LEVI, Sara
Nacque a Pesaro il 7 dic. 1819 da Angelo, commerciante, e da Ricca Rosselli che lo aveva sposato in seconde nozze. Rimasta orfana di madre quando aveva 11 anni, alla prima istruzione ricevuta in famiglia aggiunse gli studi da autodidatta, che coltivò dopo essere stata affidata a due anziane signore di Modena. I riti della religione ebraica su cui era stata formata da piccola non sembra che fossero da lei particolarmente praticati al raggiungimento dell'età adulta: "Israelita d'origine, ebbe solo la fede inalterata e profonda nel Dio dell'umanità", si leggerà dopo la sua morte nel necrologio dedicatole dal giornale romano Il Dovere da lei stessa fondato. E però sembra che per sottrarla al pericolo di una conversione forzata al cattolicesimo il padre la mandasse a Livorno, presso i parenti materni; qui nel 1836 conobbe Meyer Moses Nathan, un ebreo di Francoforte che si era stabilito a Londra per lavoro (nel 1850 vi avrebbe ottenuto la naturalizzazione inglese). Agente di cambio versato nelle speculazioni di borsa, viveva di affari, "il che vuol dire or ricco or quasi povero" (White Mario, p. 4): chiesta in moglie la L., la sposò a Livorno il 29 maggio 1836 e la portò con sé a Londra, dove la coppia mise al mondo dodici figli (nove dei quali maschi). Ciò costrinse per molti anni la L. a una vita tutta domestica; e se anche qualche biografo afferma che già nel 1837 lei conobbe G. Mazzini esule a Londra e ne divenne fervente seguace, in realtà i primi contatti epistolari tra i due, attestati nel 1848, pur alludendo all'eventualità di una collaborazione della L. alla raccolta di fondi a sostegno dell'attività mazziniana, sono contrassegnati da una buona dose di formalismo, proprio di una conoscenza superficiale avvenuta tramite relazioni comuni (in questo caso Pellegrino Rosselli, un cugino della L. per più aspetti legato a Mazzini).
In mancanza di qualcosa di più concreto, è proprio questo inizio così tardivo della loro frequentazione a rendere risibile l'affermazione - che qualche storico ha ripreso da pettegolezzi coevi - che Mazzini sarebbe stato il padre di uno dei figli della L., Ernesto Nathan, il futuro sindaco di Roma nato a Londra nel 1845; allo stesso modo, parlare di "amore non necessariamente platonico" tra la L. e Mazzini (Luzzatto, p. 10) senza disporre di elementi concreti appare non necessariamente credibile e anche un po' banale. Del resto il rapporto tra i due impiegò del tempo prima che, dall'iniziale scambio di cortesie e buone maniere, si passasse, a metà anni '50, a una più continua presenza della L. (che tutti chiamavano Sarina) nelle iniziative benefiche mazziniane e nelle varie raccolte di fondi a sostegno delle attività cospirative. Col passar degli anni Mazzini tese a responsabilizzare sempre più la L., riponendo in lei la massima fiducia e mettendola al corrente di tutti o quasi i suoi vani tentativi di indirizzare la democrazia italiana verso un coerente impegno antimonarchico: fu allora che la L. divenne una delle sue corrispondenti più assidue e, sul finire della vita di Mazzini, la sola depositaria dei suoi sfoghi e dei suoi piani, compresi quelli per la lotta armata.
La L. aveva abbracciato la dottrina mazziniana soprattutto per i suoi contenuti di elevazione morale, nella convinzione che la tensione educativa che la contraddistingueva fosse anche più importante di quella più propriamente rivoluzionaria. Salda nei suoi principî, tra i quali spiccavano il concetto della vita come missione e il senso religioso dell'esistenza umana (da cui scaturirà il forte antimaterialismo della vecchiaia), pensava che la soluzione del problema nazionale italiano passasse anche attraverso una crescita intellettuale e spirituale del singolo, in particolare della donna, la cui posizione subalterna nella società sarebbe cambiata solo grazie a un processo di rinnovamento collettivo. Nel 1857, quando Mazzini le presentò uno dei suoi collaboratori più fidati, M. Quadrio, la L. lo scelse come istitutore di alcuni dei suoi figli per essere sicura che l'etica mazziniana fosse alla base della loro formazione.
La morte prematura del marito, avvenuta nel 1859, mentre lasciò la L. erede di una ricca sostanza, la determinò a tornare in Italia nell'autunno dello stesso anno e a stabilirsi a Firenze, per poi passare nel 1862 a Milano. In piena sintonia con Mazzini, non accettò la conclusione monarchica del processo di unificazione e, su sua istruzione, agì da mediatrice nei confronti di G. Garibaldi che lei cercò invano di riportare in un'orbita più decisamente repubblicana, dicendosi certa, in una lettera del 19 ag. 1862 allo stesso Garibaldi, che "la Patria è salva se sono uniti i due uomini che l'Italia ama e stima al di sopra di tutti" (Museo del Risorgimento, 1915). Attraverso lei, inoltre, passavano molte delle somme di danaro che il Partito d'azione, e più tardi l'Alleanza repubblicana universale, destinavano all'acquisto di armi e alla promozione delle attività insurrezionali.
Gli spostamenti continui e i contatti con l'opposizione repubblicana non tardarono ad attirare su di lei l'attenzione della polizia; allora, per sottrarsi alla sorveglianza, la L. si spostò a Lugano, dove nel 1865 acquistò una villa che dal nome del suo precedente proprietario era chiamata La Tanzina: oltre a essere luogo di rifugio e di riunione per molti fuorusciti italiani, divenne un punto in cui convenivano di tanto in tanto i nomi più autorevoli dell'opposizione repubblicana, da C. Cattaneo ad A. Bertani, oltre naturalmente a Mazzini e a Quadrio. Fu appunto nella sua villa che Mazzini, ospite a Lugano per qualche mese, mise a punto i piani per i tentativi insurrezionali del 1869 nel Norditalia, nella cui attuazione ebbe parte anche un figlio della L., Giuseppe, che poi pagò con il carcere il proprio coinvolgimento nella trama cospirativa.
Alla scomparsa di Mazzini, avvenuta il 10 marzo 1872 a Pisa in casa di una delle figlie della L., questa, che lo aveva generosamente assistito nel lungo decorso della malattia, assunse subito un ruolo di primo piano nella trasmissione ai posteri del suo pensiero civile. Già durante i funerali di Mazzini ci fu chi notò come lei e la moglie di A. Saffi avessero monopolizzato il feretro impedendo ad altri di accostarvisi (è anche vero, però, che non si tenne minimamente conto della sua opposizione alla proposta di imbalsamare la salma). Era il segnale della custodia gelosa del pensiero mazziniano che la L. avrebbe esercitato nel decennio successivo perché non se ne alterassero i caratteri e, soprattutto, perché all'interno del movimento repubblicano nessun cedimento intervenisse a indebolire il rifiuto totale di un regime, come quello monarchico, delegittimato agli occhi degli intransigenti dalla mancata convocazione dell'Assemblea costituente all'indomani dell'Unità. Tutto ciò che la L. fece dopo il 1872, quando prese residenza a Roma, nacque da questa esigenza, che proprio per essere di principio trasferiva sul piano della propaganda e della predicazione la carica eversiva che un tempo era stata propria del mazzinianesimo. Perciò strumento principe di formazione divennero i giornali, che la L. sostenne con notevole sforzo personale, prima finanziando l'Emancipazione di Quadrio, poi, dopo la morte di questo nel 1876, contribuendo in maniera decisiva, nel 1877, alla nascita del Dovere, un quotidiano romano che ebbe nella sua redazione personaggi come E. Pantano e A. Fratti, gli stessi uomini che animavano con una passione non sempre premiata dai risultati la vita dei vari circoli e associazioni della capitale dove, nelle ricorrenze canoniche del 9 febbraio e del 10 marzo, continuava a risuonare la parola di Mazzini.
Strumento di formazione fu anche la Scuola G. Mazzini, che la L. volle fondare nel 1873 (secondo la testimonianza di Quadrio le lezioni ebbero inizio il 10 marzo) con l'intento di onorare la memoria del maestro con qualcosa di più efficace di un monumento, e cioè fornendo gratuitamente alle bambine di Trastevere oltre all'istruzione elementare anche un'educazione profondamente radicata nell'etica mazziniana quale era stata fissata nei Doveri dell'uomo.
Per molti versi l'istituzione ricordava la scuola aperta da Mazzini a Londra a favore dei figli degli operai italiani; ma era decisamente propria della L. e della sua fede nel processo di emancipazione della donna l'idea che l'insegnamento andasse rivolto alle fanciulle di uno dei rioni romani più degradati (ma anche dei più legati al ricordo della Repubblica Romana del 1849) appunto per favorirne la redenzione morale: che essa dovesse avvenire con il sussidio di una concezione eminentemente laica e non di una religione rivelata non rese facile l'esistenza della Scuola, fatta bersaglio continuo delle critiche di cattolici e benpensanti anche a causa del buon andamento delle iscrizioni (115 nel 1890).
Tra le altre battaglie combattute dalla L. nella seconda metà degli anni '70, un posto di rilievo ebbe la lotta per l'abolizione dei regolamenti di Stato sulla prostituzione, condotta in appoggio al forte impegno profuso sul tema dal figlio Giuseppe, che aveva introdotto in Italia le posizioni di un'agitatrice inglese, Josephine Butler. Quando, nel 1881, Giuseppe improvvisamente morì, la madre ne ricevette un colpo dal quale non si riprese più: si ammalò sul finire dell'anno e qualche mese dopo si portò a Londra per tentare, il 13 febbr. 1882, un'operazione chirurgica i cui postumi le furono fatali.
La L. morì a Londra il 19 febbr. 1882.
Qualche giorno dopo la salma fu trasportata a Roma, dove fu inumata nel cimitero del Verano. Prima della morte aveva destinato un lascito alla Commissione per la divulgazione degli scritti di Mazzini. Nel 1917 la Scuola G. Mazzini fu eretta in ente morale col nome di Opera pia Sarina Nathan.
Fonti e Bibl.: Lettere della L. a vari destinatari si conservano a Roma, presso il Museo centrale del Risorgimento (alla busta 405/3 l'abbozzo di biografia di J. White Mario) e a Pisa, presso l'Istituto della Domus Mazziniana: in entrambi i casi per le segnature si faccia uso dello schedario cartaceo; 29 lettere ad A. Fratti figurano nell'Archivio delle famiglie Fratti e Panciatichi a Tredozio. Risulta invece irreperibile, all'Arch. centrale dello Stato (Roma) il fascicolo intestato alla L. (s.v. Nathan) nel fondo Biografie di sovversivi di cui dà notizia il vol. Ministero dell'Interno: biografie, 1861-1869, a cura di P. D'Angiolini, Roma-Siena 1964, ad nomen. Parte della corrispondenza con V. Brusco Onnis è edita in appendice a G. Monsagrati, Momenti dell'intransigentismo repubblicano: il gruppo romano del Dovere, in L'associazionismo mazziniano.Atti dell'Incontro di studio, Ostia… 1976, Roma 1982, pp. 27-96; nello stesso volume si veda pure R. Ugolini, L'educazione popolare di orientamento mazziniano a Roma: la famiglia Nathan e la scuola "Giuseppe Mazzini" in Trastevere, pp. 119-167. La fitta corrispondenza indirizzatale da Mazzini in Ed. nazionale degli scritti di G. Mazzini (per la consultazione si veda il vol. II degli Indici, a cura di G. Macchia, ad nomen Nathan Sara); utili notizie si ricavano da altre fonti: A. Saffi, Ricordi e scritti pubblicati per cura del Municipio di Forlì, V (1849-1857), Firenze 1899, pp. 460 s.; G.E. Curatulo, Garibaldi, Vittorio Emanuele, Cavour nei fasti della patria…, Bologna 1911, p. 288; Municipio di Genova, Museo del Risorgimento. Catalogo, compilato da A. Neri, I, Milano 1915, p. 353; II, ibid. 1924, pp. 214, 229; Democrazia e socialismo in Italia. Carteggi di Napoleone Colajanni, 1878-1898, a cura di S.M. Ganci, Milano 1959, p. 11; I documenti diplomatici italiani, s. 1, III, Roma 1965, p. 397; G. Asproni, Diario politico 1855-1876, a cura di C. Sole - T. Orrù, VI (1871-1873), Milano 1983, ad indicem. Succinte le biografie di A. Fratti, S. L. Nathan, Pesaro 1888 e quella in Illustri italiani contemporanei, a cura di O. Roux, Firenze s.d., IV, 1, pp. 149-152; molte notizie sulla vita familiare in A. Levi, Ricordi della vita e dei tempi di Ernesto Nathan, Firenze 1927 [ma 1945], pp. 1-60; del legame con Mazzini parlano tutti i biografi di questo: per tutti v. R. Sarti, Giuseppe Mazzini. La politica come religione civile, Roma-Bari 2000, ad ind., e S. Luzzatto, La mummia della Repubblica. Storia di Mazzini imbalsamato 1872-1946, Milano 2001, ad ind.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, pp. 679-681, s.v. Nathan L., S. (S. Foà); Italiane, a cura di E. Roccella - L. Scaraffia, Roma 2004, I, pp. 140-142 (A.M. Isastia); necr., in Il Dovere, Roma, 26 febbr. 1882.