BRACCI, Rinaldo Maria
Nato a Firenze il 25 apr. 1710 da Iacopo e da Maria Lucrezia Lenzi, compì gli studi nella sua città applicandosi a diverse discipline: le lettere, sotto la guida dello scolopio p. Saverio di S. Onofrio, le lingue francese e spagnola, dottrina amministrativa (era ambizione di suo padre che rinnovasse nella famiglia il ricordo di Alessandro Bracci, segretario della Repubblica fiorentina) e anche disegno e pittura sotto la guida di Giannantonio Pucci. Non ancora tredicenne, fu messo "sotto la dettatura" del marchese Carlo Rinuccini, primo segretario di Guerra e consigliere di Stato degli ultimi granduchi de' Medici, ma non interruppe gli studi. Entrato nel sett. 1729 nella vita ecclesiastica, coltivò la teologia scolastica, la dommatica, la morale, il diritto civile e canonico. Il 25 marzo 1733 celebrò la prima messa e il 7 apr. 1735 conseguì la laurea.
Alla morte del padre, avvenuta nel 1737, il B. rinunciò all'incarico di precettore del figlio del marchese Rinuccini, Folco, e dopo una breve esperienza di predicazione accettò l'invito del ministro plenipotenziario del re di Polonia, allora a Firenze, di seguirlo nel ritorno in patria, e di ricevere un impiego alla corte polacca. Ottenuto non senza difficoltà il permesso dal Rinuccini, partì nel giugno del 1740 e, dopo varie soste a Padova, a Vienna e a Praga, giunse a Dresda e fu nominato custode del Gabinetto di medaglie del re di Polonia, Augusto III (Federico Augusto II di Sassonia) e cappellano di corte. Dopo appena un anno, dovendo il ministro tornare in Italia, rientrò con lui a Firenze e riprese a servire il Rinuccini pur senza trascurare il ministro che, recatosi in Germania per certe trattative commerciali, lo lasciò come suo rappresentante. Quest'ufficio, durato due anni, procurò al B., anziché prestigio, incomprensione e discredito; onde il congedo volontario, nel 1743, sia dal ministro sia dal marchese, suo antico protettore. La rottura gli fece ad un tempo riacquistare la libertà e riprendere gli studi interrotti.
È di allora la serie di note, rimaste inedite, sull'edizione del Riposo di Raffaello Borghini apparsa a Firenze nel 1730 ad opera di G. G. Bottari e A. Biscioni, come quella sulle Satire di Benedetto Menzini, pubblicata postuma a Napoli nel 1763 e ristampata lo stesso anno a Berna, e anche sulle Satire di Iacopo Isolani e sul Pataffio di Brunetto Latini. Alla stessa epoca, o poco prima, risale la cura della ristampa, che è piuttosto una contraffazione, del Pecorone di Giovanni Fiorentino, avvenuta a Lucca intorno al 1740 ma con falsa data Milano 1554. Questa e altra intensa attività erudita (sulle rime di Alessandro Allegri, sulle novelle del Sacchetti, sulla Storia del Decamerone di Domenico Maria Manni, sull'opera del Magnifico e del Poliziano) gli valsero l'associazione all'Accademia degli Apatisti, dove nel 1740 aveva detto una cicalata su un sonetto del Burchiello, e, nel 1749, alla Società Colombaria.
Ma il B. deve una qualche rinomanza alla polemica senza risparmio di colpi con Antonio Maria Biscioni, sorta in occasione della ristampa dei Canti carnascialeschi, già raccolti in edizione dal Lasca nel 1559, procurata appunto dal B. sotto lo pseudonimo di Neri del Boccia a Lucca nel 1750 con la falsa indicazione di Cosmopoli.
Il B. era subentrato nella preparazione del libro al Biscioni che per primo ne aveva ricevuto l'incarico e già aveva cominciato a curarlo. Onde l'avversione non solo letteraria ed il risentimento del Biscioni in un Parere, pubblicato lo stesso anno a Firenze, in cui al B. è dato del presuntuoso ignorante e calunniatore, e la risposta del B. in un velenoso opuscolo in forma di dialogo, dal titolo I primi due dialoghi di Decimo Laberio, stampato a Lugano pure nel 1750. Il Mazzuchelli giudica l'edizione dei Canti carnascialeschi data dal B., e a lui dedicata, "magnifica e bella" con evidente partigianeria, mentre l'esame del testo e dei criteri seguiti dall'autore per fermare la lezione fa apparire legittimo, acrimonia personale a parte, il giudizio fortemente negativo del Biscioni.
La risposta del B. al Parere, comunque, se procurò al suo autore l'approvazione dell'Accademia fiorentina per meriti linguistici, gli costò anche guai d'ogni genere che lo indussero a lasciare Firenze il 25 febbr. 1752 per Modena donde si trasferì a Roma nel luglio del 1754. Attese ai suoi studi eruditi ancora per tre anni, finché una grave malattia gli consigliò il ritorno nella città natale. A Firenze, tre giorni soli dopo il suo rientro, morì il 9 apr. 1757
Bibl.: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 1948-52; E. De Tipaldo, Biogr. d. Ital. illustri, III, Venezia 1836, p. 174; F. Inghirami, Storia della Toscana, XII, Fiesole 1843, p. 322; Le rime burlesche edite e ined. di Antonfrancesco Grazzini detto il Lasca, a cura di C. Verzone, Firenze 1882, p. XLVII; Canti carnascialeschi del Rinasc., a cura di Ch. Singleton, Bari 1936, pp. 464, 468.