SARS (sigla dell’ingl. Severe Acute Respiratory Syndrome)
Sindrome respiratoria acuta severa, forma atipica di polmonite originata da un agente patogeno denominato SARS-CoV, virus appartenente alla famiglia dei Coronavirus.
L’infezione da SARS-CoV è caratterizzata da un periodo di incubazione di 2÷7 giorni. Nella fase prodromica della malattia sono presenti sintomi di tipo simil-influenzale. Durante la prima settimana della fase acuta la sintomatologia è costituita da febbre, malessere, mialgia, mal di testa, irrigidimento. Durante la seconda settimana sono presenti anche tosse secca, dispnea, diarrea. Nei casi più gravi si sviluppano rapidamente segni di stress respiratorio e di desaturazione di ossigeno. Nel 20% dei casi è necessaria una terapia intensiva, nel 70% dei casi è presente diarrea, caratterizzata dall’eliminazione di ampi volumi di liquidi e assenza di sangue e muco. Il massimo livello di infettività è probabilmente presente nella seconda settimana. Il tasso di mortalità, in base a quanto riportato negli studi clinici effettuati durante i principali episodi epidemici, è variabile. Sono stati osservati valori dallo 0% a più del 50%, con tasso medio dell’11%. I segni clinici che permettono di differenziare la SARS dagli altri casi di polmonite community acquired sono essenzialmente i reperti radiografici, la presenza di linfopenia, l’assenza di risposta alle usuali terapie antimicrobiche e in generale l’esito più grave della malattia. Come possibili trattamenti vengono attualmente indicati quelli a base di corticosteroidi e di antivirali, in aggiunta all’applicazione di mezzi meccanici di ausilio respiratorio.
La scoperta che un nuovo Coronavirus è la causa di una sindrome respiratoria di considerevole gravità è un esempio dell’attualità della tematica riguardante l’emergenza delle malattie virali. Le infezioni da Coronavirus rappresentano circa il 30% di tutte le infezioni delle alte vie respiratorie nell’uomo e generalmente causano malattie di lieve entità. Gli studi effettuati hanno dimostrato che nel periodo antecedente all’epidemia non erano presenti anticorpi contro questo nuovo virus nelle popolazioni umane e animali residenti nelle aree geografiche interessate. Dalla fine del 2002 a luglio 2003, importanti episodi epidemici si sono verificati a Hanoi, Hong Kong, Toronto e Singapore. La risposta dell’OMS, attraverso le organizzazioni locali e una dozzina di laboratori in tutto il mondo, è stata molto rapida e per la prima volta è stato dichiarato lo stato di allerta globale. Prontamente è stata elaborata la definizione di caso clinico ai fini della notifica dei casi di malattia e per la valutazione dell’entità dell’epidemia e della sua distribuzione geografica. Sono state approntate le necessarie ricerche volte all’identificazione dell’agente causale e sono state fornite le linee guida sulle misure da adottare negli spostamenti delle persone e in merito alla definizione dei casi nei quali applicare le misure di quarantena. All’inizio di luglio 2003 l’OMS ha reso noti dati che indicavano come il numero dei casi fosse in declino e l’epidemia sotto controllo. Gli sforzi attuali mirano sia all’interruzione del ciclo di trasmissione, sia a evitare che l’infezione divenga endemica, particolarmente nelle regioni della Cina dove si è verificato il maggior numero di eventi e dove è possibile che un serbatoio animale del virus sia tuttora presente.