FALLUCA (Falluc, Fallucca, Falloch, Faloch, Foloch), Riccardo
Discendeva probabilmente dalla nobile famiglia normanna Falloch, la quale alla fine del secolo XI teneva in feudo una località nei pressi di Catanzaro che da loro aveva preso il nome di Rocca Falluca. I precisi legami genealogici del F. con Ugo, Miera e Adamo Falloch, che avevano tenuto il castello nel terz'ultimo e penultimo decennio dell'XI secolo, non sono però noti.
Compare per la prima volta come teste di rilievo in un documento del 1192 con cui Riccardo di Policastro concedeva una terra a Simeri. Fra il 1200 e il 1210 è ricordato come signore della contea di Catanzaro (dopo Ugo [I] e Ugo [II] Lupinus, che l'avevano tenuta in feudo dal 1168 al 1195): è possibile che il F. abbia ottenuto la contea come premio per i servizi resi alla dinastia degli Svevi.
Come conte di Catanzaro, il F. concesse nel 1200 al vescovo Basuino la regalia degli ebrei, in memoria e per l'anima di sua moglie Agnese Palmaria. Il documento originale non è conservato, ma la tradizione storica che assegna al F. questa concessione è avvalorata dal fatto che ancora nel sec. XV i vescovi di Catanzaro esercitavano la giurisdizione sugli ebrei. Il gesto dimostra comunque che egli era in buoni rapporti con il vescovo Basuino, fautore del giovane re Federico II, e che si trovava in sintonia con la politica imperiale nei confronti della Chiesa e degli ebrei.
Il F. comincia ad apparire con regolarità dall'anno 1201 in una serie di documenti: nel gennaio di quell'anno donò al monastero di S. Maria della Sambucina, sull'esempio dei suoi predecessori che l'avevano fondato, la tenuta a pascolo denominata Umbre Pagani nella zona del Tacina. All'atto, che fu sottoscritto dallo stesso F., presenziarono come testi un W[illelmus] Faluca, che può essere identificato come suo fratello (è questa l'unica menzione che lo riguardi), un figlio del F. di nome Loysius (anche di lui mancano ulteriori notizie) ed un "dominus Matheus senescalcus" del conte Riccardo. La concessione veniva ricordata in un documento di conferma di Federico II del febbraio 1201, in cui il sovrano qualifica il F. "suo fedele". Un'ulteriore prova della politica di protezione esercitata dal F. nei confronti delle grandi proprietà monastiche è fornita da alcuni documenti in favore dell'abbazia di S. Maria di Corazzo: nel testo di un diploma con cui Federico II nel maggio 1210 confermava a questo monastero alcuni terreni nel territorio di Bucchisano il F. viene ricordato tra i donatori, come nuovamente in due diplomi del 1225, con i quali l'imperatore confermava ancora le precedenti donazioni del Falluca.
Oltre alla contea di Catanzaro la famiglia Falluca sin dai primi anni del sec. XIII teneva in feudo anche Belcastro. Già nel 1200 compare tra i testimoni di una sentenza a favore del monastero di S. Maria della Sambucina un "comes Genecocastri", che si deve certamente identificare con il Falluca. Questi nel 1228, insieme con Simona, che era probabilmente la sua seconda moglie (se si vuol dar credito alla notizia sopra riportata, che nel 1200 lo indica come vedovo di Agnese Palmaria), sottoscrisse in latino un atto greco dato a Simeri, appartenente alla signoria di Belcastro, con il quale entrambi donavano al monastero di S. Teodoro in Simeri una certa località in luogo San Teodoro.
Il F. risulta conte di Belcastro ancora nel 1230. In un documento del maggio di quell'anno, ivi redatto, nel definire i confini di un uliveto, si fa riferimento al "suberitum comitis R. Falluca". Inoltre, in un altro documento del luglio 1235, nel citare i confini di una terra in possesso della chiesa di S. Angelo di Frigilo, si ricordava che questa terra era pervenuta a S. Angelo "ex dono dominationis terre Genicocastri", con evidente riferimento al F. o ai suoi predecessori. Tra le sottoscrizioni all'atto manca però quella del F., mentre compaiono quelle di "Simona comitissa domina Genicocastri" e di "Alamannus Falluca", che forse era figlio del F., ormai probabilmente defunto. La data della morte del F. può essere posta quindi nel periodo che va dal maggio 1230 (nel febbraio di quell'anno il F. era anche ricordato in un diploma di Federico II che confermava a Goffredo Iamperonni di Simeri un feudo nel territorio di Barbano concessogli dal F.) al luglio 1235, quando sua moglie e forse suo figlio sottoscrivevano l'atto relativo a S. Angelo.
Il feudo di Belcastro, comprendente anche Simeri, venne aggregato successivamente al Demanio della Regia Corte, in una data che presumibilmente deve essere posta dopo il 1235. L'imperatore Federico II ottenne infatti Belcastro e Simeri da Alamanno Falluca in cambio delle terre di Lagonegro e Lauria, che Alamanno tenne fino alla morte dell'imperatore. Fu Clemencia, figlia del F., andata sposa intorno al 1266 a Berardo di Tortoreto giustiziere della Sicilia Citra, ad adoperarsi per la restituzione del dominio di Belcastro e Simeri ai Falluca. Carlo I d'Angiò nel 1269 accolse la richiesta di restituzione inoltrata da Clemencia riconoscendo il diritto ereditario dei Falluca. La questione venne risolta con una transazione: Belcastro fu restituito in feudo a Clemencia ed ai suoi eredi, mentre al Demanio regio rimase il castello di Simeri. Il sovrano intervenne più volte a questo proposito in favore di Berardo di Tortoreto e di sua moglie Clemencia, perché non venissero molestati nel possesso dei beni in Belcastro da Bertrando de Malamorte. Nell'ottobre 1274 Clemencia Falluca e Berardo di Tortoreto sottoscrivevano un atto di donazione per il monastero di S. Angelo de Frigilo. Ancora nell'anno 1278 Clemencia viene menzionata più volte come signora del luogo. In un mandato di reintegrazione nel possesso di alcune terre un tempo appartenute ad Alamanno Falluca, Clemencia viene ricordata come signora di Belcastro. Nello stesso documento si faceva pure cenno a Flos-aliarum. (Fiore delle altre), signora di Barbaro in Calabria, anch'essa discendente del Falluca. Poco dopo veniva intimato a Clemencia di pagare le decime al vescovo di Belcastro. Nello stesso anno fu emesso un nuovo mandato in favore di Clemencia contro il signore di Simeri Enrico de Cimili.
Vi è ragione di credere che Clemencia sia morta senza eredi e che il possesso del dominio di Belcastro fosse passato a Flos-aliarum, ultima discendente della famiglia Falluca. Flos-aliarum, figlia o più probabilmente nipote del F., aveva sposato Atenolfo dei conti di Aquino e dal suo matrimonio erano nati due figli, Tommaso ed Atenolfo. Per suo tramite Belcastro passò alla famiglia d'Aquino. Flos-aliarum possedeva come propri feudi ereditari Barbaro, Castagna e Taverna: il 15 luglio 1271 veniva ripreso un processo tra Flos-aliarum signora di Castel Barbaro e Bertrando de Montiliis, procuratore fiscale, per il possesso del castro di Taverna in Val di Crati; nel 1278 fu emesso un mandato in suo favore - nel testo era ricordata come "vidua" - contro i suoi vassalli in terra di Barbaro.
Ancora nel maggio del 1283 venne citata a comparire alla Gran Corte per violazione dei confini di Taverna. Quando il figlio Tommaso fu fatto prigioniero il 5 luglio 1284 nella battaglia navale vinta da Ruggiero di Lauria nelle acque di Napoli, Flos-aliarum chiese ed ottenne la parziale restituzione dei beni, fatti salvi i diritti del secondogenito Atenolfo. In un altro scontro tra Angioini ed Aragonesi trovò la morte il figlio Atenolfo ed il 14 giugno 1293 Flos-aliarurn "nobilis mulier de Fallucca" ottenne dal re la facoltà di alienare alcuni beni del defunto Atenolfo. Nel novembre 1296 viveva ancora nel castello di Brocco, di proprietà dei figlio Tommaso, in Terra di Lavoro.
Fonti e Bibl.: B. Tromby, Storia critico-cronologica diplom. del patriarca s. Brunone e del suo Ordine cartusiano, V, Napoli 1775, App. I, p. XXI n.XI; Syllabus Graecarum membranarum, a cura di F. Trinchera, Napoli 1865, p. 368 n. 280; E. Winkelmann, Acta Imperii inedita, I, Innsbruck 1880, p. 276 n.307; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, a cura di J. Ficker-E. Winkelmann, V, I, Innsbruck 1881-1882, n. 1775; E. Pometti, Carte delle abbazie di S. Maria di Corazzo e di S. Giuliano di Rocca Falluca in Calabria, in Studi e docum. di storia e diritto, XXII (1901), pp. 290 n. 11, 298 n. 15, 302 n. 16; A. Pratesi, Carte latine di abbazie calabresi provenienti dall'Archivio Aldobrandini, Città del Vaticano 1958, pp. XXII n., 160-162 nn. 63 s., 164, 210 n. 84, 365 n. 157, 381 n. 165, 382, 446 n. 200; G. Fiore, Della Calabria illustrata, Napoli 1691, p. 200; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, IX, Venetiis 1721, col. 368; O. Dito, La storia calabrese e la dimora degli ebrei in Calabria..., Rocca San Casciano 1916, p. 74; F. Scandone, La vita, la famiglia, e la patria di s. Tommaso de Aquino, Roma 1924, p. 82 (per la famiglia Falluca ed in particolare Clemencia e Flosaliarum cfr. pp. 82-85); N. Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien, II, Apulien und Kalabrien, München 1975, pp. 893, 949 s. Per le vicende legate al dominio su Belcastro dei discendenti della famiglia Falluca, in cui non è citato direttamente il F., cfr. E. Sthamer, Bruchstücke mittelalterlicher Enqueten aus Unteritalien, in Abhandlungen der Preussischen Akademie der Wissenschaften, Phil-hist. Klasse, 1933, n. 2, p. 72; I Registri della Cancelleria angioina, a cura di R. Filangieri, I, Napoli 1950, p. 300 n. 436; IV, ibid. 1952, pp. 45 n. 276, 145 n. 967; VI, ibid. 1954, p. 255 n. 1368; XX, ibid. 1966, pp. 246 n, 646, 247 nn. 650 e 654, 248 n. 657, 249 n. 666; XXVI, ibid. 1979, p. 127 n. 191; XXVII, 2, ibid. 1980, pp. 467 s.