ROMANIN, Samuele
– Nacque il 27 luglio 1808 a Trieste da Leone di Samuel Vita Romanin e da Vittoria Bellavita Todeschi: la nascita fu registrata presso la Comunità ebraica di Trieste (Paladini, 2012, p. 41). La famiglia paterna proveniva dalla comunità ebraica di San Vito nella Patria del Friuli. Di condizione ‘civile’, ma di risorse modeste, Romanin fu gravemente colpito dalla morte del padre, dopo la quale si trasferì, intorno al 1820, a Venezia – che divenne presto la sua vera patria – con il fratello Girolamo.
Studiò nelle scuole israelite e al liceo Foscarini; nel 1827 ottenne la patente di maestro elementare privato. L’ottima conoscenza delle lingue antiche (compreso l’ebraico), del francese e del tedesco gli consentì di impiegarsi come precettore. Funse anche da interprete giurato nei tribunali e fu traduttore di opere letterarie e storiche, fra cui l’importante Storia dell’Impero osmano di Josef von Hammer-Purgstall (I-XXIV, Venezia 1828-1831) e il saggio di Eduard Duller, L’arciduca Carlo. Opera biografico-storica (I-II, Venezia 1845-1846).
Consolidò la sua posizione a Venezia sposando il 4 giugno 1830 Vittoria Dalmedico, la cui famiglia aveva raggiunto un posto di primo piano nell’industria vetraria veneziana. Il cognato Angelo Dalmedico lo sostenne sempre negli studi; ma Romanin strinse rapporti anche con il rabbino veneziano Abraham Lattes e con il rabbino triestino Samuele David Luzzatto.
La sua prima opera storica di un certo respiro fu Le storie dei popoli europei, che partiva dalla caduta dell’impero romano e che fu pubblicata a Venezia, in tre volumi, tra il 1842 e il 1844. L’opera era concepita con intento divulgativo e particolarmente dedicata all’istruzione delle donne: un tema caro a Romanin, che fu in rapporti con Caterina Franceschi Ferrucci, fondatrice dell’Istituto di Genova, e con la poetessa veneziana Eugenia Pavia Gentilomo, sposata in seconde nozze a Leone Fortis.
Dal 1846 fu socio corrispondente dell’Ateneo veneto, per il quale lesse fra il 1846 e il 1847 tre memorie: degna di nota, in particolare, quella del dicembre 1847 intitolata D’una nuova divisione più filosofica delle epoche storiche come prospetto dell’incivilimento, contenente una proposta di ripartizione del corso della civiltà europea in cinque grandi epoche, l’ultima delle quali si apriva con il XVI secolo e coincideva con la nascita delle istituzioni moderne (P. Canal, Degli studii nelle scienze morali..., 1847, p. 78).
Nel 1847 partecipò al IX Congresso degli scienziati italiani, tenutosi proprio a Venezia. Fu probabilmente in quell’epoca che concepì il primo disegno di una nuova storia di Venezia. L’idea maturò ulteriormente durante la Repubblica veneta del 1848-49, cui Romanin diede il suo convinto apporto di intellettuale: nel maggio del 1848 lesse la sua celebre Prima lezione di storia veneta all’Ateneo veneto; fu altresì chiamato a tenere lezioni come professore di storia patria nelle Scuole tecniche di Venezia; e fu vicino a Pacifico Valussi nell’attività del Circolo popolare di San Martino.
Dopo il ritorno degli austriaci a Venezia, si dedicò, a partire dal 1850-51, alla realizzazione della sua opera maggiore, la Storia documentata di Venezia. I contatti culturali stabiliti o consolidati durante il suo viaggio a Firenze del 1850 (con Giovan Pietro Vieusseux e con Filippo Luigi Polidori) gli fecero sperare di poter pubblicare l’opera presso Le Monnier; tramontata quest’ipotesi, la Storia documentata uscì a Venezia tra il 1853 e il 1861 in dieci volumi (l’ultimo, postumo, fu pubblicato a cura del cognato Angelo Dalmedico; alcune parti furono edite anche separatamente: Bajamonte Tiepolo e le sue ultime vicende tratte da documenti inediti, Venezia 1851; Gli inquisitori di Stato di Venezia, Venezia 1858). In generale la critica accolse con favore un’opera che si fondava su una larga documentazione archivistica e che intendeva ricostruire, accanto alla storia politica, anche quella della società veneziana.
Le esigenze della divulgazione storica, tenute a freno nell’opera maggiore, ritrovarono un loro spazio nel corso di Lezioni di storia veneta, che egli tenne nel 1858-59 all’Ateneo veneto (di cui era bibliotecario fin dal 1852), e che fu poi pubblicato postumo a Firenze nel 1875 in due volumi.
Morì a Venezia per apoplessia cerebrale il 9 settembre 1861.
Sul piano erudito, la sua Storia documentata di Venezia costituì la principale ricostruzione ottocentesca delle vicende della Serenissima. Come tale essa continuò a rappresentare, anche nel Novecento, un fondamentale riferimento per le grandi sintesi di Heinrich Kretschmayr e Roberto Cessi. Quanto all’interpretazione ideologica dell’opera, è a lungo prevalsa la lettura di Benedetto Croce, il quale collocò il lavoro di Romanin fra le storie di città o regioni italiane che furono avviate poco prima dell’Unità e che rappresentarono i «rampolli ultimi del moto storiografico del Risorgimento». Insoddisfatta di un giudizio così limitativo, la storiografia più recente – sviluppando alcune intuizioni di Gaetano Cozzi e Gino Benzoni – ha sottolineato il precoce interesse di Romanin (manifestatosi ben prima dei moti del 1848) per l’inserimento della storia di Venezia nel quadro dei progressi storici della civilisation europea, in consonanza di spirito con gli storici liberali francesi con cui ebbe significativi rapporti, come Augustin Thierry, François Guizot e Adolphe Thiers. È stata poi ribadita «l’indole progressista, sia pure moderata […] del liberalismo di Romanin e della sua interpretazione della secolare vicenda economica, sociale, politica e culturale veneziana, intesa come parte delle storie italiana ed europea» (Paladini, 2012, p. 46). In tale contesto è stato altresì rilevato che Romanin non si pose in una posizione acriticamente apologetica nei confronti della Repubblica aristocratica. Uomo del 1848, vicino a Niccolò Tommaseo e a Valussi, Romanin «tratta della repubblica oligarchica con la benevolenza che si conviene a un patriota borghese» (Canella, 1976, p. 92).
Di qualche interesse, per puntualizzare l’ideologia dell’autore, sono anche le pagine dedicate alla fine della Serenissima (di cui Romanin non incolpa la Municipalità democratica, tradita da Napoleone) e quelle in cui lo storico imposta un confronto fra la Repubblica e gli Stati contemporanei più avanzati, come l’Inghilterra. Romanin era sinceramente convinto che l’adozione di una politica commerciale liberistica avrebbe maggiormente giovato allo sviluppo dell’emporio marciano; ma deplorava gli sviluppi del moderno capitalismo che avevano condotto, nei Paesi più avanzati, a un obiettivo peggioramento delle condizioni di vita delle classi lavoratrici: per tale ragione, lodava l’aristocrazia veneziana per avere promosso «il prosperamento delle arti e dei mestieri» senza però rinunciare al «regolamento del lavoro» grazie alle opportune limitazioni legislative del lavoro minorile e dello sfruttamento della fatica degli artigiani (Storia documentata, VI, p. 447).
Opere. Oltre alle opere storiche sopra citate, vanno ricordati alcuni interventi e opuscoli: La madre e l’educazione: idee (per le nozze Romanin-Jacur), Venezia 1846; Corso di storia veneta, lezione prima, letta all’Ateneo il giorno 11 maggio 1848 e pubblicata a sussidio della cassa del governo, Venezia 1848; Über eine bestrittene Urkunde Lothars welche die venezianische Geschichte betrifft, in Sitzungsberichte der philosophisch-historische Classe der kaiserl. Akademie der Wissenschaften, 1853, vol. 11, pp. 1-8; Sopra un poema mistico ed un trattato morale degli Arabi, in Esercitazioni scientifiche e letterarie dell’Ateneo Veneto, 1855, vol. 7, pp. 61-71.
Fonti e Bibl.: P. Canal, Degli studii nelle scienze morali, nelle lettere e nelle arti dell’Ateneo di Venezia, in Esercitazioni scientifiche e letterarie dell’Ateneo Veneto, 1847, vol. 6, pp. 77-79; L. Fortis, Relazione degli studii nelle scienze morali, nelle lettere e nelle arti […], ibid., pp. 367-368; L. Ercoliani, Relazione degli studii nelle scienze morali, nelle lettere e nelle arti [...], ibid., 1855, vol. 7, pp. 186 s.; F. Polidori, Necrologio, in Archivio storico italiano, n.s., XIV (1861), 1, pp. 159-164; M. Asson, Elogio del professore S. R. letto nell’adunanza 5 dicembre 1861 del veneto ateneo, Venezia 1862; P. G., S. R., in L’educatore israelita, X (1862), pp. 23 s.; S. R., in Il corriere israelitico, I (1862), 4, pp. 99-102.
G. Occioni-Bonaffons, L’Ateneo Veneto e S. R., in Ateneo veneto, XIX (1896), 1, pp. 257-276; F. Nani, Della letteratura veneziana del secolo XIX. Notizie ed appunti, Venezia 1901, pp. 74-76, 114; G. Pavanello, Gli studi sulla più antica storia veneziana dal R. ai nostri giorni, in Ateneo veneto, XXVI (1903), pp. 265-275; C. Manfroni, Gli studi storici in Venezia dal R. ad oggi, in Nuovo archivio veneto, n.s., 1908, n. 16, pp. 352-356; B. Croce, Storia della storiografia italiana nel secolo decimonono (1921), II, Bari 1964, p. 31; G. Brognoligo, La cultura veneta, in La Critica, XX (1922), pp. 209 s., 279; A. Tamaro, Storia di Trieste, II, Roma 1924, pp. 390, 601; G. Levi Della Vida, Quattro lettere di S. R., in Miscellanea in onore di Roberto Cessi, III, Roma 1958, pp. 321-328; G. Bortolozzo, Lettere inedite di S. R., in Ateneo veneto, n.s., I (1963), 1, pp. 57-77 (recensione di G.F. Torcellan, in Rivista storica italiana, LXXVI (1964), pp. 244 s.); A. Ventura, Nobiltà e popolo nella società veneta del Quattrocento e Cinquecento (1964), Milano 1993, pp. 39, 43, 130; M. Canella, Appunti e spunti sulla storiografia veneziana dell’Ottocento, in Archivio veneto, CVI (1976), pp. 74, 90-98; G. Benzoni, La storiografia, in Storia della cultura veneta, a cura di G. Arnaldi - M. Pastore Stocchi, VI, Vicenza 1986, pp. 605, 610; G. Cozzi, Introduzione, in Venezia e gli Ebrei, secoli XIV-XVIII, a cura di G. Cozzi, Milano 1987, p. 21; M. Berengo, Le province venete nel Regno Lombardo-Veneto. Qualche osservazione, in Tra Lombardia e Ticino: studi in onore di Bruno Caizzi, a cura di R. Ceschi - G. Vigo, Bellinzona 1995, p. 129; C. Povolo, The creation of Venetian historiography, in Venice reconsidered. The history and civilization of an Italian city-state, 1297-1797, Baltimore-London 2000, pp. 499, 503; R.S. Nelson, The history of legends and the legends of history: the Pilastri Acritani in Venice, in San Marco, Byzantium and the Miths of Venice, a cura di H. Maguire - R.S. Nelson, Washington 2010, p. 71; E. Damien, Narrating Venice in nineteenth century Italy: the notions of municipal and national in S. R.’s patriotic project, in Journal of modern Italian studies, 2011, vol. 16, n. 1, pp. 19-36; Ead., Spatial identities in the nineteenth century: Venice as a case study, in MDCCC 1800, 2012, vol. 1, pp. 94 s., 98 s.; F.M. Paladini, Civilizzazione europea, storia italiana e rigenerazione di Venezia in S. R., in Ateneo Veneto 1812-2012. Un’istituzione per la città, Venezia 2012, pp. 39-46.