Peel, sir Robert
Politico inglese (Chamber Hall, Bury, Lancashire, 1788 - Londra 1850). Eletto deputato per il partito tory a soli 21 anni, fu sottosegretario alle Colonie nel gabinetto Perceval (1810), segretario per l'Irlanda con lord Liverpool (1812-17), quindi (1819) presidente della commissione valutaria che preparò il ritorno al sistema del gold standard. Segretario di stato agli Interni ancora con lord Liverpool dal 1822, si adoperò soprattutto per riformare la legislazione criminale e il trattamento carcerario. Contrario all'emancipazione politica dei cattolici, P. si dimise all'avvento al potere di G. Canning (1827), tornando presto agli Interni nel gabinetto guidato dal duca di Wellington (1828). Nel frattempo, convinto anche dai successi colti in Irlanda dal movimento che faceva capo a D. O'Connell, P. cambiò posizione sulla questione cattolica e presentò una legge di emancipazione dei cattolici che fu approvata nel 1829. Dopo la riforma parlamentare del 1832, P. diede inizio a un processo di profondo rinnovamento del partito tory, in vista della costituzione di una nuova formazione conservatrice. Primo ministro nel 1834, privo di maggioranza parlamentare fu battuto pochi mesi dopo (1835); nuovamente a capo dell'esecutivo (1841-46), P. attuò numerose riforme di segno liberale: accolte le tesi del libero scambio, avviò la progressiva abolizione del sistema protezionistico, perseguì la riduzione dell'ingente debito pubblico ripristinando l'imposta sui redditi (1842) e riformò il sistema bancario (1844) facendo votare il Bank charter act (noto anche come Peel act). Il timore di una possibile carestia in Irlanda, in seguito al cattivo raccolto di patate nel 1845, convinse P. a sostenere l'abrogazione del dazio sui cereali. La decisione, presa col sostegno del partito whig, causò una scissione nel partito conservatore e, nel giugno 1846, la caduta del suo gabinetto. Gli ultimi anni furono spesi nella ricostruzione d'un nucleo liberale e nella definizione di quella nuova linea politica di cui Gladstone sarà, su tutt'altro piano, il continuatore.
Legge del 19 luglio 1844 con cui fu rigidamente regolata l’attività della Banca d’Inghilterra e si posero nello stesso tempo le premesse per il graduale formarsi del suo monopolio dell’emissione. Pur consentendo alle altre banche che già emettevano biglietti di continuare a emetterli, la legge stabilì infatti che l’ammontare raggiunto dalla circolazione di ognuna di esse nel 1844 non potesse venire superato e che qualora una banca cessasse di emettere biglietti perdesse il suo privilegio a favore della Banca d’Inghilterra. Quest’ultima fu divisa in due dipartimenti, uno bancario, svolgente normali attività di deposito e sconto, e uno di emissione, autorizzato a emettere biglietti soltanto in cambio di un quantitativo equivalente d’oro, oltre un quantitativo fisso di biglietti garantiti da rendite di stato, assegnato al dipartimento bancario. Il sistema aveva il vantaggio di escludere in modo assoluto che i dirigenti della Banca d’Inghilterra potessero eccedere nell’emissione, ma non consentiva alcuna elasticità di manovra in caso di crisi. Più volte infatti il governo inglese è stato costretto successivamente ad autorizzare la Banca a superare temporaneamente i limiti fissati dalla legge di P. (1847, 1857 e 1866) e altre volte la Banca si è fatta prestare oro dalla Banca di Francia contro garanzia di effetti commerciali fruttiferi (1890, 1908). Nel 1914 poi, in previsione delle necessità di un aumento della circolazione in conseguenza della guerra, sospesa la convertibilità dei biglietti della Banca, il Tesoro provvide a emettere biglietti propri (currency note), pure inconvertibili, che nel 1925, ripristinata la convertibilità, passarono a carico della Banca d’Inghilterra: il limite massimo dell’emissione non coperta da oro fu naturalmente aumentato in tale occasione dall’ammontare delle currency note cambiate dalla Banca in biglietti propri. Nel 1939 le riserve auree della Banca d’Inghilterra furono poi messe a disposizione del Fondo di stabilizzazione dei cambi e la circolazione di biglietti rimase garantita solo dai fondi del Tesoro; il limite massimo dell’emissione senza copertura d’oro, già preventivamente aumentato, ha subito poi da allora successive elevazioni, ogni volta che governo e Parlamento lo hanno ritenuto necessario. La legge di P., ancora formalmente in vigore, può dirsi quindi ormai svuotata del suo contenuto ideale. Può dirsi quindi che a distanza di tempo e soltanto di fatto abbiano finito per prevalere i teorici del banking principle («principio bancario»), che nella lunga disputa precedente l’emanazione della legge di P. avevano avuto la peggio.