DE MAGISTRIS, Sigismondo
Appartenne ad una famiglia di pittori operosi nella prima metà del sec. XVI in area valtellinese e comasca; le notizie su di lui vanno dal 1515 al 1545.
Secondo il Longatti (1968-69, pp. 261 s., 305 ss.) sarebbe figlio di Giovanni Andrea, sulla base di un documento dell'8 giugno 1534 (COmo, Arch. di S. Fedele, Capitolo, cart. XIV, fasc. II, doc. III) in cui il D., "civis pictor et habitator Comi", è detto "filius quondam magistri lohannis Andreae"; in realtà le date certe del (1515-1545) non si discostano troppo da quelle di Giovanni Andrea (1504-1529), che potrebbe quindi meglio essere stato fratello maggiore del D. e avere preso il nome del padre. Allo stato attuale degli studi è sconosciuto il grado di parentela che unisce a Giovanni Andrea e al D. Giovan Giacomo (cfr. la voce De Magistris Giovanni Andrea, di questo Dizionario).La prima opera certa del D. è il ciclo di affreschi nel presbiterio della chiesa del Carmine di Montagna in Valtellina, firmato e datato in un cartiglio sulla parete di destra: "Sigismundus / De. Magistr/is. de Como. / pinsit. 1515 / die 8. augusti".
Comprende i seguenti soggetti: sulla parete di fondo, procedendo dall'alto a sinistra, L'Assunzione della Vergine, La natività della Vergine, Il matrimonio della Vergine (l'affresco sopra l'altare della Madonna col Bambino in trono, e la sottostante immagine del Beato Simonino martire, sono antecedenti e di altra mano); sulla parete di sinistra, La presentazione al tempio. La visitazione; S. Giovanni Battista; La decollazione del Battista;nello sguancio della finestra tamponata al centro della medesima parete, S. Antonio abate, S.Abbondio(?), S. Bernardo di Chiaravalle, e S. Nicola da Bari;sulla parete di destra, L'adorazione dei magi, La fuga in Egitto, La natività, La morte della Vergine;sulle lesene dell'arco di accesso, i Ss. Pietro, Gregorio Magno, Paolo apostolo e Gerolamo a piena figura; sull'intradosso dell'arco, otto Profeti a mezza figura, la decorazione è completata da uno zoccolo affrescato con tondi includenti profili classici.
Il modesto linguaggio formale del D. si manifesta nella sintassi compositiva incerta, nell'impaccio con cui costruisce le figure che hanno movenze stentate da manichini, nel segno duro e marcato che definisce panneggi e fisionomie con esiti quasi caricaturali, nella dipendenza, particolarmente nelle intelaiature prospettiche, da fonti diireriane interpretate peraltro con semplificazioni e irrigidimenti: così Il matrimonio della Vergine e La fuga in Egitto derivano dalle omonime xilografie della Vita della Vergine (pubblicate in volume nel 1511), mentre l'Adorazione dei magi deriva da una xilografia dello stesso soggetto, datata 1511 (cfr. Panofsky, 1948, nn. 296-315, e 323).
Prima opera del D. secondo la Binaghi Olivari (1983) sarebbe la decorazione a fresco, datata 1509, della cappella di S. Antonio abate nella chiesa di S. Maria delle Grazie a Gravedona, dove la storiografia locale ottocentesca dal Barelli (1874) al Monti (1895-98 e 1902), poi confermata dal Malaguzzi Valeri (1904) e dalla Zecchinelli (1951), attribuisce genericamente al D. buona parte degli affreschi cinquecenteschi, in realtà di autori e tempi diversi; pur considerando che il D. ben conosceva questo ciclo (cfr. gli affreschi della chiesa di S.Miro a Sorico del 1526), sembra più giusto escluderne la paternità, per la rigorosa costruzione prospettica e i caratteri stilistici che non trovano riscontro nella pittura dei D.; come anche riteniamo non del D. gli affreschi della cappella di S. Giovanni Battista.
Datato 1515 sullo zoccolo in basso a destra, al di sotto di un oculo con la mezza figura di un Profeta, èun affresco sul fianco destro della navata (prima campata) della chiesa di S. Vincenzo a Gera Lario, raffigurante S. Pietro martire tra i ss. Stefano e Lorenzo e devoti, in cui le affinità con il ciclo di Montagna dello stesso anno e particolarmente il caratteristico linearismo dei contorni fanno riconoscere l'opera del D., il cui nome del resto era già stato avanzato dal Malaguzzi Valeri (1904, pp. 367 ss.) a proposito degli affreschi della chiesa, peraltro di mani e tempi diversi.
Firmato e datato 1522 è ilciclo di affreschi nella cappella di destra della chiesa di S. Giovanni di Bioggio a Mello in Valtellina, originariamente l'abside della chiesa primitiva; oggi nel cartiglio sbiadito sopra il Battesimo di Cristo si legge stentatamente "Sigismundus ...", ma l'iscrizione completa venne trascritta dal Monti (1902, p. 334), dal Malaguzzi VaIeri (1904, pp. 366 s.) e, più succintamente, dal Bassi (1927-28, p. 45): "Sigismundus de Magistris / de Como / pinxit 1522".
Nel catino è raffigurato il Cristo giudice nella mandorla tra i quattro evangelisti, secondo un consolidato schema iconografico che tiene conto degli esempi precedenti di Andrea De Passeri alla Madonna della Sassella di Sondrio (1511) e di Sebastiano da Piuro in S. Giacomo di Livo (1512 o 1517); sulla parete sottostante sono raffigurati da sinistra La decollazione del Battista, Il Battista, Il battesimo di Cristo, S. Fedele e Ilconvito di Erode. La decollazione del Battista e Il convito di Erode dipendono strettamente, con una traduzione rigida e impacciata, da due xilografie düreriane del medesimo soggetto, datate rispettivamente 1510 e 1511 (cfr. Panofsky, 1948, nn. 345 s.); una riprova dell'utilizzo precoce, pur se pedestremente riduttivo, delle fonti nordiche da parte del De Magistris.
Del 1526, firmato e datato è il Ciclo di affreschi della cappella di S. Antonio abate nella chiesa di S. Miro sopra Sorico.
Il ciclo comprende i seguenti soggetti: sulla parete di fondo, cinque Storie di s. Antonio abate (Le tentazioni di s. Antonio, S. Antonio e s. Paolo eremita nel deserto, La morte di s. Paolo eremita, S. Antonio guarisce l'indemoniata, Miracoli alla tomba di s. Antonio), intorno ad una monumentale figura del Santo in trono (la decorazione è desunta nell'impianto architettonico e nelle singole scene da quella della cappella di S. Antonio nella chiesa di S. Maria delle Grazie a Gravedona, datata 1509); sulla parete di sinistra, ai lati della finestra, i S. Stefano e S. Bernardo di Chiaravalle a piena figura; sulla volta, grottesche su fondo azzurro; negli intradossi dei due archi, Santi, Profeti e Sibille a mezza figura. Il linguaggio del D. rivela qui elementi di novità, che attingono alla pittura di Bernardino Luini, Gaudenzio Ferrari e Fermo Stella, operosi in questi decenni in area lariana e valtellinese, e sono evidenti in una maggiore ampiezza e morbidezza nell'impostazione delle figure, in una stesura pittorica più sciolta e sensibile ai valori chiaroscurali, pur permanendo l'impaccio nel disegno stentato di certi particolari anatomici (ad esempio, le mani rozze e goffamente scorciate) ed una tendenza quasi caricaturale nella resa espressiva, risultato della frequentazione superficiale di stampe nordiche.
Nel 1529 il nome del D. ricompare in un cartiglio a destra sulla parete absidale della chiesa di S.Croce di Naro (Gravedona), con l'iscrizione: "Sigismundus De Magistris de Como pinxit 1529". La decorazione si articola ad affresco sul catino e lungo la parete ricurva con i soggetti, elencati esattamente nella visita pastorale del Ninguarda del 1593 (a cura del Monti, II, 1895-98, p. 174): "Sopra l'altare vi èun volto depinto con un Dio padre nel mezo li quattro Evangelisti, et sotto esso li dodici Apostoli assai belli". Al D. la Zecchinelli (1951, p.72) attribuisce anche il S. Vincenzo sul pilastro di destra e i fregi dell'arco trionfale.
Nella medesima chiesa lavorò nel 1529 Giovanni Andrea, firmando la sua opera. Alla medesima epoca dell'abside di S. Croce di Naro il Longatti (1968-69, p. 285) attribuisce gli affreschi dei pronao della chiesa dei Ss. Donato e Clemente a Germasino, in cui il nome del D. compare in un'iscrizione sulla lunetta sopra il portale, raffigurante la Madonna col Bambino tra i ss. titolari: "Sig. De Mag.". Nelle vele della volta sono raffigurati i Quattro dottori della Chiesa occidentale sufondo azzurro.
Dal Longatti la lunetta di Germasino è messa in rapporto con un affresco di analogo soggetto nella chiesa di S. Silvestro a Lura di Blessagno (Canton Ticino), datato 1506 e tentativamente accostato al D. dalla Gatti Perer (1966, p. 111), e con un affresco staccato raffigurante La Natività già nel convento di S. Orsola a Como ed attualmente nella casa parrocchiale.
Recentemente il Rossi (1982) ha attribuito al D. il ciclo di affreschi della chiesa di S. Giorgio ad Alzate Brianza, in gran parte staccato nel 1977 e depositato nella casa parrocchiale. Nella collocazione originaria il ciclo comprendeva i soggetti seguenti: sulla parete sinistra,La fuga in Egitto e L'adorazione dei magi; sulla parete di fondo, La presentazione di Maria al tempio e La circoncisione;sulla parete destra, L'ultima cena, datata sul bordo superiore 1531, copia con semplificazioni del Cenacolo di Leonardo; sui campi della volta a ombrello, Evangelisti e Dottori della Chiesa. Negli affreschi, genericamente collegati a Marco d'Oggiono dalla storiografia locale (Annoni, 1835, p. 383), il Rossi rileva affinità con l'opera del D.; essi sono peraltro avvicinabili al ciclo giovanile di Montagna del 1515 (in particolare nelle quattro Storie della Vergine), mentre meno manifeste sono invece le somiglianze con le opere del terzo decennio cronologicamente più prossime. Diversamente dal Rossi, la Giordano (1984), puntualizzando preliminarmente le difficoltà di lettura derivanti dal cattivo stato di conservazione degli affreschi, irrimediabilmente compromessi dall'umidità e dall'incauto restauro cui sono stati sottoposti, non avanza attribuzioni precise ma ritiene il ciclo opera di due, forse tre differenti maestri.
Firmato e datato 1533 è il Battesimo di Cristo su tavola della parrocchiale di S. Giorgio a Varenna, proveniente dall'oratorio Serponti del medesimo comune, completato da una predella con la raffigurazione della Madonna col Bambino, angeli e due santi.
Pur ricalcando fedelmente nello schema compositivo l'omonimo affresco di Bioggio di oltre dieci anni prima, se ne distacca nettamente nella resa formale, che nelle tipologie angeliche, nella fattura morbidamente chiaroscurata delle anatomie, nel panneggiare pieno, negli elementi di natura del primo piano e dello sfondo, manifesta una forte impronta gaudenziana.
Al 27 agosto 1534 risalgono le convenzioni con i maestri Sigismondo De Magistris abitante a Como nella parrocchia di S. Fedele di dentro e Ambrogio Arcimboldi figlio del defunto Pasino abitante a Como nella parrocchia di S. Donnino di fuori per l'esecuzione di un'ancona nella chiesa di S. Giorgio di Cremeno in Valsassina (Arch. di Stato di Milano, Fondo notarile, notaio Bonetto Arrigoni, f. 10157).
Si tratta di una impotente ancona a doppio registro, datata 1534 con la Madonna col Bambino in trono e angeli, affiancato da due tavole con i Ss. Giovanni Battista e Caterina d'Alessandria (a sinistra) e Pietro e Lucia (a destra); nel registro superiore sono raffigurati al centro S. Giorgio e il drago, e ai lati i Ss. Francesco d'Assisi e Ambrogio (a sinistra), Pietro da Verona e Antonio abate (a destra). Sui basamenti dei semipilastri dell'ordine inferiore sono raffigurati i Padridella Chiesa;negli scomparti della predella Cristo e i dodici apostoli. Accanto ai modi duri e legnosi, al marcato linearismo proprio del D., è ben evidente (soprattutto nei due scomparti centrali), l'intervento di una seconda personalità, Ambrogio Arcimboldi, dotato di un linguaggio più maturo e di qualità più alta, che si manifesta in una maggiore sicurezza nella costruzione delle figure e nell'articolazione degli spazi, in una stesura pittorica contraddistinta da delicati trapassi chiaroscurali e da un contornare fine e delicato per mezzo di linee sottili, oltre che da una insistita componente di grazia luinesca.
L'8 giugno 1534, secondo il gia segnalato documento dell'Archivio di S. Fedele di Como (Longatti, 1968-69, pp. 305 s.), il D. acquistò in parrocchia di S. Donnino a Como una casa "in qua solebat habitare quondam magister Aluysius de Donatis pictor" (il pittore Ludovico [Alvise] De Donati). Nel 1537, da documenti dell'Archivio di Stato di Como (Fondo Archivio storico comunale, vol. 171, Parrocchia di S. Donnino, 1537, cc. 26r e 70v), pubblicati dal Longatti (1968-69, p. 307), risulta che il D. abitava ancora in parrocchia di S. Donnino a Como, che la moglie aveva beni dotali a Milano (notizia interessante per i rapporti del pittore con l'ambiente milanese) e che egli era, per via di nipoti, imparentato con Giovan Pietro Malacrida (pittore comasco noto dal 1489 al 1499).
Firmati e datati 1541 (al di sopra del Profeta Gioele si legge l'iscrizione "Sigismundus / pinsit / M.D.XLI.") sono gli affreschi della prima cappella di destra della parrocchiale di Santa Maria a Santa Maria-Rezzonico, con la raffigurazione sulle pareti laterali dei Profeti Isaia e Gioele, e sulla parete dell'altare della Madonna della Misericordia tra i ss. Domenico e Pietro martire, frammentaria. Nella medesima chiesa il Rossi (1982) ha proposto di attribuire al D. l'Assunzione della Vergine ad affresco sull'arco trionfale, in cui ravvisa analogie con l'affresco giovanile di Montagna dello stesso soggetto. Per affinità con gli affreschi di Santa Maria-Rezzonico il Longatti (1970) giudica appartenere all'attività tarda del D. gli affreschi frammentari venuti alla luce in seguito ai restauri (1965) sulla parete sinistra della terza campata della chiesa di S. Pietro a Garzeno, firmati in un cartiglio: "Sigismundus De Magistris / de Como pinsit", e comprendenti Storie della Vergine articolate su quattro registri sulla parete, e figure di Santi suipilastri adiacenti che reggono gli arconi acuti che delimitano la campata. Nel 1545, in base a un documento dell'Archivio di Stato di Como (Fondo Archivio storico comunale, vol. 174, Parrocchia di S. Donnino, 1545, c. 59v), pubblicato dal Longatti (1968- 69, pp. 307 ss.), il D. risulta ancora residente in parrocchia di S. Donnino a Como: è questa l'ultima notizia certa che su di lui si conosca.
Nella storiografia locale comasca molto numerose sono le attribuzioni al D., soprattutto di affreschi, formulate talora in maniera generica ed approssimativa: per una elencazione si rimanda agli studi più sistematici del Monti (1902) del Malaguzzi Valeri (1904, pp. 367-70 e passim), della Zecchinelli (1951) e del Longatti (1968-69, pp. 289-301 e 970, pp. 595 ss.). Vi sono comprese opere per cui il riferimento al D. appare molto probabile, come alcuni affreschi nell'ex chiesa di S. Giovanni a Domaso (Malaguzzi Valeri, 1904, pp. 368 s.; Longatti, 1968-69, pp. 289 s.); altre opere vicine cronologicamente e culturalmente al D., ma non attribuibili a lui, come il grande polittico nella parrocchiale di S. Maria di Breno a Visgnola di Bellagio (Monti, 1902, pp. 330 ss; Malaguzzi Valeri, 1904, p. 370; Longatti, 1968-69, pp. 291 ss.), gli affreschi datati 1530 nella navata centrale della prepositurale di Bellano (Longatti, 1968-69, pp. 298 s.), e quelli datati 1532 nell'abside della parrocchiale di Dosso Liro (Zecchinelli, 1951, pp. 79 s.; Longatti, 1968-69, p. 299); altre invece in cui il riferimento al D. o al suo ambiente è totalmente da escludere, come avviene per il Battesimo di Cristo su tela nella prima cappella di sinistra della parrocchiale di S. Giorgio a Cino in Valtellina, attribuito al D. dal Longatti (1968-69, p. 290), e opera invece tardoseicentesca.
La produzione del D., modesta negli esiti stilistici, come quella di Giovanni Andrea, è più interessante e complessa nella cultura figurativa che esprime. Essa denota infatti una apertura di interessi ben più ampia, che include la conoscenza precoce delle stampe nordiche (e particolarmente düreriane), l'esperienza dei maggiori eventi artistici milanesi sullo scorcio del XV secolo - da Bramante a Butinone a Zenale al Montorfano a Leonardo al Maestro della Pala Sforzesca -, ed evidenzia altresì l'influsso, sia pur tradotto in risvolti epidermici e riduttivi, delle novità cinquecentesche introdotte nel territorio comasco e valtellinese da maestri come i Rodari, Giovan Angelo Del Maino, Bernardino Luini e Gaudenzio Ferrari.
Nuovi contributi al catalogo e alla definizione stilistica del D. potranno venire dalla ricognizione sistematica e dall'esame critico della grande quantità di opere anonime, particolarmente ad affresco, in area comasca e valtellinese, non riconducibili a personalità di pittori già individuate e dai connotati stilistici ben caratterizzati come Andrea De Passeri, Sebastiano da Piuro e Ludovico De Donati.
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