Sierra Leone
Geografia umana ed economica
di Paolo Migliorini
Stato dell'Africa occidentale. La popolazione (6.005.000 ab. secondo una stima del 2006) cresce a un ritmo molto intenso (4,2% annuo nel periodo 2000-2005) interamente ascrivibile al movimento naturale. La guerra civile durata dal 1991 al 2001 ha provocato decine di migliaia di vittime e lo sradicamento di alcuni milioni di abitanti, molti dei quali costretti a rifugiarsi in Paesi confinanti. La S. L. si colloca al penultimo posto nella graduatoria mondiale, pubblicata nel 2006 dalle Nazioni Unite, degli Stati classificati in base allo HDI (Human Development Index), che tiene conto di tre indicatori particolarmente significativi: speranza di vita alla nascita, 41 anni; tasso di alfabetizzazione degli adulti, 35,1%; reddito annuo pro capite a parità di potere d'acquisto, 561 dollari. I gruppi etnici più numerosi sono i Temne (30%) e i Mende (30%). Il 10% è formato da creoli (krio), discendenti da schiavi giamaicani liberati e insediati nell'area di Freetown alla fine del 18° sec.; seguono profughi della guerra civile liberiana e un esiguo numero di europei, libanesi, pakistani e indiani.
La S. L. è un Paese estremamente povero, con il più basso reddito pro capite del mondo, pur disponendo di un notevole patrimonio di risorse minerarie e di prodotti della pesca e dell'agricoltura. Le infrastrutture economiche e sociali sono carenti e gravi disordini sociali continuano a frenare lo sviluppo economico, peraltro ostacolato dall'eccessiva dipendenza dallo sfruttamento delle risorse minerarie. La convinzione dei governi succedutisi nel tempo, e della stessa popolazione, che diamanti e oro garantissero sostanziali apporti di valuta straniera e investimenti esteri, ha condotto a trascurare le possibilità di un'agricoltura commerciale su larga scala, dello sviluppo industriale e degli investimenti sostenibili. La popolazione in età lavorativa è occupata per due terzi nell'agricoltura di sussistenza (riso, manioca, mais, miglio, arachidi). I prodotti agricoli commerciali destinati all'esportazione sono noci e olio di palma, cacao e caffè: l'agricoltura concorre alla formazione del 43,2% del prodotto interno lordo (2005).
Le esportazioni di minerali rappresentano la principale fonte di valuta straniera. Importante produttore di diamanti, la S. L. ha tuttavia sempre avuto problemi nel controllo e nella gestione dell'attività estrattiva e delle esportazioni. Il valore della produzione annua si aggira sui 250-300 milioni di dollari, ma solo una porzione modesta passa attraverso canali di esportazione regolare e la maggior parte della produzione prende le vie del contrabbando e serve al finanziamento di attività illecite. L'introduzione da parte delle Nazioni Unite (2000) di un nuovo sistema di certificazione delle esportazioni di diamanti ha determinato comunque un considerevole incremento delle esportazioni legali. Fra le attività estrattive nel 1990 si segnalava la produzione di rutilo, utilizzato come pigmento per vernici, e per altri usi industriali, con profitti dell'ordine di 75 milioni di dollari; l'estrazione fu sospesa allorquando i ribelli del Revolutionary United Front invasero l'area mineraria. Dall'inizio del 2006 la Sierra Rutile Ltd., il maggiore investitore statunitense non petrolifero nell'Africa occidentale, ha ripreso le attività.
Pur se evidentemente condizionato dal mantenimento della pace interna e dai sostanziali aiuti provenienti dall'estero, il generale sviluppo economico del Paese appare tuttavia fortemente ostacolato dalla corruzione endemica degli apparati governativi, susseguitisi nel corso del tempo.
Storia
di Emma Ansovini
Il 21° sec. si apriva per la S. L. con una svolta di straordinaria importanza, la fine della guerra civile iniziata nel 1991. Per oltre un decennio il Paese era stato infatti coinvolto in un sanguinoso conflitto, che aveva assunto una dimensione regionale: il tentativo di assicurarsi il controllo dei ricchi giacimenti diamantiferi del Nord-Ovest si era intrecciato con le aspirazioni egemoniche prima della vicina Nigeria e poi, soprattutto, della Liberia. Il presidente liberiano Ch. Taylor, in particolare a partire dal 1997, aveva contribuito in modo decisivo alla destabilizzazione dell'intera area, sostenendo apertamente il maggiore dei gruppi armati antigovernativi, il Revolutionary United Front (RUF). La guerra civile si era connotata per livelli estremi di violenza e di atrocità, più volte denunciati dagli organismi internazionali: esecuzioni sommarie, stupri, torture, mutilazioni e un vasto impiego di bambini soldato, rapiti nei villaggi e costretti a combattere. Ad alimentare il conflitto contribuiva il commercio illegale dei diamanti, che vedeva coinvolte anche grandi compagnie internazionali, e che assicurava ai ribelli il rifornimento di armi. Contro questa pratica, nell'ottobre 2000, fu assunto dall'ONU un provvedimento di embargo sull'esportazione non certificata delle pietre preziose.
Un primo accordo di pace venne firmato a Lomé (Togo) nel luglio 1999. Esso prevedeva il libero movimento delle persone, il ristabilimento dell'autorità governativa sul territorio nazionale, il rilascio dei detenuti, la smobilitazione dei gruppi ribelli, il reinserimento dei bambini soldato, la trasformazione del RUF in partito politico e la sua cooptazione nel governo. Ma la guerra riprese pochi mesi dopo, nonostante il dispiegamento su tutto il territorio, a partire dal mese di ottobre, delle forze dell'ONU (UNAMSIL, United Nations Mission in Sierra Leone), a cui si accompagnò l'intervento di truppe britanniche (maggio-settembre 2000). Un secondo accordo, firmato ad Abuja (Nigeria) nel novembre 2000, non ottenne migliori risultati. L'accordo definitivo, reso possibile anche dalla crisi del regime di Taylor in Liberia, fu firmato ad Abuja nel maggio 2001, e confermato poco dopo a Freetown capitale del Paese; i combattimenti cessarono progressivamente nei mesi successivi. In settembre il presidente A.T. Kabbah (eletto nel 1996 nelle prime elezioni multipartitiche dopo 19 anni di dittatura militare, deposto da un colpo di Stato nel 1997 e reinsediato nel 1998), nel prendere atto dell'avvenuto inizio della smobilitazione dei gruppi armati antigovernativi e delle forze paramilitari che avevano sostenuto il governo, fissò per il maggio 2002 lo svolgimento delle elezioni presidenziali e legislative. Nel gennaio 2002 il governo dichiarò ufficialmente terminata la guerra civile. In maggio Kabbah venne rieletto con oltre il 70% dei voti, e il suo partito, il Sierra Leone People's Party, conquistò 83 dei 112 seggi del Parlamento eletti direttamente (12 altri seggi venivano assegnati dai consigli di distretto), mentre seguirono al secondo posto E.B. Koroma (22% dei voti) e il suo All People's Congress (il partito che aveva governato la S. L. fino al 1992), che ottenne 27 seggi. Questi risultati confermarono il faticoso percorso verso la normalità della S. L., e fornirono un'indicazione molto netta sullo scarso consenso popolare del quale godevano le forze che avevano animato la guerra civile. Infatti J.P. Koroma, responsabile del colpo di Stato del 1997, ottenne appena il 3% dei voti, e il suo partito, il Peace and Liberation Party, solo 2 seggi; P. Bangura conquistò meno del 2%, e il suo Revolutionary United Front Party, emanazione politica del RUF, non ottenne alcun seggio.
A favorire il complesso processo di pacificazione e la ricostruzione di un tessuto di convivenza civile contribuirono due istituzioni, nate con finalità apparentemente contrastanti, ma che riuscirono a conciliare le loro attività: la Commissione per la verità e la riconciliazione, ricalcata sul modello sudafricano e creata nel luglio 2002 (benché già prevista negli accordi di Lomé), che pubblicò il suo rapporto nell'agosto 2005, e la Corte speciale per i crimini contro l'umanità e per i crimini di guerra. Quest'ultima, istituita dall'ONU con un accordo bilaterale con la S. L. nel gennaio 2002 e composta da giudici nominati dalle stesse Nazioni Unite e da giudici della S. L., aveva il compito di occuparsi dei principali responsabili dei crimini commessi dopo il novembre 1996, e rappresentava un'inversione di tendenza rispetto all'amnistia decisa dagli accordi di Lomé, che era stata giudicata troppo ampia. I processi iniziarono nel 2004, e la maggioranza delle persone sottoposte a giudizio furono esponenti del RUF già in stato di detenzione, ma non mancarono membri dei Kamajors, una milizia filogovernativa, come S.H. Norman, ministro degli Interni del nuovo governo di Kabbah.
In forme diverse continuò l'assistenza al governo dei consiglieri militari britannici e dell'ONU, e si completò il programma di disarmo e di reinserimento sociale dei combattenti nella guerra civile: alla fine di tale processo (febbr. 2004) avevano riconsegnato le armi oltre 70.000 persone, tra le quali circa 7000 bambini. La relativa normalizzazione del quadro politico portò anche al rientro di decine di migliaia di profughi dalla Guinea e dalla Liberia. La situazione economica complessiva rimaneva molto critica, e continuava a risentire degli effetti devastanti della guerra, solo in parte mitigati dall'effetto positivo della cancellazione del debito decisa dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale nel quadro della campagna a favore dei Paesi poveri fortemente indebitati.
L'ulteriore proroga della presenza dell'ONU, con l'istituzione nel gennaio 2006 di una nuova missione di assistenza, l'UNIOSIL (United Nations Integrated Offices in Sierra Leone), che sostituiva l'UNAMSIL, confermò le difficoltà di un percorso di recupero ancora in pieno svolgimento.
bibliografia
L. Gberie, A dirty war in West Africa: the RUF and the destruction of Sierra Leone, Bloomington (IN) 2005; D. Keen, Conflict and collusion in Sierra Leone, Oxford-New York 2005; J.P. Pham, The Sierra Leonean tragedy: history and global dimensions, New York 2006.