SERRA DI CASSANO, Giuseppe
– Nacque a Napoli il 22 maggio 1771, primogenito di Luigi, duca di Cassano (v. la voce in questo Dizionario), e di Giulia Carafa Cantelmo Stuart, figlia di Gennaro Maria, principe di Roccella, tra le dame più belle e intelligenti della corte napoletana. Giuseppe fu battezzato nella cappella del palazzo a Pizzofalcone dal parroco di S. Giorgio dei Genovesi. La sua nascita fu celebrata con un poemetto encomiastico composto dal poeta napoletano Luigi Serio, legato ai Serra da vincoli di amicizia.
Il padre, uomo colto e appassionato bibliofilo, lo mandò a studiare nel collegio di Sorèze, nel Sud della Francia. Lì lo raggiunse anche il secondogenito Gennaro Maria (Augurio - Musella, 1999; v. la voce in questo Dizionario). Negli anni della formazione ebbe modo di entrare in contatto con le idee rivoluzionarie. Tornato nel Regno, nei primi anni Novanta aderì alla massoneria e con Gennaro Maria entrò probabilmente nella loggia del marchese di Mompilieri, Antonio Letizia. Il 16 dicembre 1792, con l’arrivo nella rada di Napoli della flotta francese comandata dal conte di Latouche-Tréville, fu tra coloro che acclamarono i francesi e il 12 gennaio 1793 partecipò sul vascello Le Languedoc all’agape massonica celebrata per salutare e ringraziare i transalpini in partenza. Probabilmente in quegli anni, in compagnia dell’inseparabile Gennaro, frequentò l’Accademia di chimica fondata a Napoli da Carlo Lauberg che divenne il luogo privilegiato della propaganda filorivoluzionaria.
Dal 21 dicembre 1793 sostituì spesso il padre, impegnato al servizio del sovrano a Caserta o nelle cacce reali di Venafro, nell’amministrazione del feudo di Cassano in Calabria. Dimostrò acume e padronanza in diverse faccende: dalla gestione di questioni giurisdizionali a quelle di ordine economico o relative alla coscrizione obbligatoria, ordinata dal re nel 1794, che suscitava molto malcontento tra le famiglie del notabilato locale. Collaborò nell’amministrazione degli affari della Casa fino al 15 febbraio 1795. Nell’autunno del 1794, coinvolto nella cosiddetta congiura giacobina di Luigi de’ Medici, fu denunciato alla giunta di Stato. Nell’aprile del 1795 fu arrestato e imprigionato nelle segrete di Castel Sant’Elmo con l’accusa di avere aderito alle «correnti moderne massime» (Di Castiglione, 2010, p. 319) e venduto ai francesi a Nizza scorte di frumento in suo possesso. Nonostante l’intervento della sorella Laura, che nel 1792 aveva sposato Onorato Gaetani, figlio del potente duca di Laurenzana, non ottenne la scarcerazione e fu liberato solo con reale rescritto del 25 luglio 1798. Dopo pochi mesi, il 17 ottobre, nella chiesa di S. Maria della Neve, contrasse matrimonio con la cugina Teresa Tocco Cantelmo Stuart dei principi di Montemiletto. Dalla loro unione nacquero Giulia (1799), Maria Antonia (1806), Laura (1809) e Luigi (1810).
Con la fuga di Ferdinando IV per la Sicilia e l’ingresso a Napoli delle truppe francesi comandate dal generale Jean E. Championnet, i Serra furono coinvolti a vario titolo nelle vicende della Repubblica Napoletana. Il 25 gennaio 1799 Giuseppe, come molti cadetti della nobiltà, fu nominato membro della rinnovata Municipalità cittadina, incarico che accettò in luogo del duca Luigi che, forse per prudenza, l’aveva rifiutato. Anche Gennaro, dopo avere eroicamente difeso palazzo Serra a Pizzofalcone dall’assalto dei lazzari nelle giornate d’anarchia che avevano preceduto l’ingresso dei francesi in città, militò nell’esercito repubblicano come comandante in seconda della guardia nazionale. La madre e la zia Maria Antonia, duchessa di Popoli, furono generose sostenitrici della causa repubblicana per la quale raccolsero instancabilmente fondi per la Cassa nazionale. Il 25 maggio 1799, poche settimane prima della caduta della Repubblica Napoletana, il Monitore napoletano annunziò che il cittadino Giuseppe Serra era partito con la carica di ambasciatore per la Repubblica Ligure. Il 2 giugno Serra di Cassano raggiunse Genova dove, intanto, convenivano i napoletani sorpresi dall’offensiva austro-russa fuori dai confini del loro Stato.
Capitolata la Repubblica, la vendetta dei Borbone e del loro sostenitore lord Horatio Nelson si abbatté con ferocia sui membri della nobiltà che avevano militato o parteggiato per i francesi. I Serra pagarono un alto tributo: mentre Giuseppe, trovandosi a Genova, riuscì a sottrarsi alla pena capitale, Gennaro Maria, che aveva combattuto fino alla fine contro l’esercito della Santa Fede del cardinale Fabrizio Ruffo, fu catturato, condannato a morte, e decapitato il 20 agosto 1799. La famiglia in segno di lutto e di sdegno il 30 agosto fece chiudere per sempre il portone principale del palazzo di Pizzofalcone che guardava verso la reggia. Tra la fine del 1799 e la primavera del 1800 i duchi e lo zio Stanislao – che pur aveva collaborato con Ruffo – furono condannati all’esilio.
In quel tragico frangente Serra di Cassano restò nel capoluogo ligure fino alla metà dell’agosto del 1799 quando, al seguito del generale François de Chasseloup-Laubat, insieme ad altri ex rivoluzionari arrivò a Nizza per proseguire per Marsiglia e raggiungere Parigi, l’11 settembre 1799. Lì andò ad abitare in casa del potente ministro della polizia Joseph Fouché.
In quelle settimane Serra di Cassano e altri esuli furono visti con diffidenza perché accusati di essere animati da «intenzioni pericolosamente ostili al Direttorio» (Rao, 1992, p. 191). La loro presenza apparve spesso inopportuna e dopo il cambio di rotta della politica estera francese, successivo alla pace di Firenze del 28 marzo 1801, vennero emarginati. A seguito degli accordi di pace a molti esuli fu consentito di rientrare nel Regno. Nel marzo del 1801 tornò a Napoli lo zio Stanislao, cui fu delegata la cura del patrimonio familiare, e tra il 1803 e il 1804 tornarono in patria il duca Luigi e Giulia Carafa. Giuseppe, invece, preferì restare a Parigi. Rientrò a Napoli dopo l’arrivo di Giuseppe Bonaparte, nel febbraio del 1806.
I Serra, espressione di quella nobiltà illuminata che tanto aveva sofferto per la propria dissidenza politica, furono allora ricompensati per la loro fedeltà. Luigi divenne ministro del Culto. Giuseppe, forse in un primo momento tenuto in disparte per la trascorsa militanza filogiacobina, ottenne riconoscimenti e incarichi con l’ascesa al trono di Gioacchino Murat, che nel 1808 lo insignì del titolo di gran cacciatore mentre la moglie Teresa Tocco divenne la dama di corte preferita della regina Carolina Murat, con privilegio speciale di un assegno. Il 24 settembre 1808 con dispaccio del ministero dell’Interno fu nominato presidente del Consiglio provinciale di Calabria citra: un incarico delicato in una provincia interessata dal brigantaggio e dove si concentravano i beni fondiari dei Serra. Con una lettera inviata da Napoli il 18 ottobre 1809 Murat espresse piena soddisfazione per lo «zelo, attività, ed intelligenza» dimostrate da Serra di Cassano nello svolgimento del suo incarico (Caldora, 1960, p. 72). Nel giugno del 1809 fece inoltre parte della delegazione inviata a Napoleone Bonaparte per complimentarsi dopo la vittoriosa battaglia di Wagram in Austria.
Intanto, abolito il 2 agosto 1806 il regime feudale, nel 1810 Serra di Cassano dovette difendere davanti alla Commissione feudale gli interessi della sua Casa dalle pretese del Comune di Cassano e di altri ex feudi. Con essi ingaggiò una serrata battaglia legale nella quale poté avvalersi dell’appoggio dell’intendente di Calabria citeriore Pierre Joseph Briot e di molte influenti personalità del Consiglio di Stato. Nonostante ciò non riuscì a far valere definitivamente le proprie ragioni.
Con la seconda Restaurazione, tornati i Borbone, si tenne in disparte, ma scoppiati i moti carbonari, nel 1821 fu decurione di Napoli e il 1° marzo offrì un contributo di 500 ducati alla Tesoreria generale per il prestito nazionale. Il ritorno di re Ferdinando e il tramonto dell’esperienza politica costituzionale segnarono il suo definitivo allontanamento dalla vita politica.
Alla morte del padre, nel 1825, ereditò il titolo di duca di Cassano e altri della Casa. Trascorse gli ultimi anni della sua vita intento alla cura di ciò che restava del patrimonio e soprattutto dell’amata biblioteca, i cui più preziosi volumi erano stati alienati tra il 1819 e il 1820. Si prese cura della pregiata quadreria di famiglia e raccolse una bella collezione di stampe. Dal padre aveva, infatti, ereditato l’amore per la cultura e fu appassionato estimatore di opere d’arte.
Ammalatosi di colera, si spense tra le braccia amorevoli del figlio Luigi il 22 luglio 1837.
Fonti e Bibl.: Napoli, Palazzo Serra di Cassano, Archivio Serra di Cassano, Parte I, bb. 131/16-17, 132/9, Parte II, vol. 20: Copialettere 1793-1797; b. 47/15, 20; L. Serio, All’Eccellentissimo Luigi Serra duca di Cassano per la nascita del suo primogenito, Napoli 1771; Conclusioni del sig. Winspeare regio procuratore generale presso la Commissione feudale nella causa fra ’l comune di Cassano e ’l sig. marchese Giuseppe Serra, Napoli 1810; Giornale del Regno delle Due Sicilie, Napoli 3 gennaio-25 maggio 1821, p. 280; N. Palmerini, Opere d’intaglio del cav. Raffaele Morghen, Firenze 1824, p. 134; C. De Sterlich, Le vittime illustri del cholera di Napoli, Napoli 1837, pp. 86 s.; G. De Cesare, Della illustre dama Donna Maria Antonia Sanseverino, principessa di Bisignano, nata Serra de’ duchi di Cassano-necrologia, Roma 1864, p. 7.
M. D’Ayala, La nobiltà napoletana nel 1799, Napoli 1873, pp. 57-61; Id., Vite degl’italiani benemeriti della libertà e della patria, Torino 1883, pp. 590 s.; V. Malamani, Memorie del conte Leopoldo Cicognara tratte dai documenti originali, I, Venezia 1888, pp. 141-149; B. Croce, La rivoluzione napoletana del 1799. Biografie, racconti, ricerche (1912), Napoli 1999, p. 326 nota; N. Nicolini, Luigi de Medici e il giacobinismo napoletano, Firenze 1935, pp. 173 s., 179, 187; U. Caldora, Calabria napoleonica 1806-1815, Napoli 1960, pp. 72 nota, 89, 160 s., 175, 190 nota, 192 nota; M. Battaglini, Il Monitore napoletano, Napoli 1974, pp. 205 nota, 602; C. Petraccone, Napoli nel 1799: rivoluzione e proprietà, Napoli 1989, p. 15; A.M. Rao, Esuli. L’emigrazione politica italiana in Francia (1792-1802), Napoli 1992, pp. 188, 190 nota, 191 nota, 515; Ead., La Repubblica napoletana del 1799, Napoli 1997, p. 31; F. Augurio - S. Musella, I Serra di Napoli, in E. Podestà - S. Musella - F. Augurio, I Serra, a cura di A. Serra di Cassano, Torino 1999, pp. 426 s.; P. Gargano, Gennaro Serra. Un portone chiuso in faccia al tiranno, Napoli 1999, passim; V. Trombetta, Storia e cultura delle biblioteche napoletane, Napoli 2002, pp. 262-267; R. Di Castiglione, La massoneria nelle Due Sicilie e i “fratelli” meridionali del ’700, III, Roma 2010, pp. 298, 318 s.; L. Covino, Governare il feudo. Quadri territoriali, amministrazione, giustizia Calabria Citra (1650-1800), Milano 2013, pp. 182 s.