SPAETANTIKE
Il termine Spätantike fu introdotto nella letteratura archeologica e storico-artistica quale estensione del termine Spätrömisch, cioè tardo-romano, consueto, alla fine del secolo XIX, nella Scuola di Vienna (v. riegl), e fu dapprima usato con riferimento soprattutto ai fatti dell'arte, poi con valore più generale di periodizzazione storica per indicare il periodo che abbraccia gli ultimi secoli dell'Impero Romano.
Il termine fu assunto per sottolineare l'esigenza storicistica di considerare tale periodo nei valori, modi e gusti ad esso proprî, sganciandone la valutazione dalla sino ad allora corrente terminologia di "periodo della decadenza", "bassa epoca", "arte del Basso Impero", implicante giudizî di demerito. Il termine trovò impiego nella forma originaria tedesca anche in testi redatti in altra lingua; ma fu presto anche tradotto in inglese con late antiquity, più tardi in italiano con "tardoantico", "tarda antichità". Manca tuttora una esatta corrispondenza nel linguaggio critico francese.
Si indica con questo termine l'arte di quell'età nella quale le forme plastiche e le iconografîe, formatesi nel corso dell'antichità classica greco-romana, sono ancora in circolazione, ma più o meno alterate esteriormente e colmate di contenuti diversi. Sull'inizio di questa periodizzazione si è discusso e si discute e la sua applicazione non è uniforme. Il Lehmann pubblicando la sua edizione (1926) della Colonna Traiana, appose un sottotitolo che indicava la Colonna quale "un monumento agli inizî della Spätantike"; ma tale definizione, apparsa solo assai parzialmente giustificata, è da rifiutarsi e risente della allora ancor poco chiarita essenza della Spätantike. Che all'età di Costantino (imperatore dal 306 al 337) convenga pienamente il termine di s. è cosa di universale consenso. Ma vi sono studiosi che usano tale terminologia a partire dall'inizio del III sec. d. C., già per l'arte severiana (Settimio Severo imperatore dal 193 al 211). A chi voglia considerare come per gran parte del corso del III sec. persista sostanzialmente la concezione plastica naturalistica di ascendenza ellenistica, sembrerà più coerente e più esatto far iniziare la S. dal momento nel quale si può constatare una effettiva e permanente rottura con la tradizione formale ellenistica nelle sue qualità più tipiche: la concezione naturalistica dalla quale consegue il rispetto per l'organica connessione delle forme; la norma di proporzioni corrette tra le varie parti anatomiche delle figure e delle figure tra loro; il libero immergersi delle immagini nello spazio. Emergono, al contrario, quali elementi tipici della S.: l'abbandono della concezione naturalistica a profitto di una concezione simbolica e decorativa, che porta alla distruzione della connessione organica fra le varie parti dell'immagine (connessione già attenuata dal prevalere dei valori "ottici", pittorici, su quelli plastici, nella scultura dell'età di Commodo e dei Severi e dalla ricerca dell'espressione, che porta a far violenza alla effettiva anatomia delle figure); l'abbandono della prospettiva naturalistica che viene sostituita da una prospettiva "ribaltata" disponendo le figure in un solo piano frontale anziché in profondità e di scorcio; l'assunzione di proporzioni "gerarchiche" invece che realistiche (le figure, cioè, variano di grandezza a seconda della loro importanza; le parti del corpo che interessa maggiormente porre in evidenza sono rese più grandi rispetto alle altre, ecc.). Questi caratteri non sorgono né si affermano, evidentemente, in modo subitaneo né dovunque nello stesso tempo; perciò è impossibile segnare una data precisa all'inizio della Spätantike. Ma sembra ragionevole riconoscere come essenziale momento di rottura l'età della prima tetrarchia, che segna la riforma della struttura dello Stato romano imperiale ad opera di Diocleziano (284-305 d. C.).
Taluni dei caratteri tipici della S. sono stati riconosciuti (Rodenwaldt, 1944-45) in opere di scultura appartenenti al filone "popolare" o "plebeo" dell'arte romana fin dalla prima metà del II sec. d. C. e si possono perseguire anche più indietro, sino all'arte italica. Da questa osservazione sono state tratte implicazioni per dare a quel profondo mutamento di stile che segna i caratteri della S. una spiegazione storica che ne fa intendere l'effettiva giustificazione e implicazione sociale, economica e ideologica, al di là delle sole mutazioni del gusto (v. romana, arte).
Per quanto riguarda l'estensione di tempo entro la quale può applicarsi questo termine, il farla terminare con la fondazione di Costantinopoli appare assurdo, giacché tale atto politico non implica nessun sostanziale mutamento artistico. Nella "tarda-antichità" va inclusa tutta l'arte pre-bizantina, d'Occidente e d'Oriente, dalla Tetrarchia di Diocleziano all'invasione longobarda del 568 per l'Occidente e alle invasioni slave della seconda metà del VI sec. per l'Oriente, o addirittura alle invasioni arabe del VII secolo, che pongono fine ai riecheggiamenti della tradizione ellenistica.
In analogia al termine di S. è stato formato anche quello di Byzantinische Antike per indicare opere d'arte di età bizantina che ancora mantengono tradizioni formali ellenistiche. Introdotto da L. Mazulevic per lo studio delle argenterie di tipo ellenistico contrassegnate da marcature degli imperatori bizantini (L. Matzulevitsch, Byzantinische Antike, Berlino 1929), tale terminologia è rimasta limitata al soggetto e non si è diffusa nelle altre lingue occidentali.
Bibl.: Si veda la bibl. alle voci Riegl e Wickhoff. Per la definizione dei periodi della S.: H. Lietzmann, Das Problem der S., in Sitzungsber. Preuss. Akad., 1927, p. 342 ss.; G. Rodenwaldt, Zur Begrenzung und Gliederung der Spätantike, in Jahrbuch, 59-60, 1944-45, p. 81 ss. Per le caratteristiche formali: G. v. Kaschnitz Weinberg, Spätrömische Porträts, in Die Antike, 2, 1926, p. 36 ss.; W. Neuss, Formzerfall u. Formaufbau bei d. Uebergang von der antiken zur mittelalterlichen Kunst, in Jahrbuch, 1929, Arch. Anz., p. 184 ss.; Forschungen u. Fortschritte, 5, 1929, n. 12, p. 136 ss.; H. P. L'Orange, Studien z. Geschichte d. spätantiken Porträts, Oslo 1933; id., e A. v. Gerkan, Der spätantike Bildschmuck des Konstantinsbogens, Berlino 1939; G. Rodenwaldt, Römische Reliefs Vorstufen z. Spätantike, in Jahrbuch, 55, 1940, p. 12 ss.; J. Kollwitz, Oströmische Plastik der Theodosianischen Zeit, Berlino 1941; B. Schweitzer, Die spätantiken Grundlagen d. mittelalterlichen Kunst, in Leipziger Universitätsreden, Heft 16, 1949 (ora in Ausgewählte Schriften, II, p. 280 ss., Tubinga 1963); A. Rumpf, Stilphasen d. spätantiken Kunst (Arbeitsgemeinschaft Land. Nordrhein-Westphalen, Heft 44), Colonia 1955; R. Bianchi Bandinelli, Continuità Ellenistica nella pittura di età medio e tardo-romana, in Archeologia e Cultura, Milano-Napoli 1961, pp. 360 ss.; 384 ss., (già in Riv. Ist. Naz. d'Archeol. e St. d. Arte, N. S. 2, 1953, pp. 77 ss.); id., L'Art Romana, due generazioni dopo Wickhoff, ibid., p. 234 ss. (già Klio, 38, 1960, nel testo originale tedesco); M. Cagiano de Azevedo, Tardo Antico, in Enciclop. Univ. d'Arte, vol. XIII, Venezia-Roma 1965.