LO FORTE, Salvatore
Nacque a Palermo il 20 marzo 1804 da Saverio e da Francesca Paola Caruso. Dopo un apprendistato nella pittura, prima presso G. Burgio e poi con V. Riolo (Riccobono, 1993), dal 1816 frequentò la R. Accademia del nudo di Palermo, dove ebbe come maestro G. Velasco, che allora ne era il direttore. Lo studio condotto individualmente nelle chiese palermitane sui dipinti secenteschi, dalla forte inclinazione naturalistica, di P. Novelli e il restauro, operato insieme con Riolo, degli affreschi dello stesso Novelli nella cappella del Ss. Crocifisso nella chiesa di S. Filippo Neri, permisero, però, al L. di mantenere una certa autonomia espressiva rispetto alla cifra accademica.
Un gruppo di disegni a carboncino di questi stessi anni (Palermo, Galleria regionale della Sicilia, Gabinetto dei disegni e delle stampe di Palazzo Abatellis) e, in particolare, la serie di tre nudi virili (Agrigento, collezione privata), recentemente attribuita ai suoi esordi (Bruno), rivelano, infatti, una certa libertà esecutiva e la predilezione per la resa dei particolari realistici.
Nel 1824, per interessamento dei padri olivetani, per i quali l'anno precedente aveva realizzato ad affresco dei putti nella navata e sotto gli archi delle cappelle della chiesa di S. Maria all'Olivella a Palermo (Riccobono, 1993), il governo della città deliberò l'assegnazione al L. di un sussidio di "sei tarì al giorno" (Sgadari di Lo Monaco) perché potesse frequentare a Roma le lezioni di pittura di V. Camuccini presso l'Accademia di S. Luca.
A questo periodo risalgono alcuni disegni con particolari tratti dal Giudizio universale di Michelangelo e dalla Scuola d'Atene di Raffaello (Palermo, Gabinetto dei disegni… Palazzo Abatellis), che gli permisero di approfondire i suoi studi sulla resa del modellato e del movimento.
L'esperienza romana condizionò i modi del L., il quale, tuttavia, non fu mai un pedissequo esecutore di repertori neoclassici: egli reinterpretava i dati acquisiti secondo inclinazioni di matrice romantica, esprimendosi in un linguaggio che trovava generale plauso, in particolare presso la nobiltà siciliana.
Nel luglio 1830 fece definitivo ritorno a Palermo. Il suo primo vero riconoscimento pubblico risale al 1836, quando, su commissione dei padri filippini, eseguì il Miracolo del beato Sebastiano Valfré a uno storpio, pala d'altare per la chiesa di S. Ignazio all'Olivella di Palermo.
Di quest'opera fece, qualche anno più tardi, una replica con alcune varianti, oggi conservata presso la sagrestia della stessa chiesa, e della quale è stato rintracciato un vigoroso studio per la figura del beato (ibid.). Dipinse un'ulteriore versione di questo soggetto per la chiesa di S. Filippo Neri a Messina, perduta a seguito del terremoto che colpì la città nel 1908, della quale era stato lodato il realismo della "testa del Santo, e gli accessori […] toccati con una perizia e un gusto ammirabile" (La Farina). I tre studi grafici e l'acquerello (Palermo, rispettivamente Gabinetto dei disegni… Palazzo Abatellis e Galleria d'arte moderna Empedocle Restivo) relativi al Miracolo del beato Valfré a suor Panuzia lasciano supporre che il L. abbia realizzato un dipinto, perduto, oppure una serie di opere dedicata a questo beato piemontese, oggi smarrita.
Nel 1837 ebbe l'incarico di dirigere la regia Accademia del nudo di Palermo, succedendo a Riolo. Il discorso che quell'anno il L. pronunciò all'inaugurazione del proprio ciclo di lezioni può essere considerato la dichiarazione di una poetica volta alla critica del passivo rispetto delle regole accademiche, a favore, invece, di un confronto con il vero (Accascina). Nella produzione del L., infatti, le convenzioni neoclassiche vennero generalmente stemperate dalla sua naturale inclinazione a considerare gli aspetti della vita quotidiana. Con un tratto vibrante e fortemente contrastato realizzò delle realistiche scene di genere, come, per esempio, l'acquerello Bambini che giocano con la trottola (Palermo, Gabinetto dei disegni… Palazzo Abatellis).
Dagli anni Quaranta dell'Ottocento si dedicò anche all'esecuzione di soggetti mitologici, come la Galatea sul cocchio (Palermo, collezione privata), rilettura in chiave neoclassica di un analogo soggetto di F. Albani.
Nel corso della sua lunga esperienza artistica, la fama del L. presso i contemporanei era affidata soprattutto all'abilità di ritrattista, per le ammirate capacità di coniugare la raffigurazione dello status con l'indagine psicologica degli effigiati.
Fu, infatti, conteso, sin dal suo rientro a Palermo, dalla nobiltà e dall'alta borghesia locali. I ritratti, che permettono di seguire l'iter artistico del L., dovettero richiamare l'interesse dello stesso F. Hayez, che, secondo una tradizione, sarebbe andato a trovare il L. durante il suo soggiorno siciliano sullo scadere del 1844, o agli inizi dell'anno successivo. Hayez, infatti, si era recato a Palermo per studiare dal vero i luoghi relativi ai Vespri, prima di eseguire il dipinto commissionatogli dal napoletano principe Francesco Ruffo di Sant'Antimo.
Le due versioni, datate 1833, del Ritratto di Caterina Moncada di Branciforte (Palermo, collezione privata, già collezione Lo Forte) e il bozzetto preparatorio di una di queste (Palermo, Galleria d'arte moderna E. Restivo) evidenziano ancora una certa dipendenza da moduli espressivi e iconografici tardo-settecenteschi (Sinagra, S. L. nelle collezioni…). Tali caratteristiche gradualmente lasciarono il posto a un ductus pittorico più fluido e libero, come nell'intenso Ritratto di giovane gentiluomo (Palermo, Galleria d'arte moderna E. Restivo), ascrivibile al 1845 circa. Il Ritratto di Giuseppe Garibaldi, datato 1860 (Ibid.), e la sua successiva versione, nel palermitano Palazzo delle Aquile, confermano l'adesione del L. all'ideale risorgimentale nella rappresentazione mitizzata in chiave romantica dell'eroe.
Del 1852 è il S. Nicola che salva un naviglio dal naufragio (Palermo, S. Ignazio all'Olivella), che nel 1856 presentò fuori concorso all'Esposizione di belle arti nel palazzo senatorio di Palermo e poi, nel 1861, all'Esposizione nazionale di Firenze.
Il bozzetto di quest'opera, conservato presso la Galleria d'arte moderna E. Restivo, è di fattura immediata, più mosso rispetto al nitore grafico e alla politezza delle forme che contraddistinguono, invece, i due disegni preparatori (Palermo, Gabinetto dei disegni… Palazzo Abatellis).
All'Esposizione di belle arti di Palermo del 1856 presentò anche il Ritratto di padre Longo (già Palermo, collezione Lo Forte).
Per motivi di salute nel 1857 fu costretto ad abbandonare la direzione dell'Accademia di belle arti e venne sostituito dall'amico L. Lojacono. Da allora fu impegnato nella realizzazione di opere contraddistinte dalla reiterazione di formule compositive già sperimentate. A questo momento può essere attribuito il Busto di santo (Trapani, Museo Pepoli), prova di abilità tecnica, ma espressione di languido e convenzionale devozionismo.
Il L. morì a Palermo l'11 genn. 1885.
Un suo dipinto degli anni Trenta, il S. Francesco in adorazione, venne presentato all'Esposizione nazionale di Palermo nel 1891. Tra le altre sue opere si ricordano la pala con S. Benedetto e s. Scolastica (1865) per la chiesa di S. Chiara a Noto, S. Giuseppe con Bambino nella chiesa di S. Giorgio a Modica, il Ritratto di monsignor Naselli nella sagrestia della chiesa madre di Noto e S. Alfonso de' Liguori nella chiesa madre di Acquaviva Platani (Caltanissetta). Molti suoi lavori si trovano in collezioni private, soprattutto siciliane. Un cospicuo numero di disegni è conservato a Palermo, presso la Galleria regionale della Sicilia, Gabinetto dei disegni e delle stampe di Palazzo Abatellis; dipinti a olio, disegni e acquerelli sono nelle collezioni della Galleria d'arte moderna E. Restivo di Palermo.
Fonti e Bibl.: F. Meli, L'arte in Sicilia, Palermo 1929, p. 142; M. Accascina, Ottocento siciliano. Pittura, Roma 1939, pp. 134-136 e passim; P. Sgadari di Lo Monaco, Pittori e scultori siciliani, Palermo 1940, pp. 71 s.; L. Bénédite - G. Fogolari - G. Pischel Fraschini, La pittura de l'Ottocento, Milano 1942, p. 246; S. Bottari, La cultura figurativa in Sicilia, Messina 1954, p. 94; R. Collura, La Civica Galleria d'arte moderna Empedocle Restivo di Palermo, Palermo 1974, pp. 24-27; F. Grasso, Ottocento e Novecento in Sicilia, in Storia della Sicilia, X, Napoli 1981, p. 176; I. Mattarella, Pittori siciliani dell'Ottocento, Palermo 1982, pp. 10 s.; G. La Farina, Messina e i suoi monumenti (1840), a cura di P. Bruno, Messina 1985, pp. 33 s.; S. Riccobono, Novelli e l'Ottocento, in Pietro Novelli e il suo ambiente (catal.), Palermo 1990, p. 129; G. Barbera, in La pittura in Italia. L'Ottocento, II, Milano 1991, p. 885; D. Malignaggi, Tra neoclassicismo e accademia. Arti figurative a Palermo nella prima metà dell'Ottocento, in Immaginario e tradizione: carri trionfali e teatri pirotecnici nella Palermo dell'Ottocento (catal.), Palermo 1993, pp. 32 s.; M.G. Mazzola, La collezione della marchesa di Torrearsa, Palermo 1993, pp. 131 s.; S. Riccobono, in L. Sarullo, Diz. degli artisti siciliani, II, Palermo 1993, pp. 296-298; R. Sinagra, S. L. nell'Ottocento siciliano, Napoli 1998; Id., in Civica Galleria d'arte moderna Palermo, S. L. nelle collezioni del Museo (catal.), a cura di A. Purpura - R. Sinagra, Palermo 1998; I. Bruno, S. L.: studio di nudo virile, in Ottocento siciliano (catal., Agrigento), a cura di G. Barbera, Napoli 2001, pp. 128, 195 s.