CERVINI, Ricciardo
Nacque a Montepulciano il 4 febbr. 1454, primogenito di Antonio e della seconda moglie di questo, la fiorentina Elisabetta Macchiavelli.
Dopo la morte del padre, probabilmente anche in seguito alle liti che sorsero per la suddivisione dell'eredità, il C. fu mandato a studiare a Siena. Qui seppe conquistarsi la stima e l'amicizia della ricca famiglia Spannocchi, amministrando i beni di Ambrogio e, dopo la sua morte, occupandosi dell'educazione dei figli Antonio e Giulio. Terminati gli studi di diritto, nel febbraio 1484 tornò a Montepulciano, da dove si trasferì, nel corso dello stesso anno, a Roma. Nel 1485 comprò, col denaro prestatogli da Cassandra, vedova di Ambrogio Spannocchi, la carica di scrittore della Penitenzieria apostolica. Due annidopo acquistò da uno spagnolo sospetto di eresia la carica di scrittore delle lettere apostoliche e, poiché Innocenzo VIII non si decideva a ratificare la sua nomina, sollecitò con una lettera del 21 ott. 1487 il Poliziano affinché interessasse alla questione il Magnifico. Grazie alla protezione degli Spannocchi, che lo fecero ascrivere nel 1493 alla nobiltà di Siena col diritto di aggiungere al proprio il loro cognome e di fregiarsi delle loro armi, ottenne sul finire del sec. XV l'appalto delle imposte nelle Marche.
In questa regione il C. rimase nove anni durante i quali fece fortuna, ma si attirò anche odi e si immischiò nelle lotte, intestine che insanguinavano la zona. Per puro caso scampò alla morte in occasione di un agguato tesogli da un gruppo di aspiranti alla sua carica e ai suoi beni. Ai capi dei congiurati (Rodolfo Macerini, Faustino Lentulo, Niccolò Pulcini, Nicola Barba) la giustizia pontificia riservò una punizione esemplare. Durante il soggiorno nelle Marche gli nacque, il 6 maggio 1501 a Montefano (Macerata), il figlio Marcello, il futuro papa, secondo di quel nome, che sarebbe rimasto nel 1555 per pochi giorni sul trono pontificio. Marcello era il secondo dei tre figli (gli altri due furono Pera o Perna e Camilla) che il C. ebbe dalla nobile Cassandra di Domenico Benci da Montepulciano, morta nel 1509. In seconde nozze il C. sposò Leonora Egidi, in linea materna discendente dalla famiglia Cacciaconti di Siena, che gli diede due maschi (Alessandro e Romolo) e cinque femmine (Celia, Elisabetta, Giulia, Cinzia, madre di Roberto Bellarmino, e Silvia). Tornato dalle Marche a Montepulciano non molto dopo la nascita di Marcello, il C. trascorse il resto della sua vita occupandosi di astronomia e di cronologia e della amministrazione del suo patrimonio.
Proprietario di vasti appezzamenti di terreno, che seppe mettere oculatamente a frutto, risiedette stabilmente nel suo podere di Castiglione d'Orcia, sulle pendici settentrionali del Monte Amiata. Fondamentalmente estraneo alle vicende politiche del tempo, fu però in buoni rapporti col signore di Siena Pandolfo Petrucci, tanto che, per favorire la ricerca di un accomodamento tra questo e Piero Soderini, non esitò a inviare come pegno di pace presso il gonfaloniere fiorentino il piccolo Marcello. La sistemazione della numerosa prole dovette occuparlo a lungo, anche se ovviamente conosciamo soprattutto i suoi sforzi per assicurare una buona carriera a Marcello. Lo mandò a studiare prima a Siena, raccomandandolo con una lettera del 5 febbr. 1520 al cardinale Giovanni Piccolomini, e quindi a Roma, dove l'incaricò di presentare a Clemente VII la sua proposta di riforma del calendario (1524). Ma fu soprattutto l'amicizia del C. col cardinale Alessandro Farnese, il futuro Paolo III, che aprì definitivamente la strada alla carriera ecclesiastica di Marcello.
I suoi ultimi anni furono tormentati da forti dolori alla prostata, che cercò di combattere con una dieta ferrea. Il suo stato di salute dovette farsi critico all'inizio del 1534, se il 16 febbraio di quell'anno, verosimilmente dietro sua richiesta, Marcello gli espresse il desiderio di avere in eredità 1.000 ducati "del credito degli Spannocchi" e una rendita di 100 ducati da corrispondergli annualmente da parte dei fratellastri Alessandro e Romolo. Il C. morì il 2apr. 1534 a Castiglione d'Orcia, dove fu sepolto. Nel 1567 il suocorpo fu traslato, nella chiesa di S. Agostino a Montepulciano.
Insieme con l'agricoltura, la grande passione del C. fu l'astronomia. In verità i contemporanei gli attribuirono anche una fama, meno seria ma forse non del tutto immeritata, di astrologo. Si diceva che avesse predetto il pontificato al figlio sulla base della posizione degli astri al momento della sua nascita, mentre è certo che con argomenti astrologici convinse, per lettera e attraverso Marcello, Clemente VII a non temere il diluvio per il 1524. È tuttavia una realtà che il C. dedicò molta parte del suo tempo agli studi astronomici e in particolare alla ricerca di una soluzione al problema spinoso e sempre più urgente della riforma del calendario giuliano. Nell'atmosfera di fervore creata intorno alla questione dal V concilio lateranense, il C. elaborò una proposta di riforma che dedicò prima a Leone X e successivamente a Clemente VII. Secondo il suo progetto il ritardo accumulato nei secoli dal calendario giuliano avrebbe dovuto essere cancellato mediante l'annullamento di undici giorni, mentre per il futuro allo squilibrio tra l'anno solare effettivo e quello convenzionale si sarebbe ovviato ritardando a intervalli regolari il bisestile di un anno (cioè dopo ogni gruppo di sette cicli quadriennali si sarebbe inserito un ciclo quinquennale). Oltre mezzo secolo dopo, al momento del varo della riforma gregoriana, il nipote del C. Erennio, figlio del primogenito di secondo letto Alessandro, tentò di convincere il cugino Roberto Bellarmino a riesumare la proposta del nonno, ma alcune critiche di Cristoforo Clavio ne impedirono la pubblicazione (come spiegò il Bellarmino a Erennio in una lettera del 6 maggio 1580).
Fonti e Bibl.: Il progetto di riforma del calendario si trova, sotto diversi titoli, nei codici Laur. Ashb. 901, Vat. lat. 4089e Vat. lat. 7033.La maggior parte del materiale biografico, per lo più inedito, sul C. si trova nelle Carte Cerviniane dell'Arch. di Stato di Firenze. Particolarmente utili sono in proposito le filze 49, in cui si conservano numerose lettere indirizzate al C. dal figlio Marcello, e 52 che, oltre a una serie di notizie adespote sul C. ai ff. 87r-90v, contiene ai ff. 69r-86v una sua biografia scritta in latino da Francesco Benci sulla base dei dati fornitigli dal nonno Leonardo, fratello del Cervini. Su di lui vedi inoltre: S. Benci, Storia di Montepulciano, Fiorenza 1646, p. 101;G. Gigli, Diario sanese, I, Lucca 1723, pp. 113 s., 141; P., Pollidori, De vita,gestis,et moribus Marcelli II Pontificis Maximi commentarius, Romae 1744, pp. 2, 5-7, 9, 11 s., 14 s., 141 s.; G.Ughi, Cronica di Firenze... dall'anno MDI al MDXLVI, a cura di F. Frediani, in Arch. stor. ital., VII (1849), App., pp. 136 n. 1, 246-251, 254-256;J. Schmid, Zur Gesch. der Gregorianischen Kalenderreform, I, in Historisches Jahrbuch, III (1882), p. 409;A. Liberad, Marcello II papa, in Misc. stor. senese, I (1893), pp. 20 s.; L. Dorez, Un élève de Paul Manuce: Romolo Cervini, in Revue des bibliothèques, V (1895), pp. 139 s.; D. Marzi, La questione della riforma del calendario nel quinto concilio lateranense, Firenze 1896, pp. 126 n. 1, 164 s., 173 s., 215 s., 219, 226;I. Del Lungo, Florentia, Firenze 1897, pp. 265 s., 268-270;J. Nadal, Epistolae, I, Matriti 1898, p. XXXVIII; G. Buschbell, Zu den Pseudonymen in Druffel-Brandis Monumenta Tridentina..., in Histor. Jahrbuch, XXI (1900), pp. 418, 424-426, 428 s., 431;D. Marzi, Nuovi studii e ricerche intorno alla questione del calendario durante i secoli XV e XVI, in Atti del Congresso int. di scienze stor. (Roma,1-9 aprile 1903), III, Roma 1906, p. 649; L. Cardauns, Nuntiaturberichte aus Deutschland 1533-1559, I, 5, Berlin 1909, pp. XXII-XXV; X.-M. Le Bachelet, Bellarmin avant son cardinalat(1542-1598), Paris 1911, pp. 1 n. 1, 22 n. 1, 108 n. 2, 110, 125 s., 329 n. 1, 333 n. 2, 475; Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goerresiana, X, Epistolae, I, Friburgi Brisgoviae 1916, pp. XXVII, XXVIII, 348 n. 5; G. B. Mannucci, Il conclave di papa Marcello, in Boll. senese di storia patria, XXVII (1920), pp. 94, 96, 102; G. Mercati, Per la storia dei manoscritti greci di Genova,di varie badie basiliane d'Italia e di Patmo, Città del Vaticano 1935, pp. 183 n. 4, 195 n. 4; G. Alberigo, I vescovi ital. al concilio di Trento(1545-1547), Firenze 1959, pp. 130 s., 141; L. von Pastor, Storia dei papi, VI, Roma 1963, pp. 311-315; I. Maïer, Les manuscrits d'Ange Politien, Genève 1965, p. 94; Id., Ange Politien, Genève 1966, p. 428; G. Mazzatinti, Inventari dei mss. delle Bibl. d'Italia, XI, p. 50; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, pp. 72. 91, 174, 431; II, pp. 98, 325, 342, 412, 504, 548; C. Villa, Brixiensia, in Italia medioevale e umanistica, XX (1977), pp. 253, 273.