LI VOLSI, Scipione (Simone, Simeone)
Nacque a Tusa (nell'attuale provincia di Messina) da Giuseppe e Angelica Cardita, poco prima del 12 luglio 1588, giorno in cui fu battezzato. Il padre Giuseppe, attivo come stuccatore e intagliatore, gestiva una bottega familiare alquanto attiva a Tusa e nel territorio circostante. Il L. risulta presente a Tusa, secondo le testimonianze dei censimenti, dal 1607 al 1667; nella seconda metà del secondo decennio del secolo - poiché il suo nome non compare nei censimenti di quegli anni - è stato ipotizzato (Salvo Barcellona, 1992, pp. 25 s.) un suo viaggio fuori Sicilia, specificatamente a Roma, dove avrebbe avuto modo di conoscere la statuaria antica, per esempio la statua equestre di Marc'Aurelio in Campidoglio, e la produzione degli scultori italiani e fiamminghi operanti in quel tempo nella città papale. È probabile che fino al 1620 il L. lavorasse esclusivamente nella bottega paterna con i fratelli Francesco, Paolo e Martino.
Nell'agosto del 1620, con il fratello Francesco, mise in opera l'arco trionfale per l'ingresso della marchesa di Geraci a Castelbuono, come risulta da un atto del notaio Vittorio Mazza di Castelbuono. L'11 sett. 1621 il L. stipulò, con i fratelli Francesco e Paolo, un contratto per la decorazione in stucco della tribuna della chiesa di S. Maria Maddalena a Ciminna. Probabilmente a questa data il L. acquisì il ruolo di capo bottega poiché in tale atto notarile come pure nel successivo - datato luglio 1630 - appare in una posizione preminente rispetto ai congiunti. La decorazione - afferente al tema della Chiesa militante e della Chiesa trionfante - messa in opera tra il febbraio e il novembre del 1622, secondo il disegno fornito da lui, presenta le statue di S. Maria Maddalena, S. Bartolomeo, S. Giovanni Battista,S. Pietro e S. Paolo; otto figure di Apostoli, e la statua di Dio Padre al centro della volta seduto fra angeli e nuvole; i rilievi degli Evangelisti a mezze figure su tondi. Il contratto, inoltre, prevedeva "angeli, puttini, lavori et frixi". In quest'opera in stucco già Di Marzo (pp. 738 s.) vide, a proposito dell'angelo che corona le statue degli apostoli e del Battista, un riferimento al modello della tribuna marmorea della cattedrale di Palermo messa in opera da Antonello Gaggini e bottega nei primi del Cinquecento (Garstang, p. 27). Tuttavia recentemente (Filangeri, p. 129) è stato supposto che, oltre alla tribuna gagginiana di Palermo, il L. abbia avuto presente la cappella del Sacramento nella cattedrale di Messina (1590-1607), di Giacomo Del Duca.
Il 25 giugno 1623 il L. si impegnava con l'arciprete di Reitano, Geronimo Glorioso, a scolpire la statua lignea raffigurante S. Biagio e il relativo "sgabello" processionale, per 45 onze. La statua, conservata nella chiesa madre di Reitano, si presenta oggi rimaneggiata da una pesante ridipintura e dall'applicazione di stoffe a guisa di panneggio. Il 4 febbr. 1629 sposò la cugina Marta Cardita. Nel 1630, su richiesta del Senato palermitano, in occasione della nascita di Baldassare Carlo, primogenito di Filippo IV, fuse in bronzo due delle quattro statue che dovevano essere collocate nelle nicchie dei Quattro Canti, quelle di Carlo V e di Filippo IV.
La prestigiosa commessa lascia supporre che il L. avesse in quel momento raggiunto un notevole prestigio artistico. Ben presto tuttavia il progetto cambiò e si decise di decorare i Quattro Canti con statue marmoree, che furono realizzate da Carlo d'Aprile soltanto fra il 1661 e il 1663. Nel 1631, pertanto, le due statue già eseguite dal L. ebbero una diversa destinazione: quella di Carlo V - raffigurato nell'atto di confermare gli antichi privilegi del Regno di Sicilia - fu collocata a piazza Bologni (dove si trova tuttora); mentre quella di Filippo IV, destinata alla piazza del palazzo reale, fu successivamente fusa per assumere dimensioni maggiori e poi distrutta. Il Carlo V, opera "asciutta e serrata" (Matranga) nel suo coerente impianto, si rivela uno dei prodotti più maturi della scultura manieristica siciliana.
Con ogni probabilità dopo la parentesi palermitana il L. tornò a Tusa dove nel 1632 scolpì in legno per la chiesa madre la statua della Madonna del Rosario con s. Domenico; dall'impianto della Madonna si evince quanto fosse radicato l'attaccamento del L. ai modelli gagginiani nella statuaria lignea, spesso pervasa da caratteri devozionali e arcaizzanti. Per la stessa chiesa nel 1639 scolpì in legno, per 39 onze, una Maria Assunta. Nella statua, dai ritmi compositivi più moderni, sono leggibili influssi della scultura marmorea manieristica palermitana in direzione di M. Smiriglio e di G. Guercio (Pettineo, 2001, p. 537). L'8 dic. 1642 il L. si impegnò a realizzare un dipinto su tela raffigurante S. Michele Arcangelo per la chiesa eponima di Tusa, opera attualmente non rintracciata, che testimonia comunque interventi dello scultore in campo pittorico.
Morta la prima moglie l'8 ag. 1639, il 26 apr. 1642 il L. sposò a Cefalù Giuseppa De Martino, appartenente a una facoltosa famiglia locale (N. Marino, in I Li Volsi…, pp. 46 s.). Dal matrimonio nacquero Giacomo, nel 1643, e Giuseppe, nel 1645.
Nel 1644 lavorò per la cattedrale di Cefalù su richiesta del vescovo M.A. Gussio per la messa in opera della decorazione del cappellone maggiore. Il suo intervento riguardò anche il restauro del mosaico di età normanna "nel choro e Titulo" (Marino-Termotto, p. 15 n. 1). Tali lavori nel bema della cattedrale si protrassero poco oltre il 31 ag. 1650 e attestano ancora l'adesione del L. al tardo manierismo qui presente attraverso una straordinaria campionatura di raffinate cornici ed elementi decorativi, fitomorfi e architettonici, in stucco (Filangeri, figg. pp. 179-181).
Il 26 maggio 1660 il sacerdote Francesco Rabeni gli commissionò la statua lignea di s. Nicola (Gangi, chiesa madre), ultimata nell'ottobre 1661. L'opera riprende nella fissità iconica del volto l'immagine di s. Rocco scolpita dal fratello Francesco per la chiesa eponima di Motta d'Affermo, mentre il classicistico panneggio si mostra ancorato ai modelli plastici di Antonello Gaggini (Pettineo, 2001, pp. 538 s.).
A partire dal 1665 scolpì per il coro della chiesa madre di Tusa sei statue in gesso tra cui il Profeta Daniele, S. Giovanni Battista, S. Giuseppe e Re David, quest'ultima per tradizione considerata l'autoritratto del L. (A. Ragonese - G. Ragonese, p. 13). L'ultimo pagamento per tale lavoro si data al 28 febbr. 1668, quando il L. era già morto. Va inoltre riferito al L. un Crocifisso ligneo della chiesa madre di Tusa, identificato con quello di sua proprietà, descritto nel testamento redatto dal notaio L. Tedeschi il 21 dic. 1667 e legato alla citata chiesa. Sulla scorta dello stesso testamento (P. Ragonese, Il testamento di Simeone L. "Sculptor pictorque", in I Li Volsi…, pp. 50-54) e degli inventari dei suoi beni gli è stata attribuita anche una Immacolata lignea della chiesa di S. Giuseppe a Tusa in cui è innegabile il rapporto con la statua di Maria Assunta del 1639. Al L. sono state attribuite anche le statue di S. Sebastiano della chiesa eponima di Caltanissetta e della chiesa di S. Pietro a Tusa; la prima è stata totalmente ridipinta nell'Ottocento.
Alla bottega dei Li Volsi sono inoltre state riferite le decorazioni in stucco delle cappelle del Sacramento e della Madonna di Libera Inferni della chiesa madre di Ciminna (Di Marzo, p. 739) e quelle relative al presbiterio e alla volta della chiesa madre di Collesano e alla cappella dell'Addolorata nella chiesa madre di Isnello.
Il L. morì a Tusa il 23 sett. 1667 e fu seppellito nella chiesa madre in una tomba la cui lapide fu scolpita da lui nel 1650 con iscrizione in cui si definisce "Tusanus sculptor" (A. Ragonese - G. Ragonese, p. 5).
Fonti e Bibl.: I. La Lumia, Palermo, il suo passato, il suo presente e i suoi monumenti, Palermo 1875, p. 160; G. Di Marzo, I Gagini e la scultura in Sicilia nei secoli XV e XVI, I-II, Palermo 1880-83, ad ind.; A. Salomone Marino, L'autore della statua in bronzo di Carlo V, in Arch. stor. siciliano, n.s., XI (1887), pp. 465-470; C. Matranga, Scultura e pittura, in Palermo e la Conca d'Oro, Palermo 1911, p. 300; G. Salvo Barcellona, Gli scultori del Cassaro, Palermo 1971, pp. 244-246; M. Fagiolo - M.L. Madonna, Il teatro del Sole, Roma 1981, p. 71; S. La Barbera Bellia, La scultura della maniera in Sicilia, Palermo 1984, pp. 113, 135 s.; A. Anzelmo, Ciminna. Materiali di storia tra XVI e XVII sec., Palermo 1990, pp. 92-117; A. Ragonese - G. Ragonese, La bottega dei Li Volsi scultori tusani del XVII secolo, Palermo 1990, pp. 3-14; V. Consolo - C. De Seta, Sicilia teatro del mondo, Torino 1990, p. 259; D. Garstang, Giacomo Serpotta e gli stuccatori di Palermo, Palermo 1990, pp. 27-29, 31; C. Filangeri, Note su Tusa e i Li Volsi a proposito delle arti figurative in Sicilia tra XVI e XVII secolo, in Arch. stor. messinese, 1991, n. 57, pp. 120-140; G. Salvo Barcellona, Scritti d'arte. Studi e interventi sulla cultura artistica in Sicilia, a cura di G. Bongiovanni, Palermo 1992, pp. 24-29; A. Virga, S. Sebastiano. Iconografia ed arte in Sicilia, Palermo 1993, p. 27; S. La Barbera, in L. Sarullo, Diz. degli artisti siciliani, III, Scultura, Palermo 1994, pp. 182 s.; N. Marino - R. Termotto, Cefalù e le Madonie: contributi di storia e di storia dell'arte tra XVII e XVIII secolo, Cefalù 1996, pp. 13-19, 21-26; P. Ragonese, La bottega dei Li Volsi, il recupero della memoria, in Il Tabulario tusano, VIII (1996), 6, pp. 2 s., 9 s.; A. Pettineo, Documenti per la bottega dei Li Volsi di Tusa, in Arch. stor. messinese, 1997, n. 72, pp. 41-48; I Li Volsi. Cronache d'arte nella Sicilia tra '500 e '600 (catal.), Palermo 1997; A. Anzelmo, Omaggio alla matrice di Ciminna, Ciminna 1998, pp. 19-21; G. Fanelli, I Quattro Canti di Palermo, Palermo 1998, p. 27; R. La Duca, La strana sorte delle statue in bronzo. L'unica a salvarsi fu quella di Carlo V, in Giornale di Sicilia, 23 febbr. 1999; S. La Barbera, La scultura del Cinquecento, in Storia della Sicilia, IX, Roma 1999, p. 468; A. Pettineo, in Splendori di Sicilia. Arti decorative dal Rinascimento al barocco (catal., Palermo), a cura di M.C. Di Natale, Milano 2001, pp. 536-539; G. Bongiovanni, L. Di Giovanni e un itinerario monumentale di Palermo del 1824, in La critica d'arte in Sicilia nell'Ottocento, a cura di S. La Barbera, Palermo 2003, pp. 103, 105; A. Pettineo - P. Ragonese, Potere, arte e società nella diocesi di Cefalù. La madrice di Tusa: un caso emblematico, Palermo 2003, ad indicem.