Sistema politico
Problemi di definizione
Il s. p. può essere definito come "un insieme di interazioni, astratte dalla totalità del comportamento sociale, attraverso il quale i valori vengono assegnati in modo autoritativo a favore di una società" ovvero dei suoi componenti (Easton 1965a, p. 79). Centrale in questa definizione è il concetto di sistema, così specificato da uno dei grandi teorici dell'approccio sistemico, A. Rapoport: il sistema "è (1) qualcosa consistente di un insieme (finito o infinito) di entità, (2) fra le quali un insieme di relazioni è specificato in modo tale che (3) sia possibile dedurre alcune relazioni, il comportamento e la storia del sistema da altre relazioni" (1968, p. 453).
Della definizione di Rapoport, Easton coglie e sottolinea l'aspetto delle interazioni, ovvero delle parti definite anche dal tutto, dall'insieme di esse. Le interazioni 'politiche', però, hanno una peculiarità: alla fine fanno capo a processi decisionali in cui vantaggi e risorse - i valori - vengono distribuiti a gruppi o individui in una data società, peraltro presente in un certo territorio. Tali processi decisionali hanno al loro centro l'esercizio concreto di potere, comando e autorità, come sostiene R.A. Dahl (1963, p. 16); sottintendono sempre "l'uso o la minaccia dell'uso della forza fisica legittima", come affermano G.A. Almond e B. Powell (1978; trad. it. 1988, p. 26), riprendendo M. Weber; conducono a una certa distribuzione di benefici, ma anche di costi, come evidenziano H.D. Lasswell e A. Kaplan (1950). Inoltre, sia il sostantivo sia l'aggettivo fanno implicito riferimento ad altri due aspetti importanti, i confini e l'ambiente. I confini sono quelli territoriali, evidenti ed espliciti, ovvero quelli più impercettibili e fluttuanti tra s. p., sistema economico e sistema sociale. L'esistenza dei confini è essenziale perché si parli di sistema, ovvero di interazioni caratterizzate in un certo modo, se il sistema è quello politico, o in altri modi se è quello economico o sociale. L'ambiente è tutto quanto sta fuori dei confini, a cominciare dall'ambiente internazionale che ha un'influenza potente all'interno del sistema stesso.
Intorno agli anni Sessanta e ancora nei primi anni Settanta la nozione di s. p. è stata al centro degli interessi e dei lavori di numerosi studiosi di scienza politica. In molte analisi di quegli anni tale nozione si aggiunge ad altri concetti contigui, specie a quelli di nazione, Stato, governo e, in parte, li sostituisce. Una nazione comprende un gruppo di cittadini legati da una stessa identità storica, culturale, linguistica ed etnica e, a livello empirico, può coincidere con un certo s. p., ma può esserne anche solo una parte, e in questo caso un s. p. coesiste con una società multinazionale. Si può ipotizzare anche il contrario, e cioè che due diversi s. p. facciano capo a una stessa nazione o meglio, per avvicinarsi a situazioni reali, che un certo s. p. coincida con una nazione, cui appartiene un territorio che è parte di un altro sistema politico. E questo molto spesso implica conflitti e difficoltà profonde nei rapporti tra sistemi politici. Se nazione e s. p. possono coincidere oppure no, la nozione di Stato è più ristretta di quella di sistema politico. Essa riguarda, più specificamente, le istituzioni esistenti, le norme, le autorità quali burocrazia, magistratura, polizia e apparati militari. Il s. p. è non solo lo Stato, ma anche la comunità politica, cioè tutta la società nel momento o nei momenti - intermittenti o continui - in cui agiscono politicamente (v. oltre: Componenti e processi basilari). Così, per es., del s. p. - ma non dello Stato - fanno parte anche i partiti, i sindacati, tutte le associazioni di interesse e tutti gli aspetti informali così importanti nello stesso funzionamento dello Stato. Il governo è una nozione ancora più delimitata rispetto a s. p. e Stato, e oltretutto ha negli anni e in scienza politica assunto due diversi significati: da una parte, identifica una precisa istituzione che sta dentro il s. p. e dentro lo Stato, è composta da un primo ministro e da altri ministri e svolge le funzioni generali di iniziativa politica decisionale, in modo più o meno forte e centrale, a seconda dei s. p. e degli Stati; ma, da un'altra, si identifica sempre più con la funzione stessa di direzione politica, anche solo settoriale. Dunque, governo è governare in generale ovvero governare l'economia, la moneta, le relazioni industriali, e così di seguito.
Le origini intellettuali
Sistema politico è la nozione centrale di un intero modo di vedere e studiare la politica, che viene chiamato approccio sistemico. Le origini intellettuali di tale approccio sono lontane, poiché la necessità di una teoria generale della politica è stata sempre sentita dagli studiosi del settore. Negli anni Cinquanta e Sessanta poi, quando si è riaffermato e diffuso in tutto il mondo occidentale lo studio empirico della politica, Dahl (1961, p. 72) ha espresso una posizione largamente condivisa, notando che "se lo studio della politica non nasce e non è orientato da teorie generali vaste, coraggiose, anche se altamente vulnerabili, esso sarà destinato al disastro definitivo di cadere nella banalità". Se il concetto stesso di sistema era già presente nel pensiero politico classico, esso fu introdotto nella sua formulazione attuale, sopra citata, attingendo alla General system theory quale era stata messa a punto proprio nei primi anni Cinquanta (Bertalanffy 1950; Ashby 1952). Easton (1953) a livello interno e Kaplan (1957) a livello internazionale sono stati i primi e migliori 'importatori' dell'approccio sistemico in scienza politica, come T. Parsons (1951) lo è stato in sociologia. Ancora Easton (1965) e Almond (Almond, Powell 1966) sono gli autori che lo hanno poi sviluppato più compiutamente in scienza politica nel corso degli anni Sessanta.
Nello stesso decennio l'approccio sistemico e per esso la nozione di s. p. furono posti alla base dello studio empirico della politica da Almond, influente presidente della American Political Science Association, con l'affermazione che il vantaggio della nozione di sistema sta nella sua capacità analitica di distinguere l'oggetto di studio dal suo ambiente e di focalizzare l'attenzione sulle interazioni con altri sistemi e con l'ambiente stesso (Almond 1966, p. 876). In più, per certi autori - per es. G. Sartori (1972) - la nozione di s. p. consente di identificare il 'cosa è' della politica. Il ragionamento di Sartori parte dal richiamo dell'utile come criterio basilare dei comportamenti economici, e del bene come quello dei comportamenti etici, e prosegue rilevando come non esista un unico criterio ordinatore del comportamento politico. La conclusione di Sartori è che non bisogna cercare un particolare tipo di comportamento né un particolare criterio ispiratore, ma che occorre rinviare a una 'sede'. In tal senso i comportamenti politici si qualificano in funzione della sede 'sistema politico'. Dunque, secondo questi autori, il s. p. è - e, soprattutto, vuole essere - qualcosa di più di un semplice concetto più o meno isolato in quanto sta alla base di un modo di studiare la politica (Almond) e di un modo di identificarla (Sartori).
Componenti e processi basilari
Sulla base di quanto ricordato sarebbe errato pensare che la nozione di sistema, pur articolata e diversamente specificata, sia la parte più rilevante del discorso teorico fatto dagli autori che di esso si occupano. S. p. è solo il punto di partenza di una proposta teorica assai più ampia, di cui componenti e processi più definiti sono gli aspetti essenziali. Partendo da Easton (1965a) si deve precisare che le componenti essenziali del s. p. sono tre: comunità politica, regime e autorità. La comunità politica è un gruppo di persone tenuto insieme da una certa divisione del lavoro politico. Alcuni membri della comunità svolgono ruoli più limitati e intermittenti che si estrinsecano nel voto, nelle diverse forme di partecipazione politica o anche di protesta, mentre altri hanno ruoli politici più o meno continui e permanenti nei movimenti, associazioni, partiti, sindacati o in qualsiasi altra organizzazione politicamente rilevante, perfino in organizzazioni burocratiche o militari in certi paesi e periodi. Il regime è l'insieme di valori, norme e strutture di autorità che una comunità politica si dà o che a essa viene imposto. I valori, come principi e obiettivi, "concernono ciò che può essere dato per ammesso nella politica giorno-per-giorno senza violare sentimenti profondi di importanti segmenti della comunità" (Easton 1965a, p. 193). Le norme specificano le procedure e le regole anche informali che definiscono la trasformazione e l'esecuzione delle domande. Le strutture di autorità indicano i modelli formali e informali in cui il potere è distribuito e organizzato nell'assunzione e nell'esecuzione autoritativa delle decisioni. Infine, le autorità, che costituiscono la terza componente del s. p., sono le persone che concretamente si occupano della gestione giornaliera del sistema e che sono riconosciute come i responsabili di quella gestione. Inoltre, le loro azioni sono vincolanti per la maggioranza della comunità politica (Easton 1965a, pp. 171-219).
Al s. p. giungono due tipi di immissioni o input: domande e sostegno. Le domande sono l'espressione di bisogni, aspettative, preferenze ideologiche e non, interessi concreti, reazioni della pubblica opinione. All'interno del s. p. le domande vengono convertite passando attraverso certi meccanismi di regolazione e riduzione. I gatekeepers o 'controllori dell'accesso' sono individui o gruppi - per es., partiti o associazioni di interesse - che determinano, innanzi tutto, i contenuti grezzi del processo politico-decisionale e il destino stesso delle domande. Anche le norme culturali e alcune altre norme non scritte finiscono parimenti per regolare volume e contenuti dei bisogni diventati domande. Vi sono poi domande che non provengono dall'ambiente, come avviene di solito, ma che nascono e si manifestano all'interno del s. p. stesso (withinputs), mostrandone certi aspetti di autonomia (Easton 1965a; Almond, Powell 1966).
Il sostegno dei membri politicamente rilevanti del sistema è indispensabile per trasformare le domande in decisioni e per fare eseguire le decisioni già assunte. Il sostegno esiste ed è necessario anche in ambiti non democratici o addirittura totalitari, e in questo caso è ovviamente coniugato con un uso diverso, più intenso ed esteso, della coercizione fisica e con istituzioni ben differenti da quelle democratiche. Gli obiettivi del sostegno sono le tre componenti del sistema sopra indicate: comunità, regime e autorità. Verso questi obiettivi si esprime un sostegno diffuso oppure specifico: il sostegno diffuso si sostanzia nella fiducia verso regime e autorità ritenuti legittimi, cioè accettati e degni di appoggio, nella fiducia in un interesse comune e in un senso di identificazione dei cittadini nella comunità politica. Il sostegno specifico è un appoggio dato in conseguenza di decisioni precise prese dalle autorità.
Emissioni o output e processi di feedback sono gli altri due aspetti essenziali della teoria sistemica. Gli output sono tutte le decisioni di diverso tipo prese dalle autorità e agiscono come 'regolatori del sostegno', ovvero come transazioni tra sistema e ambiente. Tale regolazione avviene sulla base di un processo di feedback ovvero di retroazione, che, partendo dalla risposta alle decisioni e ai loro risultati o outcomes, influenza il sostegno e le domande. Il circuito di feedback è caratterizzato da: stimoli prodotti dalle decisioni prese dai governanti e risultati di tali decisioni percepiti da parte dei componenti la comunità politica; risposte-reazioni di quei membri della comunità toccati dalle decisioni; comunicazione ai governanti delle informazioni relative a quelle risposte attraverso una riformulazione delle domande e modifiche del sostegno; nuove e diverse decisioni prese dai governanti come ulteriore risposta alle reazioni dei membri della comunità politica (Easton 1965a, pp. 343-470).
L'approccio sistemico non si esaurisce con i concetti sopra rapidamente delineati, e neanche con la teoria di Easton. I concetti e i processi sono anche altri e riguardano, per es., il sovraccarico delle domande o le tensioni per il sistema e i mutamenti nei livelli di sostegno che possono scaturire da quel sovraccarico. Tuttavia, resta che i concetti di sistema, confine, ambiente e poi regime, valori, norme, strutture d'autorità, autorità e i processi di domanda e sostegno, output, outcomes e feedback, sono gli aspetti essenziali della teoria sistemica che vanno intesi e tenuti presenti per capire la teoria stessa. Inoltre, Easton non è l'unico autore che si sia occupato di elaborare una teoria sistemica, ma è quello che l'ha fatto con maggiore rigore, precisione e originalità, adattando i diversi spunti che provenivano dalla General systems analysis. Altri autori, come Almond (1966), si sono rifatti a Easton oppure hanno seguito vie meno rigorose e articolate (per es., Mitchell 1962). In questo senso, e con la prospettiva data dagli anni trascorsi, Easton resta il principale studioso a cui riferirsi per una compiuta teoria sistemica della politica.
La valutazione critica
A partire da quanto fin qui evidenziato, un esame critico deve riferirsi sia alla nozione di s. p. in sé presa, sia alla teoria sistemica con il suo corredo di altri concetti e relazioni tra essi. Si può sottolineare che quella di sistema è una nozione non strettamente empirica, nel senso che non esiste un oggetto, come il Parlamento, il governo o un certo partito, che direttamente e immediatamente possa essere empiricamente rilevato. Si tratta di una nozione teorica complessa e ad alto livello di astrazione. Tutte le sue varianti, quelle sopra indicate e diverse altre, salvano almeno due aspetti: la politica come insieme distinguibile da altri fenomeni e la centralità analitica delle interazioni tra sistema e ambiente e tra entità interne al sistema politico. Comunque si voglia giudicare il concetto di s. p., tali aspetti restano importanti anche nelle loro versioni più estremistiche, per es. quelle che insistono nel vedere le parti definite solo dalle loro interazioni piuttosto che anche da un autonomo ubi consistam.
Ricorrente negli anni è stata, poi, la querelle tra l'opportunità e l'utilità di usare la nozione di s. p. rispetto a quella di Stato. Alle accuse di impiegare il s. p. come sinonimo di Stato (Spiro 1967, pp. 232-33) ha fatto seguito la rivendicazione di una maggiore utilità proprio del termine Stato, per la concretezza dei riferimenti empirici e per la fondatezza di varie critiche fatte ad alcuni aspetti teorici che qualificano il s. p., quali per esempio i confini e la capacità politica. Successivamente (1981) Easton è tornato a difendere la nuova nozione, ribadendo che quello di s. p. è un concetto più ampio rispetto a quello tradizionale di Stato. Inoltre, ricorda Easton, l'idea di importare e adattare il concetto di sistema nasce proprio dall'esigenza fortemente sentita di superare il formalismo giuridico di molta parte della scienza politica degli anni Cinquanta, proponendo un nuovo modo sostanziale di studiare le istituzioni: da questo punto di vista, tornare a una nozione ampia di Stato e dimenticare quella di sistema avrebbe significato fare un passo indietro.
Riguardo alla teoria sistemica, l'intera formulazione di Easton è una costruzione concettuale articolata e rigorosa, adatta a essere un 'contesto' di riferimento per teorie e ricerche empiriche più definite e precise. Essa, però, è anche uno schema analiticamente astratto che ha scarse possibilità di essere più direttamente usato nella ricerca empirica. Elaborazioni teoriche meno 'pure', che cioè cercano di conciliare il sistema con altri concetti di origine funzionalista o struttural-funzionalista si sono rivelate più adatte alla ricerca empirica, sia pur sempre a livello di macropolitica. L'esempio più importante rimane ancora quello di Almond (1966), che con il suo funzionalismo sistemico è forse uno degli autori più influenti nella scienza politica degli anni Sessanta e dell'inizio del decennio successivo.
Un'altra osservazione critica all'approccio sistemico e, dunque, anche a Easton e Almond, è stata quella di avere eccessivamente privilegiato nelle loro analisi il versante dell'input, cioè di quanto proviene dall'ambiente e dal sistema sociale in particolare. In questo senso l'accusa è anche quella di avere trascurato di approfondire il funzionamento stesso del s. p. al suo interno e soprattutto i risultati dei processi politici. Almond ha risposto a questa accusa in una seconda edizione (1978) del suo volume, redatto in collaborazione con Powell, in cui si sviluppa notevolmente tutta l'analisi riguardante le politiche pubbliche. Easton, invece, è rimasto sostanzialmente fermo al suo studio del 1965, oggetto delle critiche appena richiamate.
In riferimento sia al concetto di s. p. sia all'intero approccio sistemico è stato poi osservato che le nozioni elaborate sono forse utili per analizzare situazioni di continuità e persistenza, ma non le situazioni di mutamento più o meno profondo che hanno spesso caratterizzato la politica nel passato e nel presente. In questo senso, l'obiettivo centrale della stessa teoria eastoniana di spiegare 'la persistenza attraverso il mutamento' non sarebbe stato centrato. In effetti, la critica sembra eccessiva e alla fine mal posta. Easton individua processi e aspetti ricorrenti in ogni s. p. durante le fasi di persistenza o di crisi parziale; nella sua prospettiva, il sostegno è un processo che comporta problemi in tutti i s. p., ma che può cambiare nei suoi contenuti e nelle sue modalità, essendo questo cambiamento perfettamente ricompreso nella teoria sistemica. Tuttavia, è impossibile analizzare con l'approccio sistemico rivoluzioni e cambiamenti politici profondi che passano attraverso fasi di enorme incertezza e transizione, se non di anarchia; in questa chiave, il punto essenziale è che l'approccio sistemico non è adatto - come pretendevano certi suoi cultori - a studiare tutte le realtà politiche e le trasformazioni in tutti i tempi. Non riesce, cioè, a raggiungere i suoi obiettivi più ambiziosi. Può essere, però, adatto a indagare realtà moderne e situazioni di continuità o di cambiamento non rivoluzionario o profondo; e in questo senso può rispondere a obiettivi di ricerca più limitati.
Tra i critici più autorevoli dell'approccio sistemico, due meritano particolare attenzione per il modo in cui sviluppano le osservazioni sopra indicate o per la loro radicalità: R. Dahrendorf e S. Finer. Il primo (1967, p. 325), richiamandosi all'analisi eastoniana della Germania di Weimar, afferma che "l'analisi del mutamento non penetra mai la sua sostanza". In questa osservazione sono probabilmente sintetizzate tre critiche: non solo la scarsa possibilità dell'approccio di studiare i fenomeni di mutamento, ma anche l'intraducibilità empirica di diverse nozioni sistemiche, quali capacità o confini, insieme al permanere a un livello di generalità che non consente specificazioni e approfondimenti del caso concreto. Ancora più radicale e vivace è la critica di Finer al concetto di s. p. e anche all'intero approccio. In un'analisi puntuale della teoria sistemica, che prende di mira soprattutto l'interpretazione che ne dà Almond, Finer (1969) ripercorre i principali aspetti dell'approccio e cerca di dimostrare che, da una parte, lo stesso Almond avrebbe potuto proporre le medesime analisi e conclusioni con più chiarezza senza fare ricorso all'approccio sistemico e al suo superfluo, ingombrante armamentario concettuale; dall'altra, torna sulle forti difficoltà di traduzione empirica della teoria sistemica.
Ci si può chiedere cosa sia stato alla fine l'approccio sistemico e cosa ne resti nell'analisi politica. Se la funzione di una teoria generale è quella di orientare la ricerca empirica sfruttando le conoscenze nel frattempo maturate, essa è stata in qualche modo svolta dall'approccio sistemico, sia pure in certi anni - il decennio Sessanta, soprattutto - e piuttosto nelle versioni ibride alla Almond che in quelle più pure alla Easton. Inoltre, negli anni in cui l'approccio sistemico era oggetto di maggiore attenzione e aspettative e in cui i suoi cultori lo proponevano con l'obiettivo ambizioso di offrire una teoria generale, era frequente il riferimento iniziale al concetto di s. p. e a certe sue nozioni più specifiche, anche se la ricerca empirica seguiva poi i suoi percorsi più naturali che prescindevano dalla premessa teorica. Il riferimento al sistema e all'approccio sistemico era del resto un omaggio solo formale a una moda esistente.
Va anche aggiunto che in quegli stessi anni il s. p. non solo forniva un punto di partenza alla ricerca, ma le suggeriva anche le domande di base, ovvero la induceva a focalizzarsi su aspetti che probabilmente avrebbero avuto altrimenti attenzione assai minore. L'esempio più rilevante riguarda la nozione di sostegno e tutte le numerose ricerche empiriche di cui è stata oggetto (Morlino 1980). Un secondo esempio è dato dagli studi sul sistema partitico e da tutti i problemi analitici ed empirici in essi analizzati: in questo filone di ricerche rimane esemplare l'ispirazione sistemica della ricerca comparata di Sartori (1976). Terzo e rilevante esempio sono le ricerche sul rendimento politico (Eckstein 1971) o anche più specificamente legislativo. Infine, quarto esempio, l'uso della nozione di sovraccarico (Rose 1975), posta al centro dell'analisi delle crisi democratiche degli anni Settanta, è anch'esso derivato dalla teoria sistemica.
In anni successivi la consapevolezza dell'utilità di una nozione teorica generale è rimasta sullo sfondo della ricerca empirica. È rimasto, quindi, anche lo spazio per un concetto come quello di sistema: ma da esso si è estratta soprattutto l'attenzione alle interazioni, alle interdipendenze tra le diverse entità e attori dei processi democratici e non, mentre l'attenzione della ricerca empirica si è spostata dal livello generale a livelli intermedi di astrazione in cui proprio quelle interdipendenze possano essere meglio e più efficacemente analizzate. Anche gli studi empirici più importanti ispirati dall'approccio sistemico, come quelli sopra portati a esempio, si collocano al livello intermedio di astrazione. In questo senso, forse proprio a partire dalle delusioni che le forti ambizioni dell'approccio sistemico e di altri approcci generali inevitabilmente hanno provocato, la parte più importante della ricerca empirica sui fenomeni politici si è spostata e si è concentrata su teorie di medio raggio. Dunque, il s. p. e l'approccio sistemico sono stati dimenticati dall'analisi politica, ma la grande attenzione alle interazioni e a concetti come sostegno e rendimento rimangono a dimostrarne la duratura influenza intellettuale nella ricerca politica (Morlino 1989).
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