SAVOIA, Filippo
di, duca di Nemours. – Nacque nel castello di Bourg-en-Bresse nel 1490, secondogenito di Filippo II conte di Bresse (1443-1497), detto Senza Terra (così soprannominato fin dal 1460 in quanto non era riuscito a ottenere dal duca Ludovico di Savoia l’appannaggio che avrebbe desiderato), sei anni prima che questi diventasse duca di Savoia. La madre era la seconda moglie di Filippo Senza Terra, Claudine de Brosse (1450-1513), figlia del duca di Bretagna, sposata nel 1485.
Precedentemente, nel 1472, il padre si era unito in matrimonio con Margherita di Borbone-Clermont (1438-1483), che gli aveva dato due figli, Luisa e Filiberto. Dalle nozze di Filippo Senza Terra con Claudine de Brosse nacquero, oltre a Filippo: Carlo (il futuro duca Carlo II di Savoia, v. la voce in questo Dizionario), Assalonne e Giovanni Amedeo (morti entrambi in fasce), Luigi (nel 1491 dichiarato prevosto della chiesa del Gran San Bernardo, ma morto poco dopo), e infine Filiberta. Tre rami discesero, così, da suo padre: quello diretto dei duchi di Savoia, dal primogenito Carlo (II come duca di Savoia); quello dei Savoia Nemours, da Filippo; infine il ramo dei Savoia Tenda, da Renato detto il Gran Bastardo (1468-1525), il prediletto dei figli naturali avuti da Filippo Senza Terra, figlio che era stato preventivamente legittimato con diritto di successione in caso di mancanza di altri discendenti diretti.
Capostipite del ramo dei Savoia Genevois Nemours, in quanto figlio cadetto Filippo era stato inizialmente destinato alla carriera ecclesiastica. Fin dal 1494 fu dichiarato protonotario apostolico e prevosto commendatario del Gran San Bernardo. A cinque anni ricevette la nomina dai canonici di Ginevra, confermata da papa Alessandro VI, a vescovo commendatario di quella sede, quarta figura di Casa Savoia a essere nominata alla testa di tale diocesi dopo Pietro (1458-61), Giovanni Luigi (1460-82) e Francesco (1484-90). In quel ruolo, furono suo amministratore il vescovo di Losanna Aimone di Montfalcon, suo procuratore Giovanni Oriole, vescovo di Nizza, e suo vicario generale il canonico di Ginevra Andrea Malvenda. Nel 1504 fu confermato in tale carica anche dal fratello, il duca Carlo II di Savoia. Nel frattempo aveva accumulato altri benefici. A seguito di un viaggio a Roma, in occasione del giubileo del 1500, era stato nominato, infatti, anche abate di S. Giusto di Susa e di S. Pietro di Rivalta (1502).
Destinato per forza maggiore a seguire la via ecclesiastica, per la quale aveva pronunciato soltanto i voti minori, dimostrò presto di esservi disinteressato. Rinunciando agli obblighi e ai privilegi del vescovato (che pure, secondo gli usi del tempo, avrebbe potuto mantenere), iniziò a dedicarsi al mestiere delle armi (al quale fin da fanciullo era stato addestrato) con la partecipazione a una battaglia impegnativa come quella che fu combattuta nel 1509 ad Agnadello, a fianco del re di Francia, in rappresentanza del duca Carlo II di Savoia, coinvolto nella Lega di Cambrai. Da allora prese parte pienamente alla vita politica del Ducato di Savoia seguendo Carlo II nei suoi spostamenti fra Torino, Chambéry e Vercelli, e nel 1514 fu ricompensato dal duca sabaudo con un appannaggio che consisteva nell’investitura della contea del Genevese e delle baronie del Faucigny e di Beaufort.
Le condizioni di tale appannaggio erano quelle già poste dal duca Amedeo VIII a favore del figlio Filippo (1443) e poi dal duca Ludovico a beneficio di Giano, suo terzogenito (1468). L’appannaggio, che era poi ritornato alla Corona per mancanza di discendenza maschile, riguardava un territorio nel cuore della Savoia, con capitale Annecy, antica sede dei conti del Genevese. Il beneficio prevedeva che il conte si impegnasse a non battere moneta, a non ipotecare il fondo, a non entrare in alcuna lega senza il consenso del duca, che conservava il pieno potere sovrano, arruolava i soldati e riceveva il giuramento di fedeltà. Queste clausole erano, tuttavia, destinate a suscitare lunghe polemiche, che terminarono solo nel XVII secolo, quando il feudo tornò sotto il controllo diretto della Corona.
Come conte del Genevese, Filippo ebbe una propria piccola corte o, come si diceva, una «famiglia», composta da un tesoriere, da alcuni segretari, scudieri, dispensieri, uomini d’arme e aiutanti, che lo seguivano nelle varie residenze. Come alleato di Luigi XII di Francia contro il papa e la Lega santa, soggiornò alla corte francese, svolgendo le funzioni di ambasciatore del duca Carlo II di Savoia. Erede presuntivo del Ducato di Savoia fin tanto che Carlo II rimase privo di eredi diretti, beneficiò del fatto che la sorellastra Luisa avesse sposato Carlo di Valois, conte d’Angoulême, padre del futuro Francesco I re di Francia. Dall’inizio del regno di questi, nel 1515, al 1519 svolse ancora funzioni di ambasciatore a Parigi rivestendo una posizione autorevole, dimostrata dalla sua presenza all’entrata solenne della regina Claudia nel 1517 e al battesimo del delfino l’anno seguente.
Non meno importante fu il ruolo di Filippo nella politica interna del Ducato di Savoia. Nel 1515, insignito a Chambéry, in presenza di tutta la corte sabauda, dell’ordine cavalleresco del collare dell’Annunziata, fu nominato luogotenente generale della Savoia, carica che esercitò fino al 1519. Nel 1517 ricevette anche la nomina a luogotenente generale del duca nei territori del Piemonte, e cioè delle «terre al di qua dei monti». Ricoprendo questi incarichi, si occupò di questioni politiche e militari, in particolare nella gestione dei rapporti con Ginevra e nell’organizzazione delle levate di truppe.
L’elezione imperiale di Carlo V modificò la posizione degli Stati sabaudi, avvicinandoli agli Asburgo, cui i Savoia dovevano fedeltà in quanto feudatari dell’Impero. Nel 1520 Filippo fu, di conseguenza, presente all’incoronazione imperiale di Carlo V a Worms, in occasione della quale fu convinto a scortare, a capo di una squadra di lance, l’imperatore nei suoi movimenti nei territori tedeschi per arginare la diffusione del luteranesimo; lo seguì, inoltre, anche in Fiandra e in Spagna. Conteso dalla corte francese di Francesco I, Filippo rimase al servizio imperiale non senza destare le preoccupazioni di Carlo II di Savoia. Nel 1522 ricevette l’ordine di raggiungere Carlo V in missione in Inghilterra presso la corte di Enrico VIII, dove avrebbe dato man forte all’ambasciatore sabaudo inviato dal duca Carlo II, il signore di Châteaufort.
Nel 1523 Filippo ricevette da Carlo V l’investitura del marchesato di Saluzzo, sul quale, tuttavia, non sarebbe riuscito di fatto a esercitare un vero controllo. Dopo la sconfitta francese nel 1525 sui campi di Pavia (dove Filippo era stato presente a fianco delle truppe spagnole, a capo di una squadra di cavalieri giunta con lui dalle Fiandre), negli accordi di Madrid del 1526 il marchesato fu, infatti, restituito agli antichi titolari. Deluso dall’imperatore, che non lo aveva in questo caso sostenuto, tornò a schierarsi con il partito filofrancese, grazie al tramite della sorellastra Luisa, madre del re Francesco I.
Tuttavia, nel 1528, decise di partire ancora una volta dall’Italia per prestare servizio a Carlo V in Spagna. Nel viaggio si trattenne, però, a Parigi, dove il re Francesco I ne combinò le nozze con Carlotta d’Orléans-Longueville (1512-1549), figlia di Luigi d’Orléans duca di Longueville e conte di Neuchâtel e di Jeanne de Hochberg, preziosa alleata dei Cantoni svizzeri. Il matrimonio, celebrato in quello stesso anno presso il castello di Saint-Germain, in presenza della corte del re di Francia, portò a Filippo da parte del sovrano francese una pensione di 60.000 lire tornesi e il titolo di duca di Nemours, insieme con le signorie su Château-Landon, Nogent et Pont-sur-Yonne.
Nemours era nato dall’agglomerato di alcune abitazioni intorno a un oratorio fondato da Gualtiero I, ciambellano di Luigi VII. Eretto in contea dal re Carlo V, era stato innalzato in ducato nel 1404 a favore di Carlo III di Navarra, dal quale era passato agli Armagnac e di nuovo alla Corona di Francia. Nel 1506 ne era stato investito Gastone di Foix (1489-1512), nipote per parte di madre del re Luigi XII di Francia. Alla sua morte, il ducato era rimasto dapprima libero, poi era passato a Giuliano de’ Medici, quindi a sua moglie Filiberta di Savoia, scomparsa nel 1524. Il titolo di duca di Nemours, dichiarato nel 1528 trasmissibile anche alla discendenza femminile (le ultime due sarebbero state Maria Francesca Elisabetta regina di Portogallo, scomparsa nel 1683, e Maria Giovanna Battista, moglie del duca Carlo Emanuele II), ebbe conseguenze importanti per la sua discendenza, trasformandola in uno dei casati fedeli alla Corona francese, coperta di grandi dignità e rendite.
Nello stesso 1528 nacque il futuro duca Emanuele Filiberto di Savoia, interrompendo le speranze di Filippo di succedere al duca sabaudo e accentuandone lo schieramento a favore della Francia.
Filippo morì il 15 novembre 1533 a Marsiglia, durante i grandiosi festeggiamenti per le nozze di Enrico II con Caterina de’ Medici. La salma fu condotta ad Annecy (che divenne da allora luogo di sepoltura della sua famiglia) e posta nella cappella del castello, dove rimase sino alla primavera successiva, venendo poi inumata, il 19 marzo 1534, nella chiesa di Notre-Dame de Liesse.
Lasciò due figli, nati dalla moglie Carlotta: Giacomo (1531-1585), duca di Ginevra e di Nemours, futuro marito di Anna d’Este (1531-1607), e Giovanna (1532-1568), andata sposa nel 1555 a Nicola di Lorena-Vaudémont (1524-1577), duca di Mercoeur. Nel 1534 la vedova, per ordine del duca di Savoia, assunse il controllo sul destino dei figli, ricevendone la tutela e il riconoscimento di un appannaggio. Fino alla sua scomparsa, Carlotta difese tali prerogative e beni. Il figlio trascorse l’infanzia ad Annecy, da dove tuttavia partì per insediarsi presso la corte di Francia, dove intraprese una brillante carriera militare agli ordini del duca di Guisa proseguendo la linea dei duchi di Nemours.
Fonti e Bibl.: G. Claretta, Vita di Maria Francesca Elisabetta di Savoia Nemours, regina di Portogallo, Torino 1865, pp. 9-14; O. Majolo Molinari, F. di S. duca di Nemours, Torino 1938; L. Perrillat, L’apanage de Genevois aux XVIe et XVIIe siècles. Pouvoirs, institutions, societé, Annecy 2006, pp. 65-69.