RUSICADA (῾Ρουσικάδα)
Odierna Philippeville, porto del litorale algerino a due km ad E della foce dell'uadi Saf Saf fra il Capo de Fer e il Capo Bougaroun. Il nome di R. è di origini puniche (Capo del Fuoco o del Faro secondo Gesenius, Capo della Fortuna secondo Movers), ma la città non è ricordata prima della conquista romana.
Skylax cita un porto di Θάψα (chiamato Thapsus da Livio, xxix, 30, 5). Questa Thapsa si doveva trovare alla foce del fiume Thapsus che Vibio Sequester dice prossimo a R. e che probabilmente è l'uadi Saf Saf. Alcuni storici tra i quali S. Gsell (Hist. anc. Afrique Nord, ii, pp. 151-152) hanno pensato che Thapsa fosse il nome antico di Rusicade H. G. Pflaum sulle orme di H. Dessau (Pauly-Wissowa, s. v.) pensa che con R. si fosse prima indicato il capo e poi il nome fosse passato ad una città diversa da Thapsa, già in decadenza. Nel 46 a. C. il territorio di R. fu probabilmente accordato a Sittius nello stesso periodo di quelli di Cirta, Chullu e di Milev. Allora, senza dubbio, venne dedotta la Colonia Veneria Rusicade il cui nome sembra indicare una fondazione in periodo repubblicano. Plinio menziona ancora R. come oppidum, insieme a Chullu. L'epiteto di Veneria indica che la colonia si trovava sotto il patrocinio di Venus Felix Pompeiana. È a R. che fu ritrovato il più antico testo che affermava l'esistenza della confederazione di Cirta (cursus di Cecilio Gallo fra il 37 ed il 69 d. C.; Inscr. Lat. de l'Algérie, ii, 36). Retta da praefecti iure dicundo, R. ritrova la sua indipendenza quando la confederazione si sfascia, dopo il 251 d. C. Nel 256 essa è sede di un vescovado.
Quando, nel 1837, il maresciallo Vallée decise la ricostruzione della città sul sito della città antica, molti monumenti importanti erano ancora visibili: tutti, eccetto il teatro, furono rasi al suolo. Essi erano: un grande tempio, sul luogo ove oggi sorge il teatro moderno. Il podio era formato da una serie di sotterranei a vòlta la cui disposizione sembra indicare una cella tripla. Si tratta probabilmente del Capitolium (S. Gsell, Mon. Ant. de l'Algérie, i, p. 153). L'anfiteatro, situato all'estremità S-E della città, fu distrutto nel 1845; esso misurava 78 m di lunghezza su 59 di larghezza, e l'arena era di 50 per 36. C'erano dodici file di gradini. Possediamo una pianta e dei disegni di Ravoisier (S. Gsell, ibid., p. 201). R. è una delle rare città dell'Africa che abbiano avuto nello stesso tempo teatro e anfiteatro.
Dalle terme situate a N-O della città, provengono alcune colonne, frammenti di mosaico ed una statua di Igea. Solo il teatro è sfuggito alla distruzione, ma è in cattivo stato di conservazione malgrado gli scavi del 1859-61 e del 1891. La cavea, che era appoggiata nella parte inferiore ad una collina poggiava nella sua parte alta su ambienti a vòlta disposti radialmente: essa ha perduto i gradini. Un tempio ne occupava la sommità. La scena, il cui pulpito era stato riconosciuto dal Ravoisier, è oggi coperta da costruzioni moderne. L'edificio del diametro di m 82,40, è datato al regno di Adriano da una moneta scoperta nella muratura di una delle vòlte. L'alimentazione di acqua era assicurata da un acquedotto dal Gebei Filfila situato a 23 km.
Museo di Philippeville. Sfortunatamente mal ordinato (doveva essere ricostruito in questi ultimi anni) è uno dei più ricchi di Algeria. Oltre a ritratti imperiali tra i quali una bella testa di Agrippina Maggiore e alcune stele dedicate a Saturno, possiede le immagini di culto di un mitreo, il cui interesse è tanto più grande in quanto questo culto è rarissimo in Africa al di fuori dei porti e delle zone militari: gruppo di Mithra tauroctono, statue di Cautes e Cautopates, uovo di marmo circondato dalle spire di un serpente a testa di leone, simboleggiante Aion, e vuotato all'interno per porvi una lampada. Molti sarcofagi risalgono al III sec. d. C.; uno di essi presenta l'imago clipeata del defunto tra i carri di Dioniso ed Arianna. Un altro rappresenta a sinistra una scena di caccia alla lepre analoga a quelle che figurano su molti mosaici africani della stessa epoca; a destra un pastore circondato dal suo gregge; all'estremità destra una canefora appare sotto la porta di una capanna di paglia; questo pezzo di notevole interesse è uno dei rarissimi sarcofagi. d'ispirazione puramente africana. Come datazione si può pensare al secondo venticinquennio del III sec. d. C.
Bibl.: S. Gsell, Atlas archéologique de l'Algérie, f. 8, 196; ed. Additions; Hist. anc. Afrique Nord, VIII, 1928, p. 157 ss.; Musée de Philippeville, 1896; H. G. Pflaum, Inscriptions latines de l'Algérie, II, Parigi 1957, pp. 1-35, nn. 1-418; Dessau, in Pauly-Wissowa, I A, 1920, c. 1237, s. v.; L. Laschi, Algérie antique, Parigi 1952, pp. 66-69; P. Romanelli, Storia delle province romane dell'Africa, Roma 1959, pp. 132-135.