SARACENI
. Nome col quale nel Medioevo cristiano europeo sono stati designati genericamente gli Arabi. Il vocabolo, con questa accezione, è del tutto ignoto alla tradizione storica e letteraria degli Arabi stessi: la sua più antica attestazione (prescindendo da due passi di Dioscuride e di Plinio il cui testo è controverso) si ha nella geografia di Tolomeo e più tardi presso Stefano di Bisanzio, il quale peraltro risalirebbe agli di Uranio, e quindi all'età ellenistica. Comunque sia, presso gli autori più antichi il nome di Saraceni (Σαρακηνοί) non designa l'intero popolo arabo, ma soltanto una popolazione stanziata sulle coste del golfo di 'Αραβικά Aqaba, nella parte meridionale della penisola del Sinai. Insieme con essi e come loro vicini sono spesso menzionati i Taoeni (Ταενοί), i quali s'identificano facilmente con la grande tribù (ben nota alla tradizione indigena) dei Ṭayy': e come il nome di questi, che confinavano con le regioni abitate dai Siri, ha assunto in siriaco il significato generale di "Arabi" (che dal siriaco si è trasferito al persiano e di là fino al cinese), così il nome dei Saraceni, il cui uso si fa frequente negli scrittori dei due ultimi secoli dell'età antica, finì col designare l'intera stirpe degli Arabi nomadi; con un processo di estensione parallelo a quello che ha esteso, nel latino, il significato di Graeci e, nel francese, quello di Allemands. La tribù antica dei Saraceni sopravviverebbe tuttavia, secondo alcuni, negli odierni Sawāriqah (forma di plurale che presuppone un singolare Sāriqī), stanziati sulla costa del Mediterraneo a E. del Sinai. Non manca tuttavia (così ancora A. Musil, The Northern Ḥeǧâz, New York 1926 pp. 311-12) chi mantiene l'antica etimologia da sharqī "orientale", termine col quale gli Arabi del deserto settentrionale designano tuttora i nomadi razziatori (appunto perché le regioni desertiche, dove hanno sede le tribù dedite al brigantaggio, si trovano a oriente della zona coltivata); e tale etimologia, che mette in rilievo il carattere di predoni dei nomadi, concorda nel senso con l'altra, che ebbe fortuna in passato, secondo cui Saraceni deriverebbe dal verbo saraqa "rubare". Sennonché l'una e l'altra sono insostenibili, in quanto non tengono conto che l'appellativo di "Saraceni", in questa accezione, non si trova nella lingua araba.
Un semplice scherzo etimologico di San Girolamo, secondo il quale i Saraceni meriterebbero piuttosto di chiamarsi "Agareni", quali discendenti da Agar concubina di Abramo e non da Sara sua moglie legittima, ha accreditato nella letteratura latina medievale il termine Agareni come sinonimo di Saraceni. Tuttavia tale correzione pseudo-erudita non ha mai avuto fortuna nell'uso popolare; mentre diffusissimo, come si è detto, è l'uso di "Saraceni", il quale è entrato, tra l'altro, come elemento di nomi comuni, quale p. es. "grano saraceno" ecc. Sarrazins chiama comunemente la poesia epica francese gli Arabi di Spagna, e da essa il termine è penetrato nella poesia cavalleresca italiana; "Saracini" sono, per tutto il Medioevo, gli Arabi, anzi i musulmani tutti, coi quali la cristianità ebbe a combattere durante le Crociate (v., p. es., Dante, Inf., XXVII, 87: "e non con Saracin né con Giudei").
In significato più ristretto s'indicano col nome di Saraceni quei nuclei di Arabi, provenienti dall'Africa settentrionale, i quali, dopo l'occupazione della Sicilia, nel sec. IX e X, fecero spedizioni e stabilirono stazioni militari lungo le coste dell'Italia meridionale, della Liguria e della Provenza (famosa tra tutte quella di Frassineto; v.), spingendosi, in cerca di bottino, fino ai valichi alpini e in Svizzera.
Bibl.: B. Moritz, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I A, coll. 2388-90; J. H. Mordtmann, in Encyclopédie de l'Islam, IV, 181; M. Amari, Storia dei musulmani di Sicilia, 2ª ed., Catania 1933-35, I, 187 e passim.