SONNO E VEGLIA
. Con i termini di s. (XXXII, p. 145) e v. vengono definiti due stati fisiologici comuni a tutti gli animali, obiettivamente caratterizzati rispettivamente dalla perdita (sonno) e dalla conservazione (veglia) delle capacità dell'organismo a una risposta o reazione integrata e appropriata alle variazioni dell'ambiente. Dal punto di vista soggettivo, evidentemente valutabile solamente nell'uomo, i due stati fisiologici si differenziano rispettivamente per la presenza (veglia) e per la perdita o estremo impoverimento (sonno) della coscienza dell'individuo di quanto avviene attorno a lui o dentro di lui.
Fenomenologia. - I due stati di s. e di v., in condizioni normali, si alternano con una periodicità più o meno regolare secondo un ritmo o ciclo. Questo ritmo varia da specie a specie animale e, per la stessa specie, secondo l'età e, in misura minore, le condizioni ambientali. Nell'uomo, come in molti altri mammiferi, il modo di alternarsi della v. e del s. così come la durata relativa dei due stati subisce profonde variazioni dall'età neonatale all'età senile. Come esemplificato nelle figg. 1 e 2, nel neonato periodi di breve durata di s. si alternano a brevi episodi di v., mentre nell'adulto il ciclo v.-s. è suddiviso in due soli lunghi periodi (fig. 1). La percentuale (quantità) di tempo occupato dal s. è nettamente prevalente nel neonato, diviene all'incirca uguale a quella della v. attorno al primo anno di vita, inferiore alla v. nell'età adulta e ancor più nell'anziano (fig. 2). Già in condizioni normali, per una determinata età, vi sono tuttavia variazioni considerevoli in quello che può essere considerato un normale ciclo v.-s. o, in termini quantitativi, una normale durata rispettiva del tempo quotidianamente occupato dalla v. e dal sonno. Per ogni specie animale, e quindi anche per l'uomo, queste variazioni individuali dipendono in gran parte da fattori biologici propri al singolo individuo, in parte minore dalle condizioni ambientali (per es. durata relativa del giorno e della notte, assai variabile a certe latitudini; oppure variazione della pressione barometrica; ecc.).
Ognuno dei due stati fisiologici, il s. e la v., non dev'essere visto come una situazione biologica rigida o uniforme. Al contrario, numerose sono le variazioni sia qualitative sia quantitative che si verificano nell'ambito di ciascuno stato. La stessa differenziazione tra di essi non è netta, ma sfumata: il passaggio dalla v. al s., in condizioni normali, avviene infatti in modo graduale; esiste cioè un momento in cui non si è né completamente svegli né ancora addormentati. Ciò è evidente non solamente sulla base dell'esperienza subiettiva (progressivo attenuarsi della coscienza), ma anche in base all'osservazione obiettiva delle manifestazioni caratteristiche dei due stati. Le variazioni quantitative o d'intensità o di profondità degli stati di s. e di v. sono dipendenti da variazioni dell'attività cerebrale, che verranno delineate tra breve. Sia pure in modo relativamente grossolano, queste variazioni dell'attività cerebrale sono documentabili nell'elettroencefalogramma, cioè mediante la registrazione dell'attività elettrica cerebrale quale ottenibile con elettrodi applicabili sullo scalpo.
L'utilizzazione dei parametri obiettivi sopraricordati ha permesso di riconoscere nell'ambito del s. 5 stadi o fasi fondamentali. Dallo stadio 1, corrispondente all'addormentamento, il s. si approfondisce progressivamente sino allo stadio 4. Questo approfondimento è riconoscibile per la progressiva variazione dell'elettroencefalogramma (progressiva "sincronizzazione" dell'attività elettrica cerebrale), diminuzione dell'attività e tono muscolare, indebolimento dei riflessi spinali, rallentamento della respirazione, rallentamento del polso, restringimento del diametro pupillare, diminuzione della temperatura corporea e altre variazioni viscerali. Di tanto in tanto, nel corso del s., si verificano profondi mutamenti sia dell'elettroencefalogramma che di altri parametri biologici, dei quali i più caratteristici sono la "desincronizzazione" dell'attività elettrica cerebrale e la comparsa di rapidi movimenti oculari. Questi fenomeni rivelano il manifestarsi del quinto stadio o fase del s., detto REM (Rapid Eye Movements), stadio assai importante perché si accompagna alla più intensa attività onirica (il sogno). Da notare come il succedersi di questi stadi segua una periodicità o ritmo caratteristici (cfr. fig. 3).
Per quanto riguarda lo stato di v., relativamente semplice è il documentare obiettivamente, usando i mezzi di osservazione sopra esposti, la differenza tra una v. tranquilla e una v. più intensa: la prima è caratterizzata dalla presenza del tipico ritmo alfa nell'elettroencefaloglamma e da relativo rilasciamento muscolare; la seconda da un tracciato elettroencefalografico detto "desincronizzato" e da tono muscolare sostenuto. Più difficile è l'ulteriore differenziazione obiettiva di gradi o stadi diversi di v., soprattutto per la non utilizzabilità a questo fine del parametro elettroencefalografico, che rimane relativamente stabile al di là di un certo grado di veglia. Tuttavia, l'attenta osservazione del comportamento, nonché l'esperienza subiettiva, indicano chiaramente che vi sono diverse intensità o livelli di v. o, rifacendoci alla definizione della v. già data, diversi gradi di capacità di reazione integrata e appropriata all'ambiente.
Un tentativo di schematizzazione dei rapporti tra stadi del s. e della v., comportamento e atteggiamento del soggetto, esperienze subiettive e quadro elettroencefalografico è riportato nella fig. 4.
Meccanismi. - Le varie ipotesi sulle modalità o meccanismi biologici responsabili dei fenomeni sopra descritti, formulate nel corso degli anni parallelamente allo sviluppo della biologia e medicina, sono troppo numerose per essere riportate, sia pure riassuntivamente. Parte di esse sono esposte nella voce sonno, vol. XXXII di questa Enciclopedia. Verrà pure omesso, in questa sede, di riferire sui meccanismi della periodicità della v. e del s., cioè sui fattori biologici responsabili di quel tipico e regolare alternarsi dei due stati fisiologici nell'arco delle 24 ore. La periodicità, infatti, non è esclusiva delle manifestazioni v.-sonno. Essa è fenomeno di portata assai più vasta; "ritmi fisiologici" sono individuabili per numerosi fenomeni organici, quali la secrezione delle ghiandole endocrine, la temperatura corporea, l'escrezione renale e altri ancora, e quindi non possono essere presi in considerazione che globalmente, in quanto espressione diversa di un fondamentale meccanismo biologico, spesso definito come "l'orologio biologico". Ci limiteremo quindi a riferire in merito a quelle che oggi vengono considerate le ipotesi più attendibili sui meccanismi cerebrali responsabili della comparsa e del mantenimento degli stati di v. e di s., e del come l'uno possa sostituirsi all'altro. Queste ipotesi nascono da una serie numerosissima di osservazioni della ricerca sperimentale e, per quanto riguarda la loro applicabilità all'uomo, da osservazioni eseguite soprattutto in ambiente clinico neurologico e neurochirurgico. I mezzi di studio fondamentali impiegati nella ricerca sperimentale sono i seguenti: 1°) studio degli effetti sulla v. e sul s. di lesioni eseguite a diversi livelli dell'encefalo; 2°) studio degli effetti di stimolazioni elettriche di diverse strutture encefaliche; 3°) studio delle variazioni dell'attività elettrica di zone cerebrali diverse e di singoli neuroni di dette zone nella v. e nel s.; 4°) studio delle variazioni del biochimismo cerebrale durante la v. e il s.; 5°) studio degli effetti di sostanze chimiche, agenti sul biochimismo cerebrale. Le osservazioni sull'uomo sono sostanzialmente basate sulle variazioni della v. e del s. conseguenti a lesioni encefaliche e a somministrazione di agenti farmacologici interferenti con il biochimismo cerebrale.
Dall'applicazione di questi mezzi di studio sono nate due ipotesi principali: l'una tenta di spiegare i meccanismi della v. e del s. sulla base di variazioni dell'attività di neuroni appartenenti a strutture cerebrali diverse, aventi rispettivamente funzione risvegliante e ipnogena; l'altra attribuisce l'insorgere della v. e del s. al prevalere di attività neurochimiche differenti, sviluppantisi in strutture cerebrali specifiche. Come vedremo, perlomeno entro certi limiti, le due ipotesi non sono incompatibili.
Secondo la prima ipotesi, che chiameremo ipotesi neurofisiologica, lo stato di v. è mantenuto dall'attività di neuroni appartenenti alle strutture cosiddette reticolari della parte rostrale del ponte e del mesencefalo, e alle strutture posteriori dell'ipotalamo (sistema detto "attivante"). La distribuzione topografica dei sistemi neuronali "attivanti" è schematizzata nella fig. 5. Lo stato di v. visto nel suo insieme, cioè come risveglio dal s., mantenimento della v. stessa e sviluppo dei massimi gradi di v., è attribuito all'entrata in funzione dei neuroni delle strutture suddette e alla progressiva intensificazione della loro attività (vedi fig. 4).
Sempre secondo la prima ipotesi, nel meccanismo responsabile dello stato di s. si riconoscono due componenti. Innanzitutto, perché il s. insorga, è necessario vi sia una diminuzione delle attività neuronali "attivanti" responsabili della v.; l'inizio del s., pertanto, avrebbe un'origine di tipo passivo, definibile cioè come un'assenza di veglia. L'altra componente, viceversa, è di tipo attivo, cioè dovuta all'entrata in azione di neuroni a funzione "deattivante" o ipnogena. Questi neuroni sono suddivisi in due raggruppamenti principali (fig. 6), uno situato a livello della parte caudale del ponte ed estendentesi verso il basso nel midollo allungato, l'altro situato nell'ipotalamo anteriore, con estensione nelle regioni basali del lobo frontale. Di particolare interesse il fatto che i neuroni ipnogeni da cui dipende lo stadio di s. detto REM sono distinti dagli altri neuroni, pure ipnogeni, responsabili degli altri stadi del s.: i primi, in fatti, si situano esclusivamente a livello del ponte.
Tra i neuroni "attivanti" e quelli "deattivanti" esistono rapporti di reciproca influenza a carattere inibitorio, nel senso che l'aumento di attività in uno dei due sistemi neuronali influenza negativamente l'attività dell'altro sistema; viceversa, la diminuzione di attività in un sistema consente l'aumento dell'attività dell'altro. Nell'ambito dei sistemi neuronali "deattivanti" o ipnogeni, d'altra parte, vi è una chiara interrelazione funzionale tra i sistemi responsabili delle fasi di s. 1, 2, 3 e 4, a elettroencefalogramma di tipo "sincronizzato", e quelli responsabili della fase di sonno REM, a elettroencefalogramma di tipo "desincronizzato". I secondi, infatti, in condizioni normali entrano in attività solamente dopo l'entrata in funzione dei primi (vedi fig. 4). Entrambi i sistemi "attivante" e "deattivante", inoltre, sono sottoposti all'influenza di impulsi provenienti dagli organi sensoriali periferici e da strutture cerebrali diverse, situate a tutti i livelli dell'encefalo. È noto, infatti, come per es. certe stimolazioni periferiche che si ripetono con monotonicità favoriscano l'insorgenza del s.; e come, viceversa, bruschi stimoli periferici possano produrre il risveglio del dormiente. È noto altresì che un'intensa attività intellettuale, come per es. la soluzione di una complessa operazione aritmetica, che implica un complesso lavoro della corteccia cerebrale, sia valido fattore di mantenimento della veglia. L'influenza di questi e altri stimoli periferici o centrali sui sistemi "attivanti" e "deattivanti" è largamente dimostrata scientificamente dalla neurofisiologia.
Secondo la seconda ipotesi, che chiameremo ipotesi neurochimica, la v. e il s. sono dovuti all'attività di neuroni cerebrali aventi una caratterizzazione metabolico-chimica particolare, alla quale è legata la loro specificità funzionale. Lo stato di v. sarebbe mantenuto dall'attività di neuroni catecolaminergici, e più precisamente di neuroni noradrenergici e dopaminergici. La ricerca sperimentale ha mostrato che essi si trovano localizzati a livello del tronco encefalico, in corrispondenza del mesencefalo (fig. 5). Responsabile dello stato di s. sarebbero due sistemi neurochimici principali. Il primo, da cui dipendono le fasi 1, 2, 3 e 4 del s., è costituito da neuroni serotoninergici, tutti contenuti nel tronco dell'encefalo, e precisamente nella formazione detta del rafe situata nella parte caudale del mesencefalo, nel ponte e nel midollo allungato. Il secondo, responsabile della fase di sonno REM, è costituito da neuroni, che analogamente a quelli appartenenti ai sistemi "attivanti", hanno funzione noradrenergica. Essi sono concentrati a livello del ponte, soprattutto in corrispondenza del locus coeruleus (fig. 6). A lato di questi sistemi neurochimici ipnogeni, e integrantisi con essi, è possibile ve ne siano altri, per es. di tipo colinergico, tuttavia non così ben definiti come i primi.
Confrontando la distribuzione topografica dei sistemi neuronali "attivanti" e di quelli "deattivanti" definiti con criteri neurofisiologici classici (prima ipotesi) e con criteri neurochimici (seconda ipotesi), appare evidente (vedi le figg. 5 e 6) come vi sia una sostanziale concordanza nell'indicazione dell'importanza di strutture mesencefaliche, pontine e bulbari. La differenza più rilevante è data dall'asserita importanza dei neuroni ipotalamici nei meccanismi "attivanti" e "deattivanti" secondo l'ipotesi neurofisiologica, e dalla negazione di tale importanza secondo l'ipotesi neurochimica. È opinione dello scrivente che il ruolo delle strutture ipotalamiche nei meccanismi della v. e del s. sia assai rilevante e che esso non possa venire messo in dubbio dalla mancata dimostrazione di una sua partecipazione ai meccanismi neurochimici "attivanti" e "deattivanti" sino a oggi accertati.
Funzione del sonno. - La conoscenza delle manifestazioni obiettive e subiettive della v. e del s. e la conoscenza dei meccanismi cerebrali che ne sono responsabili non porta di necessità a comprendere quella che è la funzione biologica dei due stati. Per quanto riguarda lo stato di v., in realtà il problema non si pone. Quale sia la funzione biologica di questo stato è ovvio, in quanto la maggior parte delle attività biologiche fondamentali - nutrizione, attività sessuale, difesa e offesa, ecc. - si esplicano solamente o in modo più efficace se l'individuo è sveglio. Assai complesso, invece, è il comprendere il significato o funzione biologica del s., il comprendere cioè quale sia il vantaggio e a cosa serva per l'economia dell'organismo lo spendere un terzo circa della propria esistenza nello stato di sonno. Che il s. sia indispensabile, è ampiamente documentato dai gravi disturbi psichici e organici che insorgono quando si forzi un individuo a non dormire, e soprattutto quando lo si privi della fase di sonno REM, accompagnata dalla più intensa attività onirica. Il problema è quello dell'identificazione del fenomeno biologico che si sopprime abolendo il sonno.
Comunemente, si tende a identificare il s. come un "riposo". In realtà ciò è un'errata semplicizzazione. Comunque, non è certo il riposo del corpo quello che rende il s. indispensabile: è infatti noto che il coricarsi in letto, a occhi chiusi, rilasciando la muscolatura, ma rimanendo svegli, non comporta affatto quel senso ristoratore conseguente al vero sonno. D'altra parte, non è neppure riposo del cervello. È oggi ampiamente documentato dalla neurofisiologia e dalla neurochimica che durante il s. il cervello non riposa. Il cervello continua un intenso lavoro che, dal punto di vista quantitativo, non è affatto inferiore a quello della veglia. Si tratta tuttavia probabilmente di un modo diverso di lavorare. Forse nell'identificazione precisa di questa diversità qualitativa, e non quantitativa, dell'attività cerebrale nella v. e nel s. sta la soluzione del problema. Un'ipotesi apparentemente convincente è che, nel s. i il cervello lavori per preparare sé stesso al lavoro diverso che deve sostenere nella veglia. Questa preparazione può essere vista in termini di variazioni chimico-metaboliche. Oppure, essa può essere vista in chiave neuropsicologica: per es., lavoro di codificazione, sistemazione, memorizzazione, eventuale rielaborazione del materiale registrato durante la veglia. Altra ipotesi (Moruzzi) è che il s. altro non sia che la fase consumatoria di un comportamento istintivo, la cui fase appetitiva (secondo la terminologia etologica) s'identifica negli atti preparatori al sonno.
Alterazioni della veglia e del sonno. - Queste alterazioni possono schematicamente suddividersi in due grossi gruppi: alterazioni quantitative e alterazioni qualitative. Entrambe, nei loro aspetti più attenuati, sono assai comuni. Esse possono essere conseguenza o di lesioni organiche cerebrali che ledono i sistemi neuronali responsabili della v. o del s., o di alterazioni funzionali di natura diversa, per es. psichica oppure metabolico-chimica.
Tra le forme patologiche organiche più note è quella rappresentata dalla encefalite letargica, caratterizzata da un eccesso di sonno. Altre patologie organiche cerebrali, come tumori o lesioni di origine circolatoria, possono alterare profondamente il normale ciclo v. sonno. Più spesso esse portano a riduzione della v. e quindi aumento del s. (o ipersonnia), di entità variabile. Più raramente, producono una riduzione di s. (insonnia o iposonnia). Ciò è in rapporto alla distribuzione topografica delle lesioni cerebrali e all'interessamento prevalente dei sistemi neuronali rispettivamente "attivanti" o "deattivanti".
Molto più frequenti sono i disturbi del ciclo v.-s. su base funzionale, soprattutto l'insonnia che si accompagna a stati emotivi assai comuni, quali per es. l'ansia; oppure all'assunzione non corretta di sostanze o alimentari o farmacologiche. In realtà, nella grande maggioranza dei casi non si tratta di una vera insonnia o comunque di una riduzione della quantità del s., ma di un disordine dell'andamento del s. stesso, per la presenza di frequenti brevissimi episodi di risveglio e per un irregolare succedersi delle diverse fasi del sonno. La considerevole frequenza con cui disturbi del s. di questo tipo si verificano ha portato alla creazione di "laboratori del sonno". Quivi il s. del paziente può venire studiato in dettaglio, soprattutto attraverso la registrazione continua dell'attività elettroencefalografica e muscolare. Ciò consente di riconoscere le caratteristiche del disturbo del s. e spesso d'intervenire di conseguenza, con mezzi appropriati, prevenendo quindi l'uso indiscriminato e purtroppo assai diffuso di farmaci ipnotici (i sonniferi) che, a loro volta, specie se associati all'uso di farmaci eccitanti, possono contribuire ad alterare ulteriormente il ciclo v.-sonno.
Vi sono inoltre quadri particolari di disturbi della v. e del s. che si presentano in forma episodica. Esempi sono il sonnambulismo e la narcolessia, quest'ultima consistente in improvvisi e invincibili accessi o crisi di breve durata di s. e riconoscente un'origine del tutto particolare, per molti aspetti parente dell'epilessia.
Bibl.: N. Kleitman, Sleep and wakefulness, Chicago 1963; W. P. Koella, Sleep. Its nature and physiological organization, Springfield Ill., 1967; G. F. Rossi, Electrophysiology of sleep, in The abnormalities of sleep in man, Bologna 1968, pp. 13-23; G. Moruzzi, The sleep-waking cycle, in Ergebnisse der physiologie, vol. 64, Berlino 1972, pp. 1-165; M. Jouvet, The role of monoamines and acetylcholine-containing neurons in the regulation of sleep-waking cycle, ibid., pp. 166-307.