecutive con distinte leggi di approvazione. Il nucleo delle materie disciplinate, comune a quello dell'Accordo 18 febbraio 1984 con la C. cattolica, riguarda l'assistenza spirituale, l'istruzione religiosa, il riconoscimento civile degli enti confessionali e del matrimonio religioso. Altre materie più specifiche, che assumono un particolare rilievo ai fini della valutazione dei contenuti delle singole intese, sono quelle dell'obiezione di coscienza al servizio militare, della tutela penale, dell'esenzione tributaria per i trasferimenti di immobili, del giuramento a capo coperto, del riposo sabbatico, della concessione di settori speciali dei cimiteri per la sepoltura perpetua dei defunti ebrei. Per le eventuali modifiche delle intese è previsto un loro riesame al termine del decimo anno dall'entrata in vigore delle rispettive leggi di approvazione, salvo che l'opportunità non si presenti anzitempo. In ogni caso le modifiche daranno luogo alla stipulazione di nuove intese, con la necessaria presentazione al Parlamento dei relativi disegni di legge previsti dall'art. 8, 3° comma Cost. Dopo una pausa di sei anni, di recente sono ripresi i contatti fra gli organi di governo e alcune confessioni religiose che hanno avanzato richieste di intese, e ne sono state sottoscritte due nuove, con l'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia e con la Chiesa Evangelica Luterana in Italia, cui hanno fatto seguito i rispettivi disegni di legge di approvazione.
Il sistema delle intese lascia tuttavia aperta e irrisolta la questione delle ''confessioni prive di intesa'' − ossia di quelle che non possono o non vogliono stipulare intese e di quelle che siano in attesa di stipularle − alle quali continua ad applicarsi, ove non espressamente abrogata, l'antiquata e per molti aspetti incostituzionale legislazione sui ''culti ammessi'' del 1929. A queste confessioni restano precluse una serie di opportunità ottenute dalle confessioni che hanno sottoscritto le intese, soprattutto in materia di finanziamento e di accesso alle pubbliche strutture. Esse inoltre risultano discriminate anche da alcune recenti disposizioni legislative unilaterali, sia statali che regionali, che hanno previsto per le sole confessioni religiose con intesa numerose agevolazioni, principalmente in materia di edilizia di culto e di locazione di beni immobili dello Stato. Per riequilibrare il sistema senza ricorrere a specifiche leggi emanate sulla base di intese ai sensi dell'art. 8, 3° comma Cost., è stato elaborato un progetto di legge sulla libertà religiosa, approvato il 13 settembre 1990 dal Consiglio dei ministri, ma non presentato in Parlamento. L'articolo predisposto prevede l'abrogazione della normativa ecclesiastica del 1929-30 sui culti non cattolici, definisce nuovamente i diritti di libertà di coscienza e di religione, disciplina la condizione giuridica delle confessioni religiose e determina le procedure per giungere alla stipulazione delle intese previste dall'art. 8, 3° comma Costituzione. Tuttavia la normativa predisposta, approvata il 13 settembre 1990 dal Consiglio dei ministri, non è stata presentata in Parlamento. L'approvazione di questa o analoga normativa porterebbe a compimento la riforma della legislazione ecclesiastica italiana, garantendo a tutti i cittadini la possibilità di realizzare la propria esperienza religiosa, in forma personale o associata, alla luce dei principi di libertà costituzionalmente sanciti.
Bibl.: A.C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino 19632; F. Margiotta Broglio, Italia e S. Sede dalla grande guerra alla Conciliazione, Bari 1966; G. Casuscelli, Concordati, intese e pluralismo confessionale, Milano 1974; G. Catalano, Sovranità dello Stato e autonomia della Chiesa nella Costituzione repubblicana, ivi 19742; F. Ruffini, Relazioni tra Stato e Chiesa, Bologna 1974; F. Finocchiaro, Artt. 7 e 8, in Commentario alla Costituzione, a cura di G. Branca, ivi 1975; AA.VV., Stato democratico e regime pattizio, Milano 1977; Le intese tra stato e confessioni religiose, a cura di C. Mirabelli, ivi 1978; P. Gismondi, La legge delle guarentigie e la revisione del Concordato lateranense, Roma 1981; P.A. D'Avack, Patti lateranensi, in Enciclopedia del diritto, 32, Milano 1982, pp. 456 ss.; F. Margiotta Broglio, Riforma della legislazione concordataria sugli enti e sul patrimonio ecclesiastico: i "principi" della Commissione paritetica Italia-S. Sede, in Il foro italiano, 1984, pp. 3 ss.; AA.VV., Nuovi accordi fra Stato e Chiesa: prospettive di attuazione, Milano 1985; F. Margiotta Broglio, Dalla questione romana al superamento dei Patti lateranensi. Profili dei rapporti fra Stato e Chiesa in Italia, in Un accordo di libertà, a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri, Roma 1986; Atti del Convegno nazionale di studio sul nuovo Accordo tra Italia e S. Sede, a cura di R. Coppola, Milano 1987; F. Modugno, Considerazioni preliminari sulle intese tra Stato e Chiesa nel c.d. sistema delle fonti, in Studi in onore di L. Spinelli, 3, Modena 1989, pp. 935 ss.; C. Mirabelli, Patti lateranensi, in Enciclopedia giuridica, 22, Roma 1990; G. Long, Le confessioni religiose ''diverse dalla cattolica''. Ordinamenti interni e rapporti con lo Stato, Bologna 1991; C. Cardia, Stato e confessioni religiose, ivi 19923; F. Margiotta Broglio, Il nuovo concordato nell'Europa che cambia, in Limes, 3 (1993), pp. 93 ss.; S. Ferrari, Pagine introduttive: appunti su una riforma incompiuta, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1993, 1, pp. 3 ss. Complete indicazioni bibliografiche potranno ulteriormente ricercarsi in R. Botta, Stato e confessioni religiose: III) Il sistema concordatario, in Enciclopedia giuridica, 30, Roma 1993; S. Lariccia, Stato e confessioni religiose: IV) Stato e confessioni religiose diverse dalla cattolica, ibid.