SAVINI, Savino
– Nacque a Bologna il 1° ottobre 1813 da Carlo Antonio e da Teresa dei conti Carati.
La famiglia apparteneva al milieu notabilare di tendenze napoleoniche. Il padre diresse altresì la polizia durante l’occupazione austriaca delle Legazioni, per poi apparire nel 1831 fra i capi liberali: prefetto di Bologna nel marzo, nella seconda metà dell’anno e fino alla repressione pontificia del gennaio 1832, fu intendente generale della guardia civica e dunque assunse un ruolo strategico nella difficile stabilizzazione del regime pontificio.
Savino si laureò in matematica nel 1838, anno in cui morì il padre. Nel 1837 aveva sposato Teresa Mondini, figlia di Francesco, illustre medico che gli dischiuse le porte dell’élite cittadina. Nonostante gli studi, tuttavia, il giovane s’era già indirizzato verso le lettere. Nel 1831, durante la rivoluzione, aveva incrociato Gustavo Modena, presente a Bologna con la sua compagnia, al quale aveva sottoposto senza successo una sua acerba pièce. Maggiori consensi avrebbero invece riscosso alcuni testi successivi – Dada (1851), Emma Liona (1852), Nuovo Caino (1855) – che gli avrebbero consentito di stringere rapporti con il mondo dello spettacolo, del giornalismo e degli artisti. Nel 1839 pubblicò a Bologna un’interessante Memoria sopra una statistica de’ viaggiatori, che rappresentava una sorta d’incunabolo degli studi sulla mobilità e sul primo turismo.
La notorietà giunse all’inizio degli anni Quaranta, quando ottenne dall’autorità costituita la concessione di pubblicare un giornale letterario, La Parola, che durò dal 1841 al 1844. Le carte di polizia del 1841 lo descrivevano come un «giovane ignorante e presuntuoso» (Natali, 1956, p. 84), legato al mondo fourierista locale. «I Censori ecclesiastici del S. Uffizio non si sono peranco accorti che la filantropia di questo giornale non è quella del Vangelo, ma nasconde quella di una nuova scuola politica», propugnante «una nuova legge agraria ideata dai moderni Gracchi» (p. 84). In realtà, La Parola era un foglio non certo infiltrato da idee sovversive e tantomeno dal comunismo agrario, ma Savini scontò le relazioni d’amicizia con uomini dell’ala radicale del liberalismo felsineo, quali Giuseppe Galletti e Giuseppe Camillo Mattioli. Le idee di Savini attingevano al generico bacino di suggestioni in favore dell’indipendenza e della nazionalità, benché non declinate in senso esplicito: la radice familiare, la frequentazione di Galletti, Mattioli, Livio Zambeccari, la corrispondenza con Giovan Pietro Vieusseux, con Giuseppe Massari, con Filippo De Boni, lo inserivano di fatto nella folta schiera d’intellettuali e patrioti attivi nella costruzione di una prima opinione pubblica italiana. Non a caso Savini frequentò i congressi degli scienziati – Firenze (1841), Padova (1842) e Milano (1844) – e funse da raccoglitore di notizie e documenti tanto per De Boni, quanto, dai primi del 1847, per Giuseppe Massari, che aveva fondato a Torino Il mondo illustrato. Anche con Vieusseux, fra il 1846 e il 1847, i contatti furono assidui: Savini avrebbe voluto assecondare progetti editoriali o associativi, come la fondazione di una Società drammatica italiana (maggio 1847), che si persero nel turbine di quei mesi intensi, segnati dall’entusiasmo per le riforme di Pio IX. Sul finire di marzo del 1848 fu al seguito della colonna Zambeccari, prima a Modena e poi, quale probabile emissario dei liberali bolognesi più avanzati, a Parma e a Milano, dove firmò, con De Boni e Mazzini, un appello a quel governo provvisorio per supportare l’iniziativa dei Cacciatori dell’alto Reno (14 aprile 1848). Tornato in patria, si prodigò con scarso successo per trattenere sul fronte del Po le truppe napoletane.
Divenuto agitatore politico, in seguito al fallimento della guerra sabauda e al ripiegamento di Pio IX su sponde tradizionali, si radicalizzò come molti della sua generazione. Alla fine di novembre scrisse lo statuto per il Circolo popolare bolognese, la cui epigrafe eloquente era il motto mazziniano ‘Dio e il Popolo’, sia pure declinato in senso cristiano, e partecipò attivamente alla pressione che i gruppi di idee più avanzate delle Legazioni, delle Marche e dell’Umbria esercitarono sulla Dominante, nel caos seguito alla fuga di Pio IX a Gaeta, per indire un’Assemblea costituente. Fu quello, probabilmente, l’inizio delle sua breve, ma intensa stagione militante, concentrandosi le attenzioni dei principali capi democratici italiani sui circoli dello Stato romano che avevano in pugno la possibilità d’ipotecare le scelte istituzionali future in senso locale, federalista o schiettamente unitario. Eletto a gennaio alla Costituente romana nel novero della componente più progressiva, con Quirico Filopanti, Giuseppe Galletti, Livio Zambeccari, si orientò verso l’idea di un’Assemblea in grado di rappresentare l’intero patriottismo italiano e partecipò alla storica seduta dell’8-9 febbraio, che proclamò la Repubblica. Un mese più tardi, quando Mazzini giunse a Roma, ebbe funzioni di collegamento fra i deputati, i ministri e il triumvirato. Si strinse in quei mesi il rapporto con Mazzini, che tuttavia non si tradusse in una scelta politica democratica definitiva, come sarebbe accaduto nel caso di Aurelio Saffi. Caduta la Repubblica, assistette allo sfacelo del patriottismo; costretto ad andare esule, si rifugiò inizialmente a San Marino, dove fu spettatore nell’estate del 1849 dello scioglimento della colonna di Garibaldi. Passò poi in Toscana, a Prato, dove risiedette fino all’ottobre del 1850. Grazie ai buoni uffici dei conti Gozzadini e di Vieusseux, riparò quindi a Torino (1851), dedicandosi, oltre al prediletto teatro, all’insegnamento di filosofia e matematica nelle scuole di Bobbio, Cherasco, Carmagnola, Torino e Vigevano, fra 1851 e 1852, 1856 e 1857: vita stentata e dura, che lo allontanò parzialmente da attività editoriali e letterarie. Nel 1858 riuscì a collaborare, presso l’editore Pomba, alla redazione del cantiere del Gran dizionario della lingua italiana di Niccolò Tommaseo. Nel 1859, in maggio, scrisse al generale Girolamo Ulloa per aggregarsi alle forze toscane filopiemontesi, ma i suoi tentativi andarono tutti frustrati, forse per la diffidenza residua che i suoi trascorsi repubblicani ancora suscitavano presso l’élite cavouriana. In realtà, non era mai stato un democratico schietto, piuttosto un moderato dalle venature radicaleggianti in taluni momenti della sua vicenda personale. Neppure Marco Minghetti lo volle con sé a Bologna, durante il governo provvisorio. Solo il vecchio amico Ulisse Bandera, divenuto direttore di polizia nel capoluogo felsineo, riuscì a trovare per lui un incarico di vicerettore all’Università, che tuttavia Savini non ricoprì mai.
Morì, infatti, a Bologna il 5 settembre 1859, a due mesi appena dal rientro in città.
Opere. Oltre ai testi citati, si segnalano: Studi drammatici, Bologna 1837; Dell’aiuto che si debbono reciprocamente le Università italiane, Firenze [1841]; Francesco Mondini, Bologna, [1844]; Salomone di Caux o scienza nuova e povera. Dramma storico in tre atti, Venezia 1845; Costituzioni della Società drammatica nazionale italiana. Progetto, Bologna 1847; Notizie biografiche del conte Francesco Zambeccari bolognese, Torino [1847]; Circolo popolare bolognese. Statuto, Bologna 1848; Discorso pronunziato dal vice presidente S. S. al Circolo Popolare di Bologna nella seduta del 26 nov. 1848 (foglio volante, Bologna 1848); Il confidente. Dramma in tre atti, Torino 1851; Dada, in P. Giacometti - S. Savini, La donna. Commedia in tre atti con prologo. Dada. Fantasia drammatica in tre atti, Torino 1851; Una mosca bianca. Bizzarria in quattro parti, Torino [1851]; A. Lozzi, Emma Liona. Dramma storico-politico ed essodio di S. S., Torino 1852; Nuovo Caino. Dramma in tre atti, Milano 1855; Il conte Got, Torino 1858.
Fonti e Bibl.: Il principale giacimento archivistico si trova a Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Fondo speciale Carlo Antonio e Savino Savini (12 bb.); Bologna, Biblioteca del Museo civico del Risorgimento, Manoscritti, Posizione Savino Savini; necr., G.C. Mattioli, Necrologia di S. S., Bologna 1859.
G. Natali, I costituzionali bolognesi e la Repubblica Romana del 1849, Bologna 1949, ad ind.; Id., Un patriota bolognese nel Risorgimento: S. S. (1813-1859), in Bollettino del Museo del Risorgimento di Bologna, I (1956), 1, pp. 82-101; C. Pepoli, Quattro lettere a S. S., ibid., pp. 102-105; G. Natali, Memorie su la Repubblica Romana di S. S., ibid., II (1957), 2, pp. 64-90; A. Cottignoli, Ottocento inedito. S. S. e la Rivista europea (con lettere del Tenca e del Correnti), in Strenna storica bolognese, XXXIV (1984), pp. 109-117. Sul padre Carlo, durante il delicato passaggio del 1814: S.C. Hughes, Crime, disorder and the Risorgimento. The politics of policing in Bologna, Cambridge 1994, pp. 23-28.