SAVOIA CARIGNANO, Giuseppina
di Lorena-Armagnac. – Nacque a Versailles il 26 agosto 1753, figlia di Charles-Louis de Lorène, conte di Brionne (1725-1761), grande scudiero del re di Francia Luigi XV, e di Louise-Juliette-Constance de Rohan-Rochefort (1734-1815).
Di spirito curioso e versatile, da alcune note autografe si sa che a dodici anni iniziò una serie di letture di storia greca e romana, disciplina di cui sarebbe rimasta cultrice per tutta la sua breve esistenza, di filosofia antica e moderna e di letteratura. Lettrice del poeta Edward Young, ammirò le opere teatrali di Vittorio Alfieri e non disdegnò di occuparsi anche di scienza in diversi scritti e carteggi con uomini di lettere dell’epoca. Aveva appreso la storia antica dalle opere del noto letterato ed educatore francese filogiansenista Charles Rollin (1661-1741). Studiò inoltre sui testi di storia antica e moderna dell’abate René-Aubert de Vertot d’Auboeuf (1655-1735). Compose diversi scritti (traduzioni, narrazioni storiche, romanzi, pensieri filosofici) senza destinarli alla pubblicazione, ma per soddisfare l’interesse personale verso i temi più in voga.
Significativo del filtro femminile di varie tematiche frequenti nella letteratura settecentesca, se pur modesto letterariamente, è il breve romanzo Les aventures d’Amélie, scritto nel 1771. In queste pagine la protagonista, discendente da un’illustre dinastia di re di Gerusalemme, ammalata, intraprende un lungo viaggio in Oriente accompagnata dal padre, che aveva fatto un voto per la sua guarigione. Finita nel serraglio del re di Persia, Amélie riesce a far innamorate di sé il sovrano, di cui inizialmente aveva rifiutato le profferte, ma che infine accetta di sposare. Rimasta vedova, fugge, con la figlia che le era nata, su una nave mercantile, naufragando su un’isola. Fonda là una colonia composta di sole donne e bambini, regolata da un codice di leggi ispirate alla felicità della popolazione, all’eguaglianza, all’abolizione della proprietà privata, alla sospensione di ogni guerra e a un’equa ripartizione delle ricchezze e del diritto all’istruzione. L’arrivo dei turchi, sbarcati a forza sull’isola, distrugge, infine, l’equilibrio di tale microcosmo utopico.
Quindicenne, la madre le organizzò le nozze con Vittorio Amedeo II di Savoia Carignano, quinto principe di Carignano (1743-1780). Alle trattative avevano preso parte, rispettivamente: come procuratore di casa Carignano il duca Charles de Rohan, principe di Soubise, pari e maresciallo di Francia – che aveva sposato in seconde nozze Anna Teresa di Carignano (1717-1745), sorella del principe Luigi Vittorio di Savoia Carignano, padre dello sposo –, in nome della sposa sua madre e Charles-Emmanuel Quelus, scudiero del re di Francia e tutore onorario della giovane Giuseppina. Il contratto nuziale fu stipulato a Parigi il 29 luglio 1768 e ratificato a Torino il 14 agosto. Le nozze si svolsero prima per procura a Parigi, il 18 ottobre, e poi, con entrambi gli sposi, a Oulx il 3 novembre 1768, officiate dal vescovo di Pinerolo Jean-Baptiste d’Orlié de Saint Innocent. A Torino la coppia fu accolta con festeggiamenti insoliti per le nozze di esponenti del ramo cadetto della dinastia, tanto che lo stesso sovrano, l’anziano Carlo Emanuele III, si recò, eccezionalmente, a palazzo Carignano per partecipare, con l’erede al trono, a una grande festa da ballo. Il 24 ottobre 1770 nacque l’unico figlio della coppia, Carlo Emanuele (v. la voce in questo Dizionario).
A Torino Giuseppina si avvalse, in qualità di maestro d’italiano, dello scrittore e librettista Vittorio Amedeo Cigna-Santi, che occupava tale carica ancora nel 1779. Negli anni Settanta Giuseppina conobbe a Torino l’abate Tommaso Valperga di Caluso, con cui strinse un’amicizia destinata a durare tutta la vita, che fu da costui ripagata con versi, a lei dedicati, che la ritraevano vedova addolorata per la scomparsa del marito, cultrice della poesia petrarchesca, amazzone nelle battute di caccia, principessa in lutto per la morte violenta della cognata, Maria Teresa di Savoia Carignano principessa di Lamballe (v. la voce in questo Dizionario).
Fu in contatto con tutti i principali esponenti dell’ambiente letterario e scientifico subalpino dell’epoca. Nei suoi viaggi in Italia, durante i quali portò con sé spesso il figlio, non mancò di onorare i luoghi più attivi culturalmente nella penisola: incontrò a Milano i fratelli Pietro e Alessandro Verri e Cesare Beccaria, e a Parma, con tutta probabilità, visti i suoi numerosi soggiorni, Paolo Maria Paciaudi e Giambattista Bodoni, il noto incisore d’origine saluzzese che aveva trovato fortuna nella città emiliana. Di quest’ultimo contribuì a diffondere le più importanti edizioni. Nel 1778 si recò a Torino il fiorentino Angelo Maria Bandini, bibliotecario della Laurenziana e della Marucelliana, e Giuseppina fu tra coloro che parteciparono alle dotte conversazioni da lui animate. Nell’estate del 1779 si recò ad Alba per vedere di persona una lapide che era stata scoperta da Giuseppe Vernazza: erano con lei la sorella Carlotta e il cognato.
Rimasta vedova il 20 settembre 1780, mandò il figlio a studiare presso il collegio militare francese di Sorèze, scuola preparatoria per diversi uffici tradizionalmente affidati alla nobiltà. Nell’aprile del 1781 partì per la Francia con la sorella Carlotta e il marito di questa, Camillo di Rohan.
Nella villa che possedeva sul lago Maggiore ricevette diversi nobili lombardi che frequentavano quelle terre. Fra essi era anche il marchese Antonio Molinari, che fu tramite fra lei e Giuseppe Parini. Nel 1790 il poeta lombardo le dedicò un sonetto (Se a me il destin di celebrar contende..., in Parini, 1860, p. 237). Il segretario d’ambasciata e incaricato d’affari a Torino per la corona britannica Louis Dutens (1730-1812), nei suoi Mémoires d’un voyageur qui se repose, inserì un medaglione sulla principessa, ritenendola la sola donna della corte e della città degna di omaggio.
Il palazzo e il teatro Carignano a Torino e il castello di Racconigi restano legati alla memoria della principessa, in quanto ospitarono molte conversazioni letterarie e spettacoli di prim’ordine da lei voluti. Al castello di Racconigi nel 1787 Giuseppina affidò a Giacomo Pregliasco la trasformazione di una parte del parco, facendo allestire un bel giardino all’inglese secondo il gusto dell’epoca. Era quella la residenza prediletta dalla principessa, che vi ospitò numerosi visitatori, organizzando ricevimenti e conversazioni. Negli anni precedenti la sua scomparsa, a Racconigi, ricevette delegazioni di ministri e ufficiali: nel 1793 fu da lei accolto Henry Phipps, conte di Mulgrave (1755-1831), l’ufficiale britannico che si trovava in missione diplomatica presso il re di Sardegna a Torino e che si trovò, in quei frangenti, quando gli inglesi presero il porto di Tolone; nel 1796, l’anno dell’armistizio di Cherasco, il generale francese Charles Leclerc (1772-1802), membro del comitato di guerra, che recò varie lettere a lei indirizzate.
Il 20 novembre 1791 Giuseppina partì da Torino con il figlio; poco prima della metà di dicembre i due erano a Pisa, ai primi di gennaio a Roma, infine a Napoli. E nel febbraio del 1792 Valperga di Caluso componeva un’ode sulla partecipazione della principessa alla caccia al cinghiale, cui era stata invitata da Ferdinando I durante il suo soggiorno napoletano.
Morì pochi anni dopo, il 9 febbraio 1797, a seguito di una dolorosa malattia renale.
Le disposizioni testamentarie erano state consegnate all’abate Valperga di Caluso, che le aveva trascritte a più riprese, siglandole il 29 gennaio del medesimo anno. All’abate la principessa lasciò la propria biblioteca portatile, come pegno del ruolo che egli aveva svolto nell’accostarla ad alcune delle migliori espressioni della cultura del tempo. Nel 1797 Vittorio Alfieri, che non aveva dimenticato l’accoglienza che era stata riservata alla sua prima tragedia al teatro Carignano di Torino, indirizzò allo stesso Valperga di Caluso un sonetto sulla morte della principessa («Dunque fia ver, Tommaso mio, soggiacque / A morte acerba irta d’atroci affanni / Quella, il cui Spirto alteramente nacque / per scorrer l’etra co’ suoi propri vanni?...», in Alfieri, 1954, p. 243). Fu sepolta nel duomo di Torino, fino al 1816, quando, sotto il regno di Vittorio Emanuele I, la sua tomba fu traslata nella Basilica di Superga.
Fonti e Bibl.: I manoscritti di Giuseppina (romanzi, pensieri, massime, lettere, componimenti poetici, appunti di viaggio) sono conservati presso la Biblioteca Reale di Torino in due cassette segnate Varia 176, 1 e 2, con 27 buste complessive. L’indice sommario delle carte, che furono offerte nel 1841 al re Carlo Alberto dalla contessa Eufrasia di Masino, vedova dell’ultimo maschio del ramo primogenito, si trova in Gasperoni, 1938, pp. 96-103. Tali documenti sono stati pubblicati parzialmente in G. di Lorena Carignano, Scelta di inediti, a cura di L. Ricaldone, Torino 1980, e in Ead., Réflexions sur le suicide, a cura di L. Ricaldone, in Il «genio muliebre». Percorsi di donne intellettuali fra Settecento e Novecento in Piemonte, a cura di M. Cerniti, Alessandria 1993, pp. 4-21. Da segnalare il breve romanzo Les aventures d’Amélie (1771, Biblioteca Reale di Torino, Varia 176, scatola 2, b. 12), pubblicato a stralci, in traduzione italiana, a cura di L. Ricaldone, in Salvo imprevisti, 1978, n. 14-15, pp. 4-10.
G. Parini, Versi e prose. Con un discorso di Giuseppe Giusti intorno alla vita e alle opere di lui, Firenze 1860, p. 237; G. Gasperoni, G. di L. principessa di C., Torino 1938; V. Alfieri, Rime, a cura di F. Maggini, Asti 1954, p. 243; L. Ricaldone, Tre lettere inedite di G. di L. C., in Studi piemontesi, XII (1983), 2, pp. 428-432; Ead., La scrittura nascosta. Donne di lettere e loro immagini tra Arcadia e Restaurazione, Paris 1996, pp. 160-170; Ead., Un naufragio felice: L’île di G. di L. C., in Italies, 1998, n. 2, pp. 135-143; Ead., Un’utopista nel Piemonte della seconda metà del Settecento: G. di L. C., in Geografie e genealogie letterarie. Erudite, biografe, croniste, narratrici, épistolières tra Sette e Ottocento, a cura di L. Chemello - L. Ricaldone, Padova 2000, pp. 193-212; M. Benente, Josephine: la vita, in Josephine: il ritratto, a cura di M. Macera, Racconigi 2006, pp. 7-14.