DELLA MARRA (de Marra), Ruggero
Figlio di Giozzolino di Angelo, nacque probabilmente a Barletta, dove la famiglia si era trasferita da Ravello all'inizio del secolo XIII. La sua data di nascita potrebbe farsi risalire alla fine del terzo decennio-inizi del quarto,. sulla base. della prima notizia sicura sul D. che lo indica come arcidiacono della Chiesa di Trani nel 1259-1260 (Cod. dipl. barese, X, n. 101); ma dovrebbe essere anticipata se il D. si potesse identificare con quel Ruggero de Lamarra che un documento del 1247 (ibid., VIII, n.261) indica come testimone ad un'inquisitio sui diritti della Chiesa di Barletta (l'ipotesi è stata avanzata con molta cautela dallo Sthamer, Das Amtsbuch). Il D. era fratello di Angelo e di Galgano.
Sotto Federico II i Della Marra avevano abbandonato - almeno come attività principale - la mercatura, che ancora esercitavano all'inizio del secolo XIII, per mettersi al servizio del governo del sovrano. Erano allora venuti a far parte di quel ristretto gruppo di alti funzionari, capaci e specializzati, che proprio in quel periodo si era formato e che gradualmente aveva assunto la guida dell'amministrazione corrente del Regno, soprattutto nel settore finanziario. Il nonno del D., Angelo, era stato maestro razionale di Federico II ed il padre del D., Giozzolino, aveva ricoperto la medesima carica sotto Manfredi. La fortuna della famiglia era, poi, aumentata con Carlo d'Angiò, il quale confermò Giozzolino nel suo alto incarico amministrativo, lo scelse come principale consigliere finanziario e si avvalse anche dei servizi del D. e dei suoi fratelli.
La prima notizia sicura sul D. risale, come si è detto, al 1259-1260,quando risulta arcidiacono della Chiesa di Trani: il documento in cui è ricordato testimonia che egli aveva goduto negli anni precedenti della rendita di un forno del monastero di S. Lorenzo di Aversa. Null'altro sappiamo della sua vita ecclesiastica: il D. non compare più nelle fonti fino al 15genn. 1270, quando venne nominato da Carlo d'Angiò castellano del castello di Oria. Pochi giorni dopo, il 27gennaio, il sovrano gli affidava, poi, la custodia del castello di Roseto e di Pietra di Roseto.
Non siamo, perciò, in grado di sapere in quale anno il D. abbandonò lo stato ecclesiastico, né se quello del 15 genn. 1270fu il primo incarico da lui svolto al servizio del sovrano angioino. È probabile che in quest'anno egli fosse già sposato con Ciura, figlia di Matteo Rufolo: un matrimonio, questo, che consolidava i rapporti di parentela tra le due famiglie di alti funzionari regi, rapporti iniziati con la sorella del nonno del D., Sigilgaita, la quale aveva sposato Nicola Rufolo, e poi continuati con Anna, sorella del padre del D., andata in sposa a Matteo Rufolo. Si può, comunque, dire con sicurezza che il D. godeva del favore del re: lo indica, ad esempio, il diploma del dicembre 1270 con cui Carlo I lo autorizzava ad esportare dal Regno 300 salme di grano e altrettante di orzo.
Per alcuni anni il D. non è più ricordato dalle fonti. È di nuovo indicato in un documento il 19 genn. 1278, quando Carlo I ordinò ai tesorieri di consegnare al D. e a Luca di Saint-Aignan, vicemaestro giustiziere del Regno, la somma destinata alle paghe delle truppe accampate nei pressi di Aversa. Uguale compito i due ebbero nel marzo e nell'aprile 1278, nonché nel gennaio 1279: il 23 marzo 1280 il D. e Luca presentarono il rendiconto del loro incarico. A partire dal 1278, inoltre, il D. risulta nei documenti con il titolo di familiare regio e dall'agosto dello stesso anno entrò a far parte dell'Ospizio regio, la "casa" reale, cioè, che Carlo I organizzò sul modello dell'Hôtel regio francese. Come familiare del sovrano il D. continuò a svolgere incarichi di varia natura per ordine del monarca. Così nel 1279 ricevette, insieme con Adani Ferrer, vicemaestro giustiziere, e con il chierico Guglielmo de Gobertano, una somma dall'Ospizio reale "pro faciendo mutuo uni militi et scutiferis equitibus": nell'agosto i tre presentarono il loro rendiconto. Nel 1280-1281 ricevette una somma "pro exercendis nonnullis Regiis serviciis" al seguito del vicemaestro giustiziere Ludovico de Monti. Nel dicembre 1282, infine, fu incaricato della riscossione dei proventi del sale insieme con Goberto di SaintAintin.
Secondo il Minieri Riccio (Itinerario)il D., alla morte del padre (tarda estate del 1278, probabilmente), ne prese il posto di maestro giustiziere. Questa ipotesi - sulla quale già lo Sthamer (Der Sturz)esprimeva dubbi - non trova alcun riscontro nelle fonti: il D. non compare mai né con il titolo né nelle funzioni di maestro giustiziere, mentre la carica risulta ricoperta da altri titolari. Lo Sthamer (Der Sturz) ha, poi, sostenuto che il D. ricevette un preciso incarico amministrativo solo nel febbraio 1283, quando risulta, insieme con Adam de Doury, nell'"officium thesaurie camere regie et grafii hospicii". Al riguardo si deve precisare innanzi tutto che il D. appare responsabile della "custodia Camere et arche thesauri Regis" almeno dal 14 ott. 1282 (I registri, XXVI,pp. 243-245), e in secondo luogo che non si trattava di un ufficio dell'amministrazione del Regno, bensì di una delle articolazioni dell'Ospizio regio. Il "graffio" dell'Ospizio curava, infatti, l'amministrazione della "casa" reale, e custodiva la "camera privata del sovrano". Il D., dunque, non fu mai tesoriere regio, come lo zio Risone: lo chiarisce, al di là di ogni dubbio, l'ordine inviato da Carlo I il 14 ott. 1282 ai tesorieri di rivolgersi al D. e a Rodolfo de Quilone i quali custodivano le chiavi "nostre Camere et arche nostri thesauri" per farsi aprire le porte della Camera privata del re e prelevare da essa una somma che non poteva essere fornita dal tesoro del Regno (ibid., XXVI, pp. 243). Sembra allora potersi dire che il D., a differenza del fratello Angelo, non ricoprì mai una carica nell'amministrazione finanziaria dello Stato, ma servì il sovrano angioino come familiare ed operò nell'ambito dell'Ospizio regio, divenendo responsabile di uno degli uffici di quest'ultimo. L'unica carica che il D. sembra avere avuto nell'amministrazione del Regno è quella di castellano del castello di Roseto e di Pietra di Roseto, carica di cui era ancora titolare nel 1282-1283, quando il cugino Guglielmo Della Marra, figlio di Risone, agiva in suo nome.
Il D. era certamente uno dei familiari e consiglieri più vicini a Carlo I e fu probabilmente tra i principali ispiratori della politica fiscale del sovrano. Come tale, almeno, lo considerò Carlo, principe di Salerno, quando, divenuto dopo la rivolta dei Vespri reggente per il padre, impegnato nella guerra contro i ribelli siciliani, decise nel giugno 1283 di punire i responsabili della gestione finanziaria del Regno.
Il 22 giugno Carlo scrisse a varie comunità cittadine dichiarando che il D., i suoi fratelli e gli altri funzionari e consiglieri del sovrano erano colpevoli perché avevano elevato l'onere tributario in modo insostenibile. Lo Sthamer (Der Sturz) considera fondata questa accusa, ma ritiene che in realtà il principe si proponesse di sbarazzarsi di quei funzionari che lo ostacolavano nella guida dell'amministrazione finanziaria e, nel contempo, di mettere le mani sui loro patrimoni per procurarsi entrate utili a far fronte alle spese della guerra. Il Nitschke (Carlo II) sottolinea, invece, in modo particolare l'intenzione di Carlo di intervenire in favore delle comunità oppresse dal fiscalismo del padre. Si può aggiungere che il principe, attribuendo l'intera responsabilità delle scelte fiscali ai consiglieri regi e punendo le loro colpe, dovette anche cercare di restituire alla monarchia quei ruolo di supremo garante della giustizia nel Regno che secondo i ribelli siciliani non era stata più capace di svolgere da tempo.
L'azione del principe colse tutti di sorpresa. Il 16 giugno a Nicotera in Calabria - dove era giunto dopo il Parlamento di San Martino - Carlo indirizzò ancora un mandato al D. e ad Adam de Douzy, titolari dell'ufficio del "graffio" dell'Ospizio; ma il giorno dopo dette inizio agli arresti dei grandi funzionari, arresti che si conclusero il 22 giugno. Il D. - che doveva aver seguito il principe - fu subito arrestato e tutti i suoi beni - che si trovavano in Calabria, Valle dei Crati e Terra Giordana - furono posti sotto sequestro. In seguito fu portato a Castel del Monte, dove lo troviamo nel settembre, e poi trasferito a Napoli, probabilmente nel mese di novembre, e rinchiuso in Castel dell'ovo.
Nel mese di dicembre la moglie del D. Ciura venne autorizzata a recarsi a Napoli; ella cominciò allora ad operare presso il principe Carlo con abilità e costanza in difesa non solo del marito, ma anche degli altri familiari, cercando di salvarne la vita e le proprietà in cambio del pagamento di somme consistenti. A differenza dei suoi fratelli, il D. non fu sottoposto a giudizio. All'inizio del 1284 Carlo di Salerno si impegnò a liberarlo dietro pagamento di 6.000 once d'oro. Entro il mese di aprile il D. riuscì a versare l'intera somma, ma non venne liberato. Era probabilmente ancora in carcere quando, all'inizio di giugno, Carlo I ritornò a Napoli, Il 19 giugno il sovrano ordinava ai giustizieri di Terra di Bari e di Principato di imporre a - i debitori del D. il pagamento delle somme da loro dovute. Il D. veniva di nuovo chiamato con gli appellativi di "familiaris et fidelis noster". Carlo I - come sottolinea lo Sthamer (Der Sturz) - lo aveva pienamente riabilitato.
Il D. fu, dunque, l'unico dei figli di Giozzolino a rimanere in vita dopo il processo del 1283. Non dovette, però, riprendere la precedente posizione a corte, mentre conservò la castellania di Pietra di Roseto, di cui risulta titolare ancora nel 1285-1286. Il 5 giugno 1285 vendette, insieme con la moglie Ciura, alcune terre alla Chiesa di Ravello. I suoi rapporti con Carlo II dovettero diventare buoni: l'ultima notizia sul D. lo ricorda, infatti, a corte nel 1289-1290 e testimonia che il sovrano gli dava l'appellativo di "dilectus consenguineus familiaris et devotus noster". Dal matrimonio con Ciura Rufolo nacquero Giovannuccio e lacobella.
Fonti e Bibl.: C. Minieri Riccio, Memorie della guerra di Sicilia..., in Arch. stor. per le prov. napol., I (1876), p. 287; Codice diplom. barese, VIII, a cura di F. Nitti di Vito, Bari 194,n. 261; X, a cura di R. Filangieri di Candida, ibid. 1927, n. 101; A. de Boúard, Documents en français des archives angevines de Naples, I-II,Paris 1933-1935, ad Indices; C.De Lellis, Gli atti perduti della Cancelleria angioina, a cura di B. Mazzoleni, I, 1-2, in Regesta Chartarum Italiae, XXV-XXXI,Roma 1939-1943, ad Indicem (sub voce Marra, de, Ruggero); Iregistri della Cancelleria angioina..., III, VII, XIX-XXI, XXIII, XXV-XXVIII, Napoli 1951-1980, ad Indices (sub voce Marra, de, Ruggero); F. Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere, o non, comprese ne' Seggi di Napoli..., Napoli 1641, p. 349;D. Tomacelli, Storia dei Reami di Napoli e Sicilia..., I,Napoli 1846, p. 479e doc. n. 39;M. Camera, Mem. storico-diplomatiche dell'antica città e ducato d'Amalfi..., I,Salerno 1875, pp. 440 s.;II,ibid. 1881, pp. 381 s.; C. Minieri Riccio, Itinerario di Carlo I d'Angiò, Napoli 1872, p. 18; O. Cartellieri, Peter von Aragon und die sizilianische Vesper, Heidelberg 1904, p. 115;E.Sthamer, Der Sturz der Familien Rufolo und della Marra nach der sizilischen Vesper, in Abhandlungen der Preussischen Akademie der Wissenschaften, phil. hist. Klasse, Berlin 1937, 3,in particolare pp. 5, 8 s.,10, 17, 18-27(con documenti pubblicati in appendice); Id., Das Amtsbuch des sizilischen Rechnungshofes, Burg 1942, pp. 114, 120 s. (con ulteriori indicazioni bibliografiche); A. Nitschke, Der sizilianische Adel unter Karl von Anjou und Peter von Aragon, in Quellen und Forschungen aus italien. Archiven und Bibliotheken, XI-V (1965), p. 253, n. 79; Id., Carlo II d'Angiò, in Dizionario biografico degli Italiani, XX,Roma 1977, p. 228.