SARMATI (Σαρμάται, Σαυρομάται, Sarmăti, Sauromăti)
Popolazione di schiatta iranica affine agli Sciti. Erodoto conosce i sauromati abitanti la Russia meridionale a oriente del Don. La leggenda greca li considerava nati da sciti e da Amazzoni, e in tal modo spiegava l'affinità con gli Sciti e le abitudini guerriere delle donne. La tribù più importante e forse piò ellenizzata sembra essere stata quella degli Iazamati, già ricordata in Ecateo. Dalla seconda metà del sec. IV a. C. si hanno le prime tracce dei Sarmati, che diventano però chiare solo nel sec. II a. C.: Polibio testimonia un regno di Sarmati per il 179 a. C. fra il Don e il Dnepr. Degli antichi alcuni tengono distinti i Sarmati dai sauromati, i più li identificano. Le moderne ricerche dimostrano che i Sarmati sono una popolazione ugualmente iranica venuta a sovrapporsi ai Sauromati per una lenta emigrazione dal centro dell'Asia: resta incerto se la sostanziale comunanza di nome sia comprova dell'affinità originaria o derivi dalla più tarda sovrapposizione; ed è pure incerto se taluno dei gruppi di tribù, in cui i Sarmati si suddividevano, possa più direttamente ricollegarsi con i Sauromati (si allude in special modo agli Iazigi in confronto ai citati Iazamati). Alla fine del sec. II a. C. all'incirca, gli Iazigi erano già arrivati tra Dnepr e Danubio, i Rossolani (v., App.) tra Don e Dnepr, dove ebbero poì da combattere con Mitridate Eupatore: gli Sciti di queste regioni erano in parte assimilati, in parte fatti schiavi, o circoscritti in taluni territorî (per es., Crimea). Un gruppo più orientale, con alla testa gli Aorsi e i Siraci, stava fra il Don, il Mare di Azov e la valle del Kuban. Che tutti questi gruppi emigrassero dall'Asia e probabilmente avessero già costituito un potente stato nomadico intorno al Lago di Aral è indicato, oltre che dai reperti archeologici, anche da taluni accenni delle fonti cinesi. Nel sec. I d. C. gli Aorsi spariscono a vantaggio della tribù degli Alani, per la prima volta ricordata da Flavio Giuseppe all'anno 35 d. C., la quale diventa la più potente. La pressione degli Alani sui Rossolani dovette far sì che questi ultimi alla loro volta spingessero gli Iazigi a cercare nuova sede nel territorio dacico fra il Danubio e il Tibisco, dove staranno per secoli. I Rossolani così arrivarono fino al Basso Danubio in lega con Daci e Bastarni. Invece i Siraci premevano sul regno bosforano e gli Alani specialmente sulla Partia e sulla provincia romana di Cappadocia. Il pericolo sarmatico si manifestò forte per i Romani durante il governo di Nerone. Contro i Sarmati occidentali combatté Plauzio Silvano governatore della Mesia circa il 62 d. c.; Nerone poco dopo progettava una spedizione contro gli Alani non realizzata. Contro i Sarmati del Danubio ebbero da fare Domiziano e più gravemente ancora Marco Aurelio durante la guerra marcomannica: Marco Aurelio è appunto il primo ad assumere il titolo di Sarmatico, poi abbastanza comune tra gl'imperatori del sec. III e IV a testimomanza di lotte altrimenti poco o nulla note. Meno grave fu per l'impero nei primi due secoli la minaccia degli Alani a est. Vespasiano rifiutava di intervenire circa il 75 d. C. quando gli Alani irrompevano nel regno partico fino in Media senza durature conseguenze. Nel 134, al tempo di Adriano, una nuova invasione coinvolgeva la provincia di Cappadocia, ma era agevolmente respinta dal governatore, lo storico Arriano, che ne ha lasciato memoria in apposito scritto. È importante nei primi due secoli la penetrazione lenta di questo elemento iranico, insieme con il tracico, nelle città greche della Russia meridionale ora pacificamente, ora per guerra: se noi udiamo parlare l'ultima volta dei Siraci nel 193 a. C., appunto per una lotta contro il regno bosforano, è altrettanto interessante il nome iranico del re del Bosforo, Sauromate II.
Siraci e Rossolani devono essere stati assorbiti a poco a poco dagli Alani. Alla loro volta questi dovettero riconoscere la supremazia delle tribù germaniche, in specie dei Goti, venutasi affermando nella Russia meridionale durante il sec. III; ma seppero conservare prestigio e fisionomia propria, sicché la loro potenzialità guerriera ne fu accresciuta. Verso la fine del sec. IV una parte degli Alani fu sottomessa dagli Unni, un'altra, trapiantata da Graziano in Pannonia, migrò in Occidente in quella celebre ventura per Gallia e Spagna con Vandali e Svevi che si concluse con la fondazione del regno vandalico in Africa (v. Vandali, XXXIV, p. 966), dove gli Alani ebbero una situazione di privilegio. Gli Iazigi, ultimi rimasti autonomi, compaiono probabilmente ancora come i Sarmati vittime di una ribellione dei loro schiavi al tempo di Costantino; questi Sarmati cercarono rifugio nell'impero e furono distribuiti in varie regioni, poi da Costanzo furono in parte ricondotti alla loro sede presso il Tibisco. Un'estrema traccia di Sarmati in Occidente si ha ancora in Paolo Diacono per il tempo di Alboino, ma nel complesso essi spariscono dalla storia occidentale come i Vandali.
I ricordi nella toponomastica sono scarsi (per es., Alençon). Restano fino ad oggi rappresentanti degli Alani nel Caucaso con gli Osseti; ed Alani erano ancora in Crimea nel sec. XIII.
I Sarmati sono stati sempre nella maggioranza nomadi, guerrieri e pastori, verosimilmente ordinati a monarchie feudali, come gli altri Irani. L'aristocrazia costituiva la cavalleria catafratta circondata da arcieri armati alla leggiera. I cavalli saimatici (alani) erano celebri. La vita nomadica rende difficile scoprire le tracce archeologiche, salvo nelle tombe, dalle quali sono documentati il gusto per la policromia, spesso con uso di incrostazioni di varie pietre preziose, e il contributo allo svolgimento e alla diffusione dello "stile animale" portato dall'Asia. Della ginecrazia sospettata fra i Sauromati per le donne guerriere non c'è traccia fra i Sarmati.
Il termine geografico "Sarmazia" ha oscillato naturalmente secondo le vicende dei sarmati e secondo le interpretazioni dei singoli scrittori. Per Tolomeo i confini erano a O. la Vistola (verso i Germani), a N. il mare e "la terra ignota", a E. il Volga e il Mar Caspio, a S. una linea che partendo dall'estremità meridionale dei Monti Sarmatici (parte degli odierni Carpazî) per la foce del Dnepr correva lungo il Mar Nero e lasciava fuori la Crimea.
Bibl.: K. Müllenhoff, Deutsche Altertumskunde, III, Berlino 1892; M. Rostovtzeff, Iranians and Greeks in South Russia, Oxford 1922, p. 113 segg.; id., Skythien und der Bosporus, I, Berlino 1931 ;id., Cambridge Ancient History, XI (1937), pp. 91 segg., 874-76 (ivi bibliografia).