Nel linguaggio economico, consumo complessivo di una collettività inferiore a quello che sarebbe necessario perché tutti i beni prodotti vengano venduti o addirittura perché la produzione assuma tale sviluppo da consentire la piena occupazione dei fattori produttivi disponibili. Crisi di s. Lo squilibrio derivante dall’eccesso di offerta sulla domanda visto dall’angolo visuale dei compratori. Nei suoi effetti, tuttavia, non si distingue dalla crisi di sovrapproduzione. Le cause che determinano situazioni di s. sono state oggetto di analisi di numerose teorie economiche. Secondo T.R. Malthus lo squilibrio (generale o specifico) fra domanda e offerta di beni e servizi è prevalentemente dovuto a una forte tendenza al risparmio che provoca una saturazione del mercato degli investimenti e quindi il ristagno economico. Secondo S. Sismondi e J.K. Rodbertus le motivazioni del s. sono invece da attribuire alla povertà delle classi popolari che, a causa del basso livello salariale, non hanno la capacità di acquistare i beni da esse prodotti. Le teorie del s. si scontrarono a lungo contro la dominante legge degli sbocchi di J.B. Say, ma in seguito alla rivoluzione apportata nella scienza economica da J.M. Keynes e alla sua negazione della validità generale del principio che l’offerta crea la domanda, il s. (interpretabile come bassa propensione al consumo) è stato visto, in base al moltiplicatore del reddito, come fattore determinante di situazioni di disoccupazione.