CASTIGLIONE (Castellione, Castelliono, Castilione, Casteione), Roberto di
Apparteneva a una nobile famiglia abruzzese, signora del castello di Castiglione presso Tornimparte, a sudovest dell'Aquila. Non si conoscono i nomi dei suoi genitori, ma risultarono suoi parenti Tolomeo di Castiglione, giustiziere di Abruzzo e di Calabria nel 1239-40, e i castellani imperiali Bartolomeo e Tommaso di Castiglione ricordati nello stesso periodo.
Non si hanno notizie del C. prima del 1239, ma con tutta probabilità in precedenza era entrato come valletto nella corte imperiale al seguito della quale è ricordato per la prima volta nel 1239. Nell'autunno di quell'anno Federico II, in procinto di lasciare la Lombardia per recarsi nell'Italia centrale, mandò il C. nelle Marche dove si trovava re Enzo, per annunciargli il suo prossimo arrivo e per portargli 5.000 once d'oro che, dovevano essere consegnate al C. da Enrico Abbate. Nel febbraio del 1240 fu incaricato di scortare un notaio, il quale, da San Flaviano attraverso l'Umbria, doveva portare una cospicua somma di denaro alla corte imperiale. Ancora nello stesso mese il C. riuscì a conquistare per l'imperatore, mediante trattative con i nobili che lo detenevano, il castello di Cascia ad est di Spoleto, strategicamente importante. Dopo aver raccolto truppe nell'Abruzzo occidentale, iniziò nell'aprile l'assedio del castello di Rocca Alberici, situato anch'esso ad est di Spoleto, il cui signore Giacomo di Senebaldo si era rifiutato di sottomettersi all'imperatore.
Pare che il C. abbia assolto brillantemente a questi incarichi, tant'è vero che Federico II, il quale nell'agosto del 1240, dopo aver conseguito soltanto scarsi risultati nelle Marche, si trasferì in Romagna, lo nominò suo luogotenente nella Marca d'Ancona, prima con il titolo di capitano o vicario (con questo è ricordato il 12 gennaio e nel novembre del 1241), poi con quello di vicario generale. Era in carica ancora nel dicembre del 1242, ma fu sostituito prima del giugno del 1243 da Riccardo di Fasanella.
Uno dei primi compiti che si ponevano al C., assolto poi con successo, fu quello di assicurare il collegamento dell'esercito imperiale che operava in Romagna con le sue basi nel Regno. In secondo luogo tentò di riorganizzare, avvalendosi dell'aiuto di alcuni fidati regnicoli, l'amministrazione imperiale nella provincia sottoposta in precedenza al dominio pontificio. Il compito gli era certamente agevolato dalla circostanza che l'opposizione del partito ecclesiastico, data la sede vacante dal 1241, era circoscritta a singole città e mancava di una guida unitaria. Nel corso del 1241 e del 1242 il C. intraprese spedizioni contro Ancona, Recanati, Fano, Ascoli Piceno, Fermo e Camerino, delle quali soprattutto le tre ultime furono coronate da successo. Matelica passò dalla parte dell'imperatore già nel maggio del 1241, mentre il Comune di Fermo, dopo lunghe trattative condotte a Sant'Elpidio, si sottomise nell'aprile del 1242, ottenendo in cambio un grande privilegio che Federico II confermò quattro mesi più tardi. Nella seconda metà del 1242 il C. ricoprì anche l'ufficio di podestà di Fermo. Nell'estate di quello stesso anno anche Ascoli Piceno e Camerino si sottomisero al Castiglione. Durante il periodo che rimase in carica, il C. impose tasse al clero, ma dall'altro lato protesse i monasteri dagli abusi della nobiltà. Emanò costituzioni e intervenne in numerose cause giudiziarie, probabilmente allo scopo di legare le città e i nobili più strettamente al potere imperiale. Restituì ai nobili marchigiani i beni confiscati in precedenza, ma scacciò dalla provincia anche certi partigiani della Chiesa come i signori di Montefiore e di Aspremonte. Nell'agosto del 1242 partecipò a San Germano all'incontro dell'imperatore con i suoi cinque vicari generali insediati nello Stato della Chiesa e in Toscana.
Dopo la sua sostituzione il C. continuò a servire l'imperatore in Lombardia. Nel 1245 fu podestà di Cremona, dove dotò il palazzo comunale di nuovi portoni. Come podestà di Cremona partecipò con tutta probabilità alla spedizione di re Enzo contro Gorgonzola. Già poco tempo dopo l'imperatore mandò il C. di nuovo come vicario generale nelle Marche, dove Ancona e Camerino erano diventati i centri dell'opposizione antimperiale. Il C. riuscì, nell'aprile del 1247, a riguadagnare Camerino alla causa imperiale, appoggiandone le rivendicazioni su Pitino, e a reinserire il Comune nella lega delle città filoimperiali. Alla testa delle sue truppe e con l'aiuto dei suoi seguaci marchigiani, nel giugno del 1246 assediò Ancona. Per tutto l'anno 1246 poté conservare le sue posizioni nei confronti del partito ecclesiastico; ma Camerino si ribellò di nuovo nel giugno del 1247. Montolmo fu devastata dai signori di Petriolo e dalle truppe di Macerata guidate dal Castiglione.
Quando il cardinale Raniero Capocci, luogotenente del papa nell'Italia centrale, poté assicurarsi una nuova base per la riconquista delle Marche concludendo nel novembre del 1247 una lega con Spoleto, l'imperatore Federico II nominò il conte Riccardo di Chieti, suo figlio, vicario generale nel ducato di Spoleto e nella Marca d'Ancona, verso la fine del 1247. Pare che allora il C. fosse sottoposto al conte di Chieti: lo lascia desumere il nuovo titolo di capitano generale imperiale nella Marca d'Ancona (titolo attribuitogli già nell'agosto del 1247 dai giudici generali nelle Marche Ruffino da Lodi e Rainaldo da Cingoli), con cui nel dicembre del 1247 rilasciò un privilegio al Comune di Cingoli. Nello stesso dicembre, alla testa di un esercito nelle cui file combattevano anche molti cavalieri tedeschi, poté sconfiggere presso Osimo le truppe pontificie comandate dal rettore del papa nelle Marche, il vescovo Marcellino di Arezzo, il quale cadde nelle sue mani. Ma neanche questo suo successo riuscì a bloccare l'avanzata del cardinale Raniero Capocci: Matelica, dove il C. aveva risieduto per parecchio tempo e dove aveva insediato un capitano, Tolentino e Iesi passarono dalla parte della Chiesa nel dicembre del 1247 e nel gennaio del 1248,l'una dopo l'altra. Forse proprio per questi insuccessi il C. nell'anno 1248 perdette il suo ufficio di capitano generale. Da allora egli scompare dalla scena politica. Pare che fosse in vita ancora nel 1259, ma morì sicuramente prima del 1266, quando Clemente IV con lettere indirizzate al rettore del Patrimonio e al vescovo e al Comune di Rieti, intervenne a favore della figlia del C., Giovanna, ancora minorenne, rapita dal convento, dove il padre prima di morire l'aveva rinchiusa per proteggerla da un certo nobile di nome Matteo di Luco.
Un figlio del C., Robertuccio, nel 1269 fu riammesso nella grazia di Carlo d'Angiò, visto che era implicato, a quel che sembra, solo marginalmente, nella rivolta di Castiglione guidata da Bartolomeo di Castiglione.
Fonti e Bibl.: G. Naudaeus, Tabularii Ecclesiae Reatinae instauratio, Romae 1640, p. 49; J.-L-A. Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Friderici Secundi, V, Parisiis 1857, pp. 319, 524, 752, 758 s., 858, 881 s., 932 s.; VI,ibid. 1860-61, pp. 67 s., 343 s. (erroneamente), 416 s., 754, 938; M. Tabarrini, Regesta Firmana, in Documenti di storia italiana, IV, Firenze 1870, pp. 378-80 nn. 138-140, p. 383 n. 150 (erroneamente indica la data dell'anno 1244), p. 385 n. 161; C. Minieri Riccio, Saggio di Codice diplomatico, I, Napoli 1878, p. 52 n. 47; E. Winkelmann, Acta Imperiiinedita, I, Innsbruck 1880, pp. 324 s. n. 367; J. F. Böhmer, Regesta Imperii, V, a cura di J. Ficker-E. Winkelmann, Innsbruck 1881-1901, nn. 2444, 2582, 2823, 2955 s., 3034 s., 3133a, 3314, 3328, 3501 (erroneamente), 3651, 13411, 13444a, 13571, 13634, 14466, 15108; M. Santoni, Il libro rosso del Comune di Camerino, in Arch. stor. per le Marche e per l'Umbria, II, (1885), pp. 42 s. n. 10; L. Astegiano, Codice diplom. cremonese, I, Torino 1895, p. 275 n. 549; II, ibid. 1898, pp. 186 s.; G. Mazzatinti, Gli archivi della storia d'Italia, III, Rocca San Casciano 1900-01, pp. 200 s., 203; IV,ibid. 1904, p. 248 n. 10; VII, ibid. 1911, pp. 129 n. 83, 388 s. n. 3; Annales Cremonenses, in Mon. Germ. Hist., Script., XXXI, Hannoverae 1903, p. 17; F. Filippini-G. Luzzato, Archivi marchigiani, in Atti e memorie della R. Deput. di st. patria per le prov. delle Marche, n. s., VII(1911-12), p. 427; G. Grimaldi, Le pergamene di Matelica 1162-1275, Regesto, I, Ancona 1915, pp. 93 s. n. 83; R. Filangieri, I registri della cancelleria angioina..., II, Napoli 1951, p. 151 n. 589; P. Compagnoni, La reggia Picena, Macerata 1661, pp. 105, 107, 109 s.; P. Compagnoni, Mem. istor-critiche della Chiesa e de' vesc. di Osimo,a cura di F. Vecchietti, V, Roma 1783, App., p. 83 s. n. 56; G. Colucci, Delle antichità picene, XXXI, 2, Fermo 1797, p. 65; C. Acquacotta, Mem. di Matelica, I, Ancona 1838, pp. 76 s.; II, ibid. 1839, pp. 75 s. n. 26, 343; J. Ficker, Forsch. zur Reichs-und Rechtsgeschichte Italiens, II, Innsbruck 1869, pp. 511 s.; III, ibid. 1871, pp. 454 s.; IV, ibid. 1874, pp. 411 s. n. 398; F. Tenckhoff, Der Kampf der Hohenstaufen um die Mark Ancona und das Herzogtum Spoleto, Paderborn 1893, pp. 14, 17, 25, 30 s., 36, 40, 42, 48; B. v. Westenholz, Kardinal Rainer von Viterbo, Heidelberg 1912, pp. 143, 146, 150; P. Collenuccio, Compendio de le istorie del Regno di Napoli, a cura di A. Saviotti, Bari 1929, p. 139; M. Ohlig, Studien zum Beamtentum Friedrichs II in Reichsitalien..., Kleinheubach 1936, pp. 70, 115, 117, 119 s.; W.Hagemann, Fabriano im Kampf zwischen Kaisertum und Papsttum bis 1272, in Quellen und Forschungen aus ital. Archiven und Bibl., XXX (1940), pp. 125 s.; XXXII (1942), pp. 88, 90-94, 96, 99 s.; Id., Studien und Dokumente zur Gesch. der Marken im Zeitalter der Staufer, I, Corridonia, ibid.,XXXVII(1957), pp. 116, 123 n. 2; II, Chiaravalle di Fiastra, ibid., XLI (1961), pp. 97-99 nn. 33-35; III, Sant'Elpidio a Mare, ibid., XLIV (1964), p. 106; IV, Tolentino, ibid., p. 219; Id., Tolentino nel periodo svevo, I, in Studia Picena, XXXV(1967), pp. 43 s.; Id., Studien und Dokumente zur Gesch. der Marken im Zeitalter der Staufer, V, Montegiorgio, in Quellen und Forsch. aus ital. Arch. und Bibl., LII (1972), pp. 347 s., 394 s. n. 58.