Riforma della Chiesa
Con questo nome si intende generalmente il processo svoltosi nella cristianità occidentale tra 11° e 12° sec. volto a sganciare le istituzioni ecclesiastiche dal controllo dei laici e a ricomprenderle in un ordine gerarchico che faceva capo al papa. Tra i momenti iniziali di questo movimento va segnalato il Concilio di Sutri del 1046 in cui l’imperatore Enrico III depose i tre papi rivali allora esistenti, rappresentanti delle fazioni dell’aristocrazia romana, e impose al soglio pontificio il proprio confessore con il nome di Clemente II. Questi e i papi tedeschi che lo seguirono portarono avanti attraverso la convocazione di concili la lotta contro la compravendita delle cariche ecclesiastiche (simonia), il matrimonio e il concubinato dei chierici (nicolaismo) e altre pratiche che ledevano il principio dell’inalienabilità del , tutte consuetudini che a lungo erano state percepite come abituali e che invece una porzione crescente dei grandi ecclesiastici considerava ormai illegittime. In questo aspetto, come in altri, si cercò di far adottare al clero secolare uno stile di vita fino a quel momento tipico del mondo monastico. L’evoluzione di queste tendenze portò allo scontro tra il papato e l’impero che pure nella fase iniziale aveva dato un importante contributo alla Riforma. Tale scontro raggiunse il livello più alto sotto il pontificato di Gregorio VII (1073-1085) concentrandosi sulle investiture dei vescovi e trovò una prima provvisoria sistemazione nel Concordato di Worms.