SCORZA, Sinibaldo
– Nacque a Voltaggio (Alessandria) il 16 luglio 1589 dal nobile Giovanni Scorza, «uomo ricco di beni di fortuna, e molto più d’integrità di vita» (Soprani, 1674, p. 127), e dalla consorte Antonia (Marengo, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, p. 286, a cui si rimanda, quando non diversamente indicato, per il più completo profilo biografico dell’artista).
Come ricordato nel primo medaglione biografico dedicato al pittore (Soprani, 1674), dopo un’iniziale formazione con il pittore locale Battista Carrosio (Romanengo, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017), nel 1604 circa il giovane Scorza raggiunse Genova, centro dove ebbe modo di frequentare la rinomata bottega di Giovanni Battista Paggi, presso la quale si formò attraverso la pratica del disegno (Priarone, in Sinibaldo Scorza (1589-1631), 2017, p. 122), rivelando sin dall’inizio una particolare inclinazione per «fiori, paesaggi, uccellini, quadrupedi et altre somiglianti gentilezze» (Soprani, 1674, p. 128).
Tra il dicembre del 1604 e prima del 1609 sono state datate alcune miniature attribuite a Scorza che decorano il manoscritto Arbor familiae Scortiae (collezione privata, eredi famiglia Scorza: Romanengo, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, pp. 212 s.; per l’attività di miniatore: Orlando, ibid., pp. 176-183), mentre la firma e la data «Sinibaldo Scorza. 1607» risultano delineate su un disegno raffigurante una Donna con bambino in braccio e cesta sulla testa (Cracovia, Museum Narodowe, inventario n. MNK.XV-Rr.644; Newcome 1993, p. 38 nota 6). Due anni dopo il pittore datava un ulteriore foglio con Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre (Cracovia, Museum Narodove, inventario n. MNK.XV-Rr.789), preparatorio per una piccola tavola di analogo soggetto conservata presso l’Accademia Carrara di Bergamo (inventario n. 58.AC.00234) e riferibile agli anni immediatamente successivi (Zanelli, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, pp. 114 s.). Al 1612 risale il dipinto Orfeo incanta gli animali, di ubicazione sconosciuta, che secondo Mario Bonzi dovrebbe recare la firma «Sinibaldus Scortia p[inxit]. MDCXII» (Bonzi, 1964, p. 20).
Si tratterebbe dunque di una delle più precoci versioni oggi note di questo soggetto mitologico cui è legata in particolare la fama del pittore, derivata dai tre madrigali su altrettanti dipinti di Sinibaldo – due dei quali dedicati al mito di Orfeo e il terzo ad Apollo pastore –, pubblicati nella prima edizione della Galeria di Giovan Battista Marino uscita a Venezia nel 1619 (Zanelli, in Sinibaldo Scorza Favole e natura..., 2017, pp. 138-141; sul rapporto di stima che legò per molti anni il poeta e Scorza: Marengo, ibid., pp. 134-137; Vazzoler, ibid., pp. 130-133).
Il 23 giugno 1612 Scorza aggredì un certo Valentino Casanova, colpevole di aver spaventato un cavallo che il pittore stava studiando dal vero; per questo motivo, nel novembre dello stesso anno, Sinibaldo fu processato e assolto (Marengo, ibid., pp. 286 s., con la segnalazione delle deposizioni rilasciate nell’occasione da Paggi e da alcuni suoi allievi; Priarone, in Sinibaldo Scorza (1589-1631), 2017, p. 122).
Secondo un’indicazione presente nel diario del padre Giovanni, il 6 gennaio 1613 il giovane maestro mise «casa in Genova nella contrata di Locori vicino al sig. Giorgio Spinola» (Marengo, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, p. 287). Dopo il 19 febbraio 1615 il pittore si unì in matrimonio con Nicolosina de Ferrari (Belloni, 1988, pp. 53, 55 nota 3). Nel 1617 realizzò la tela raffigurante l’Immacolata (Voltaggio, oratorio di S. Giovanni Battista già in S. Francesco), commissionata dall’omonima compagnia dell’Immacolata e firmata «SINIBALDUS SCORTIA F[ecit]. MDCXVII», opera che evidenzia una palese ripresa di modelli ideati da Paggi, a lui noti grazie alla propria formazione a stretto contatto con il più anziano pittore, «anni [...] importanti per la crescita artistica dello Scorza, sia per la lezione del maestro, sia per il dialogo e il rapporto d’amicizia con i discepoli coetani» (Romanengo, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, p. 50; per il sonetto dedicato da Geronimo Molinari a questa pala: Marengo, ibid., p. 287). Il 28 luglio dello stesso anno il figlio Gaspare venne battezzato presso la chiesa genovese di S. Agnese (Belloni, 1988, pp. 54 s. nota 4). Nel febbraio del 1619 il nome di Sinibaldo compare in un documento riguardante la proprietà di alcuni immobili siti a Voltaggio «in affitto per 71 giorni con funzione di residenza del commissario, del bargello e dei loro famigli, stabilendo in L. 335 la quota dovuta al pittore» (Marengo, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, p. 287). Poco tempo dopo (9 aprile) il secondogenito fu battezzato sempre in S. Agnese (Belloni, 1988, pp. 54 s. nota 4).
Il 31 agosto 1619 Carlo Emanuele I di Savoia convocò a Torino il maestro dopo aver ammirato alcuni disegni, invito accolto da «Sinibaldo Scorza genovese», il quale il 1° di ottobre ricevette l’incarico di pittore di corte (Baudi di Vesme, 1968, p. 973; per una miniatura nelle collezioni di Palazzo Reale a Torino recante sul retro l’indicazione «Sinibaldo Scorza da Voltaggio 1620», ma non riferibile direttamente al maestro: Orlando, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, p. 177). La data 1621 compare in un disegno firmato raffigurante Orfeo incanta gli animali (Amsterdam, Rijksmuseum, inventario n. RP-T-1963-336) eseguito pertanto durante il periodo torinese. Si tratta di un foglio destinato a un collezionista, di cui si conosce una puntuale replica conservata in una raccolta privata (Zanelli, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, pp. 139 s.). Il nome di Scorza compare in otto lettere di Marino inviate da Parigi tra l’agosto del 1621 e l’aprile del 1622 al collega torinese Lorenzo Scoto, scritti che documentano non solo l’amicizia che legava il poeta al pittore, ma anche la grande ammirazione di cui erano oggetto le sue composizioni, sia pittoriche sia grafiche. In due successive lettere, inoltrate da Roma nel 1623 e nel 1624 e indirizzate sempre a Scoto, il poeta fece infatti riferimento a un disegno raffigurante Orfeo e a un dipinto di analogo soggetto destinato alla sua galleria (sulla corrispondenza del Marino in cui è citato Scorza: Marengo, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, pp. 134-137; Zanelli, ibid., p. 138). Il pittore è inoltre ricordato in una missiva del 9 novembre 1621 inviata da Simon Vouet, in quel momento a Milano, al nobile genovese Giovan Carlo Doria (Marengo, ibid., p. 288), lettera che consente di ipotizzare una nuova presenza di Scorza nel centro ligure (Priarone, in Sinibaldo Scorza (1589-1631), p. 123).
Da un documento dell’11 marzo 1622 si apprende che a quella data il maestro genovese era ancora attivo presso la corte sabauda (Benocci, 2006; per l’attività a Torino: Spione, Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017), come dimostra un’ulteriore fonte d’archivio del 22 novembre 1623, già trascritta da Soprani nella biografia dedicata all’artista (1674, p. 131), che attesta l’invio quale dono a Tommaso di Savoia da parte del pittore di una sua opera raffigurante Cupido. Nel 1624 Sinibaldo dipinse verosimilmente Il sacrificio di Noè dopo il diluvio (collezione privata), in cui compare la firma, non chiaramente leggibile, «SINIBALDUS SCORTIA MDCXXIIII (?)». Secondo quanto proposto di recente dalla critica, il dipinto proviene dalle collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia (Boccardo, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, pp. 122-125).
Dopo l’inizio, nel marzo del 1625, della guerra tra la Repubblica genovese e i Savoia, Scorza rientrò a Genova, ma a causa della sua lunga frequentazione della corte sabauda fu costretto a trasferirsi in esilio a Massa presso il principe Carlo Cybo Malaspina (Soprani, 1674, p. 132). Successivamente scese a Roma, dove rimase sino ai primi mesi del 1627 (ibid.). Durante il soggiorno romano realizzò la nota Veduta di Piazza del Pasquino (Roma, Museo di Palazzo Venezia, inventario n. 1083), proveniente dalla collezione Dal Pozzo (Zanelli, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, pp. 110 s.; Marengo, ibid., pp. 291-299 per la segnalazione di opere del pittore negli inventari e nelle fonti biografiche).
Nel marzo del 1627, dopo una breve sosta a Voltaggio, il pittore rientrò a Genova (Soprani, 1674, p. 133), dove l’anno seguente dipinse un Orfeo incanta gli animali (collezione privata, datato «MDCXXVIII»: Orlando, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, pp. 172 s.). Risale al 1630 la sua ultima opera certa, ossia l’Entrata degli animali nell’arca (Genova, Galleria nazionale di Palazzo Spinola, inventario n. GNPS.16), che reca in basso al centro l’iscrizione «SINIBALDUS SCORCIA / MDCXXX» (Zanelli, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, pp. 126 s.). Scorza compare ancora in veste di procuratore in un documento genovese del 1630 (Belloni, 1974, pp. 62 s.) e nella lista dei pittori attivi in città redatta il 5 giugno 1630 per la tassazione destinata alla costruzione delle nuove mura cittadine (Marengo, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, p. 290, con l’indicazione del numero occupato da Scorza – il 67 – e la somma di lire 30 da lui dovuta).
Sinibaldo morì a Genova il 5 aprile 1631 e il giorno seguente fu sepolto entro la tomba di famiglia nella chiesa, ora distrutta, di S. Francesco di Castelletto (Soprani, 1674, p. 134; Marengo, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura..., 2017, p. 290; sull’eredità e i beni del pittore: Santamaria, ibid., pp. 58-63).
È stata recentemente proposta una prima ricostruzione della produzione pittorica del nipote Giovanni Battista Sinibaldo Scorza (Orlando, ibid., pp. 244-249), al quale sono state riferite alcune opere attribuite in precedenza al celebre parente.
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