FACIO, santo
Nacque a Verona, probabilmente verso la fine del sec. XII. Luogo e (con una certa approssimazione) data di nascita si possono ricavare dalla narrazione agiografica, redatta da un ecclesiastico della cattedrale di Cremona verso la fine del sec. XIII e recentemente edita dal Vauchez (Sainteté laïque), che con l'obituario della stessa chiesa costituisce la fonte quasi esclusiva delle notizie.
Nulla si sa della sua adolescenza e della sua giovinezza, trascorse nella città natale: un'ampia schedatura della documentazione veronese del primo Duecento non ha consentito di individuare alcun Facius" (o "Facinus" o "Faciolus") "faber" o "ferrarius" o orefice, come è qualificato nel racconto dell'agiografo e nel necrologio della cattedrale. Secondo quest'ultimo, F. si sarebbe trasferito assai giovane ("ab adulescentia") nella città lombarda; l'agiografo precisa, invece, che egli emigrò all'età di trent'anni, e lascia intendere che l'allontanamento fu motivato da una partecipazione di F. alle lotte di fazione in Verona.
L'editore della vita di F. colloca questo episodio agli anni 1226-30, presupponendo dunque un'adesione di F. al partito capeggiato da Rizzardo di San Bonifacio ed individuando gli avversari di F. tra gli esponenti della pars Monticulorum, a partire da quegli anni capeggiata da Ezzelino (III) da Romano. In effetti la pars Comitum veronese seguiva in quegli anni una politica filo-sveva, ed è quindi plausibile che alcuni dei suoi esponenti si rifugiassero in Cremona, dichiarata ed aperta sostenitrice di Federico II. Del resto, negli stessi anni sono documentate migrazioni di artigiani veronesi, ricollegabili certamente, in qualche misura, alla perturbata situazione politica cittadina (M. Fennell Mazzaoui, The emigration of the Veronese textile artisans to Bologna in the thirteenth century, in Atti e mem. dell'Accad. d'agric., lettere... di Verona, s. 6, XVIII-XIX [1967-68], pp. 275-332).
Comunque sia, la conversione ad un più vivo impegno religioso di F. coincise - nel racconto dell'agiografo - con il suo spostamento a Cremona, ove certamente egli risiedette nei decenni centrali del Duecento. Nella fonte si insiste volutamente sulla sua connotazione di lavoratore manuale (manifestò la sua santità "laborando in arte sua; nullo modo fecit in arte sua aliquid vanitatis"). Va peraltro sottolineato che lo si definisce qui, ripetutamente, "faber" e "ferrarius", qualifica che non coincide con quella di orefice ("auri et argenti optimus fabricator") datagli dall'obituario della cattedrale.
Irreprensibilità di vita e disponibilità verso i poveri fecero sì che F. venisse eletto massaro delle elemosine di una associazione devota, la "Societas [o "Consortium"] Sancti Spiritus", alla quale aderivano nobili, mercanti ed in generale l'élite sociale cremonese. Negli anni Cinquanta, F. (che è forse da identificare con quel "Faciolus", che nel 1256 conduceva vita ascetica presso i domenicani di Cremona, come ricorda una cronaca mantovana) aveva raccolto nella città lombarda un piccolo nucleo di seguaci, di varia estrazione sociale (un nobile, un calegarius), coi quali si dedicava all'assistenza dei poveri e ai pellegrinaggi.
Grande importanza, nella vita di F., ha il suo ritorno, per un periodo di tempo non definibile, ma non brevissimo, nella città natale. L'episodio va collocato, secondo il Vauchez, attorno al 1260, dopo la morte di Ezzelino (III) da Romano: in tale circostanza infatti la pars dei San Bonifacio fu riammessa in Verona, per essere poi nuovamente espulsa di lì a poco. L'agiografo motiva il rientro di F. a Verona "causa reconciliandi suos aemulos", e parla di "sui inimici"; ricorda inoltre le denunce segrete e le delazioni indirizzate dai nemici di F. ai signori Della Scala, che provocarono il suo incarceramento senza processo. Nonostante la parziale incongruenza del riferimento ai Della Scala (spiegabile da parte di un autore di fine Duecento: non è raro infatti che gli anni Sessanta - l'età cioè del predominio informale di Mastino [I] e del regime "di Popolo" in Verona - siano letti in continuità con la successiva affermazione della signoria), l'episodio si situa perfettamente nel clima di sospetti e di vendette che caratterizzava la vita politica veronese.
Dopo un imprecisato periodo di carcerazione, durante il quale la sua attività taumaturgica si rivolse fra l'altro agli umiliati di Zevio, presso Verona, F. sarebbe stato liberato dal popolo di Cremona che ne richiese la riconsegna, anziché pretendere la restituzione di una forte somma di denaro, che il Comune di Cremona aveva prestato all'alleato Comune di Verona.
Ancorché i rapporti fra Cremona (governata da Uberto Pallavicino) e Verona non fossero di ostilità negli anni Sessanta, questo episodio appare difficilmente collocabile nel contesto delle relazioni politiche sinora note fra le due città: non se ne ha traccia alcuna né nella documentazione raccolta dall'Astegiano, né negli studi del Simeoni. Si può forse ipotizzare che l'estensore della vita di F. abbia preso spunto, per contestualizzare la "rivendicazione" del santo uomo da parte dei Cremonesi, da una vicenda effettivamente accaduta nel 1234: in tale occasione il Comune di Cremona prestò, per volontà di Federico II, una cospicua somma al Comune di Verona, suo alleato (L. Simeoni, Studi su Verona nel Medioevo, II, Verona 1960, pp. 138 s.). Fu forse sulla base di una approssimativa conoscenza di queste circostanze che la storiografia erudita cremonese sin dal XVI secolo collocò la prigionia di F. negli anni 1229-32.
La prigionia veronese dei primi anni Sessanta, come sottolinea giustamente il Vauchez, "segnò una svolta" nell'esistenza di F., che sino ad allora non era stato più che un "pio laico, che si distingueva per l'intensità della sua vita religiosa". Non è tuttavia facile ricostruire, decodificando la fitta trama di episodi e iniziative che segnano la ricostruzione dell'agiografo (che non può né vuole essere un resoconto preciso), lo svolgersi degli eventi. È certo comunque che F. dette ora veste istituzionale alla sua attività assistenziale e religiosa, fondando l'Ordine dei "fratres de Consortio Sancti Spiritus" che attraverso trasformazioni non precisabili si ricollega forse - per gli scopi di difesa del l'ortodossia, ma anche di assistenza ai "pauperes verecundi" - all'omonima associazione cittadina, della quale F. aveva in precedenza fatto parte. L'Ordine, del quale il Vauchez ha sottolineato la funzione anche politica di ricompattamento e "riscossa guelfa" nella Lombardia degli anni Sessanta- Settanta, inquadrava appunto fratres e laici dediti all'elemosina verso i poveri vergognosi e all'ospitalità; si diffuse abbastanza rapidamente nelle città circonvicine (in particolare a Piacenza). Non è peraltro del tutto chiaro, allo stato attuale degli studi, come si siano evoluti i rapporti fra i "fratres de Consortio Sancti Spiritus" e F. negli ultimi anni della vita di costui: nel 1271 egli appare, in Cremona, semplicemente a capo di una "fraternitas" che da lui prende nome ed ispirazione ("fratres... de fraternitate eius"); un piccolo gruppo di seguaci conduce vita comune, "commoratur", con lui.
F. morì ormai avanti in età ("in senectute bona") il 18 genn. 1272. La sua "memoria" e il suo culto furono gestiti dal clero della cattedrale di Cremona, alla quale egli era stato per vari aspetti legato (alcuni oggetti di oreficeria del tesoro della cattedrale furono per lungo tempo attribuiti alla sua maestria): nell'immediato (gennaio-marzo 1272) furono i canonici a raccogliere le testimonianze sui miracoli compiuti da F., e in tale ambiente fu redatta (qualche anno dopo, comunque prima della fine del secolo) la sua Vita.
Esempio - innovativo rispetto al passato anche recente, e ancora nel pieno Duecento non molto comune - di "santo laico", legato al mondo del lavoro (come del resto il concittadino s. Omobono) e alle nuove tendenze della religiosità dell'età comunale, F. godette a Cremona di una devozione ininterrotta. Quando nel Quattrocento - nel quadro del generale fenomeno di concentrazione ospedaliera - si creò l'ospedale Maggiore, esso inglobò anche l'ospedale fondato da F., che fu considerato il protettore della nuova istituzione. Molto più tarda (un recupero controriformistico, del XVII sec.) fu invece l'"esportazione" del suo culto a Verona, ove F. fu venerato come protettore dell'arte degli orefici.
Fonti e Bibl.: L. Gregorio, Vita morte e miracoli del beato F. estratta da alcune scritture antiche della cattedrale e dell'Hospital Maggiore di Cremona, Cremona 1606; Id., Vita del b. F. veronese orefice, con la vita di santo Eligio orefice... descritta da L. Sorio..., Verona 1620; Acta sanctorum Ianuarii, II, Venetiis 1734, pp. 210 s.; Vita del glorioso s. F. veronese, Verona 1736; C. Girondelli, Cenni biografici intorno a S. F. confessore, Cremona 1874; F. Novati, L'obituario della cattedrale di Cremona, in Arch. stor. lombardo, VII (1880), p. 569; Analecta bollandiana, XLVII (1927), pp. 446 s.; A. Rimoldi, F. (Fazio) di Cremona, santo, in Bibliotheca sanctorum, V, Roma 1965, coll. 436 s.; A. Puerari, Il duomo di Cremona, Milano 1971, pp. 135-38; A. Vauchez, Sainteté laique au XIII siècle: la vie du bienhéureux F. de Crémone (v. 1196-1272), in Mél. de l'école française de Rome. Moyen Age - Temps Modernes, LXXXIV (1972), pp. 13-53 (fondamentale, anche per ult. indicaz. bibl.); Id., La sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen Age d'après les procès de canonisation et les documents hagiographiques, Roma 1981, pp. 232, 236-238, 240 s., 284.