salario
Nell’accezione comune, retribuzione del lavoratore subordinato. Nel linguaggio giuridico, il s. è la retribuzione oraria corrisposta agli operai, in contrapposizione allo stipendio, che indica invece la retribuzione mensile di competenza degli impiegati, quadri e dirigenti. Nel linguaggio economico, si intende per s. la remunerazione del lavoro in genere, il prezzo del lavoro, subordinato o indipendente, manuale o di concetto.
Nella teoria economica neoclassica (➔ neoclassica, economia), il s. rappresenta il prezzo del lavoro, determinato, come ogni altro prezzo sul corrispondente mercato (➔ lavoro, mercato del) ed è pari al valore del suo prodotto marginale (➔ produttività). In presenza di rigidità e imperfezioni, tuttavia, il processo di determinazione del s. risulta più complesso di quello risultante in un mercato perfettamente concorrenziale. I meccanismi alternativi sono descritti dai modelli dei s. di efficienza (ingl. efficency wage), dei contratti impliciti (➔ contratti impliciti, teoria dei), del sindacato e degli insider-outsider (➔). Caratteristica comune di questi modelli è l’attribuzione ai soggetti coinvolti (imprese e lavoratori o sindacato) di un certo grado di potere di mercato nella fissazione dei prezzi (il s.) e delle quantità (l’occupazione). Nei modelli dei s. di efficienza, si evidenzia come la retribuzione sia decisa dal datore di lavoro, il quale può avere interesse a mantenerla a un livello superiore a quello di equilibrio anche se esiste disoccupazione (➔) involontaria perché il s. rappresenta uno strumento con il quale ottenere aumenti di produttività e quindi di profitto. Esso non svolge, dunque, solo una funzione di remunerazione della forza lavoro (funzione allocativa), ma è anche un mezzo per rendere il lavoro più produttivo (funzione incentivante).
Nella teoria dei contratti impliciti, viene approfondito il rapporto bilaterale tra lavoratore e impresa, mettendo in luce come il s. sia definito da un contratto di lungo periodo che individua le combinazioni di remunerazione e occupazione per ciascuno stato del mondo. Se i lavoratori sono avversi al rischio (➔ avversione; rischio, teorie del), sono disposti ad accettare retribuzioni più basse in cambio della loro stabilità. Nei modelli del sindacato, si considerano le interazioni strategiche tra questo e le imprese impegnati nella contrattazione salariale; nei modelli right to manage, i due soggetti negoziano sulla base del loro potere contrattuale, e successivamente l’impresa sceglie l’occupazione; nei modelli della contrattazione efficiente, le due parti contrattano sia il s. sia l’occupazione. Nella teoria degli insider-outsider, i lavoratori occupati riescono a ottenere retribuzioni più elevate di quelle che richiederebbe l’equilibrio di piena occupazione grazie al loro potere contrattuale, derivante dai costi di turn over (➔).
Restrizioni legali di varia natura impongono un livello minimo di retribuzione che il datore di lavoro è tenuto a pagare ai propri dipendenti, detto s. minimo. Può essere stabilito per legge o dalla contrattazione collettiva. Il superminimo è la parte della retribuzione al di sopra dei livelli minimi salariali previsti dal contratto nazionale (➔ slittamento).
Il s. nominale è quello misurato in termini monetari, mentre il s. reale è misurato in termini di beni e servizi che possono essere acquistati. Il s. legato alla produttività è uno schema che prevede il pagamento di tutta (o di parte) della retribuzione in proporzione ai risultati ottenuti dal lavoratore.
Secondo la teoria elaborata dagli economisti classici (➔ classica, economia), esisterebbe una quota fissa del capitale accumulato destinata all’assunzione di manodopera. Se il fondo salari è fisso, il numero dei lavoratori può crescere soltanto attraverso la riduzione dei salari.