SPOGLIE OPIME
. Era così chiamato in Roma il trofeo d'armi conquistato in singolare tenzone uccidendo un generale nemico: spolia prima o opima, se conquistatore era il generale romano in persona; spolia secunda, se un altro ufficiale; spolia tertia, se un soldato semplice. Così dice Varrone, citato da Festo, De verborum significatu, p. 189. Si chiamavano poi spolia provocatoria, se la sfida a duello era partita dal nemico stesso.
Tre conquistatori di spoglie opime si annoveravano nella storia romana. Romolo avrebbe uceiso Acrone, re dei Ceninensi, e avrebbe costruito sul Campidoglio, per dedicarvi le spoglie, il tempio di Giove Feretrio (Livio, I, 10, 4 segg.): quivi si consacrarono le spoglie opime guadagnate successivamente. Poi A. Cornelio Cosso, console nel 428, in tale anno uccise sotto Fidene il re dei Veienti Lars Tolumnio (la tradizione dà altre date; ed è possibile anche il 426). La eorazza di lino di Tolumnio fu vista ancora nel tempio suddetto da Augusto (Livio, IV, 20, 7). Infine M. Claudio Marcello nel 222 a. C. presso Casteggio uccise il duce dei Galli Insubri, Virdumaro. Plutarco nella Vita di Marcello, 8, ci descrive la pompa trionfale: sospese le armi conquistate a un tronco di quercia, Marcello stesso le recò in spalla stando sul cocchio fino al tempio di Giove Feretrio, ove fu consacrata l'armatura del vinto re. Nonostante i dubbî sollevati a proposito di certe notizie su A. Cosso, appare dunque che spoglie opime erano riconosciute solo quelle conquistate personalmente dal ′magistrato sotto i cui auspici si combatteva.
Bibl.: W. A .B. Hertzberg, in Philologus, I (1846), p. 331 segg.; J. Marquardt, Römische Staatsverwaltung, II, 2ª ed., Lipsia 1884, p. 580 seg.; F. Lammert, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III A, col. 1845 seg. Su Romolo vedi l'elogium pompeiano in Corpus Inscr. Lat., X, 809; su A. Cosso vedi J. Beloch, Römische Geschichte, Berlino 1926, p. 299 seg.; G. Q. Giglioli, in Notizie degli scavi, 1930, p. 342 seg.; su Marcello, la menzione dei fasti Capitolini in E. Pais, Fasti triumphales, Roma 1920, p. 116.