DE FAZI, Remo
Nacque, ultimo di quattro figli, a Montefiascone (Viterbo) il 30 ott. 1891 da Ettore e Maria Fioroni. Il padre era impegnato nello sfruttamento economico dei distillati del petrolio, la madre apparteneva ad una famiglia di farmacisti; la vocazione del D. fu quindi naturale, e tuttavia un evento drammatico ne accelerò forse la maturazione. Nel 1905 mori il padre e l'intero carico familiare cadde sul diciottenne fratello Romolo. Questi, malgrado la giovanissima età, seppe sfruttare i brevetti paterni riuscendo a far proseguire al fratello quegli studi che lui stesso aveva dovuto interrompere.
Il D. sì iscrisse all'università di Roma nel novembre del 1910 e si laureò a pieni voti in chimica pura nel 1914. In quello stesso anno il suo maestro, E. Patemò, gli pubblicò, nel contesto di un proprio articolo, i dati della sua prima ricerca, riguardanti il comportamento fotochimico di un alcaloide (la narceina) con acetone e benzofenone. In realtà tutto l'avvio della carriera scientifica e accademica del D. fu sotto il segno di un intimo rapporto con le ricerche e la scuola del Patemò. Così fu l'ormai anziano maestro siciliano a dare l'incarico al D. di studiare le reazioni fotochimiche fra benzofenone e acido butirrico (Azione della luce su benzofenone ed acido butirrico, in Gazz. chim. ital., XLV [1915], 2, pp. 6-10) e soprattutto fu lui a fornirgli un campione di acido β-trifenillattico per studiarne i derivati. Fu infatti durante questa ricerca che il giovane D. si imbatté nella sintesi degli indoni a partire dagli esteri β-idrossipropionici, sintesi che gli aprì un intero campo di ricerca (Studi intorno agli indoni, I, Sintesi dell' α-etil-β-fenilindone, ibid., pp. 143-150).
Questo primo lavoro sugli indoni è già datato dal laboratorio chimico della Sanità Pubblica, in cui il D. era stato nominato assistente. Gli anni immediatamente seguenti la laurea furono per il D. ricchissimi di esperienze scientifiche anche diverse fra loro. Con G. Bargellini studiò i glucosidi, con il fratello pubblicò estesamente i risultati di una comune ricerca, iniziata quando era ancora studente, sugli effetti delle radiazioni ultraviolette sui saccaromiceti (Azione dei raggi ultravioletti sulla fermentazione alcolica, in Ann. di chim. appl., IV [1915], pp. 301-329, altre note nei voll. VI e VIII). Un ultimo tema di ricerca riguarda un'interessante reazione colorata utile per la distinzione fra aldeidi aromatiche a aldeidi alifatiche (Una nuova reazione delle aldeidi, in Gazz. chim. ital., XLVI [1916], 1, pp. 334-359): Solo le prime danno colorazione rosso-violetta con acenaftene in presenza di acido solforico.
Si era ormai al secondo anno di guerra e il D. iniziò nell'aprile del 1916 un lungo periodo di servizio militare che avrà termine solo nell'ottobre del '19. Come molti chimici di tutti i paesi belligeranti, venne addetto alle ricerche sui gas asfissianti e svolse il suo lavoro.propsso il Centro chimico militare. L'interruzione degli studi e delle ricerche del D. non fu però totale: egli infatti, ancor prima del congedo, ottenne a pieni voti il diploma di laurea in chimica farmaceutica (luglio 1919).
La forzata pausa della guerra colse il D. nella fase estremamente delicata in cui, impegnando ogni energia nella ricerca, egli sentiva crescere la propria autorevolezza. Nell'ultima nota pubblicata sulla Gazzetta prima della chiamata alle armi (è il citato lavoro sulle aldeidi) ha il piglio di un maestro: si rende conto che la reazione che sta studiando (nota come "reazione di De Fazi") è complessa e che ogni interpretazione è azzardata, ma il rischio andava corso. In venti mesi di lavoro dopo la laurea il D. pubblicò undici lavori, fra cui le prime note sugli indoni, che segnano una tappa notevole nella chimica organica preparativa; ma più di ogni altra cosa è significativo il fatto che il suo metodo di lavoro era ormai saldamente costituito.
Terminata la guerra il D. venne nominato assistente ordinario nell'istituto di chimica applicata della, Scuola per ingegneri di Roma, pur continuando le sue ricerche nel laboratorio dei Paternò. Da qui infatti vengono datati i lavori che segnano la ripresa della sua produzione più qualificata, quella sugli indoni. Cercò di ottenere nuovi acidi cinnamici e lattici per controllarne il comportamento con acido solforico concentrato e giungere, in questo modo, a nuovi indoni (Sintesi degli acidi naftillattici e naftilcinnamici, I, Acido β-[α-naftil]-fenillattico e acido β-[α--naftil]-cinnamico, in Gazz. chim. ital., IL [1919], 1, pp. 242-251). Si tratta di lavori che attirarono l'attenzione della comunità internazionale, anche se mal conosciuti spesso solo attraverso i riassunti del Chemisches Zentralblatt. Così si ebbe la prima polemica con R. Stoermer e G. Foerster che credevano "di essere stati i primi a fare la sintesi dei due difenil-truxoni" (Studi intorno agli indoni. β-fenilindone e difeniltruxoni, ibid., 2, pp. 253-263). La polemica sarà ripresa più tardi, nel 1924; nel frattempo al D. era stata assegnata una borsa di studio del Ramsay Memorial Fellowships Trust ed egli poté lavorare per un anno presso il laboratorio di chimica organica dell'University College a Londra.
Il soggiorno londinese accelerò la carriera del D., che nel 1921 conseguì la libera docenza in chimica generale, titolo che gli aprì un incarico di insegnamento, in chimica generale e applicata, presso la Scuola superiore di architettura di Roma. Forse indotto dalla stessa collocazione accademica il D., durante tutti gli anni '20, allargò la propria attività a non meno di sei temi distinti, talvolta lontani fra loro.
Innanzi tutto venne ripresa la collaborazione con il fratello Romolo sugli effetti delle radiazioni ultraviolette su fermentazione alcolica e lieviti. Nel 1922 venne pubblicata una nota sulla Sintesi di nuovi glucosidi (ibid., LII [1922], 1, pp. 429-435), nota che, pur accolta con interesse a livello internazionale, non venne seguita da altre nello stesso settore. Una continuazione delle ricerche condotte al Centro chimico militare furono i contributi sul tiofosgene, composto di grande interesse industriale, che il D. affermò di poter preparare con alte rese con un metodo di cui mantenne riservati i dettagli (ibid., LIII [1923], pp. 175 s.). Altri lavori ripropongono un rapporto continuativo con gli interessi scientifico-industriali del fratello; nel 1926 il D. scriveva: "Da parecchi anni sto studiando la desolforazione dei petroli grezzi" (Sulla determinazione dello zolfo nei combustibili liquidi, in Ann. di chim. appl., XVI [1926], pp. 405 s.).
Le indagini sulla reazione colorata delle aldeidi proseguirono fino al 1930, stimolando il D. a nuove preparazioni per controllare l'efficacia dei suoi reattivi (Alcuni bromo-derivati dall'acenaftene, in Gazz. chim. ital., LIII [1923], pp. 499-504). La produzione più interessante e qualificata del D. rimane però quella sugli indoni, con un approfondimento notevole sulla generalità del metodo e sui rendimenti delle reazioni (Studii intorno agli indoni, VI, Sui metodi di preparazione degli indoni, ibid., LIV [1924], pp. 996-1000; VII, Costituzione e sintesi dei truxoni, ibid., pp. 1000-1004) per giungere negli Studi intorno agli indoni, VIII (ibid., LVII [1927], pp. 545-550) a sviluppare un'indagine divenuta classica sull'α, β-difenilindone.
Nel 1928 il D. concorse per la cattedra di chimica farmaceutica e tossicologica di Perugia; ternato, venne chiamato come professore "non stabile" a Messina sulla cattedra omonima di quella città. Prima di trasferirsi nella nuova sede sposò, il 14 apr. 1929, Laura Guerci, che dopo la laurea aveva lavorato presso l'Istituto nazionale medico farmacologico Serono.
Verso la fine del 1927, sulla base di un importante lavoro di A. Windaus, il D. si era convinto di poter portare un contributo nel campo della vitamina D, in quanto era stata avanzata l'ipotesi della presenza di un gruppo indenico nel colesterolo.
Cominciò così un'avventura scientifica che condizionò anche le ricerche sugli indoni: "Chi segue in questo momento l'importante e tumultuoso studio della colesterina... può facilmente intravvedere quale interesse abbiano assunto ora le ricerche sugli indoni e sugli indeni" (Studi intorno agli indoni. Stereoisomeria degli indoni e degli indeni, XI, ibid., LXI [1931], pp. 131-137).Pocodopo il D. penserà ad una connessione fra il doppio legame presente negli indoni e quello del colesterolo (Studi intorno agli indoni. Alogenoderivati dell'α-etil-β-fenilindone, XII, ibid., LXII [1932], pp. 101-107).
Durante lo straordinariato condotto a Messina (il D. sarà chiamato a Pisa nel 1931) vennero pubblicati ben otto contributi sul tema della costituzione e della reattività del colesterolo, ma senza risultati di rilievo sul problema fondamentale della struttura di questa complessa molecola. Quando, dopo un lungo silenzio; il D. tentò di rientrare nella corrente principale (Colesterina e vitamina D, in La Ricerca scientifica, s. 2, VII [1936], pp. 225 ss.), la sproporzione con le capacità professionali e i mezzi a disposizione di gruppi come quello di Gottinga, diretto dal premio Nobel A. Windaus, era eccessiva, e più volte lo stesso D. cercherà di giustificare la "lentezza delle ricerche" (Sulla costituzione chimica della colesterina, XIV, Isocolesterina, 141-143°e epicolesterina, in Ann. di chimica farmac., I [1938], pp. 38-42), fino a parlare apertamente di "rendimenti, talvolta davvero scoraggianti" (R. De Fazi-F. Pirrone, Sulla costituzione chimica della colesterina, XVII, Isomerizzazione della colesterina con acido cloridrico, in Gazz. chim. ital., LXX [1940], pp. 18-29).
Durante la seconda guerra mondiale il D. fu nominato rettore dell'ateneo pisano il 3 marzo 1941 in sostituzione di C. A. Biggini, divenuto ministro dell'Educazione nazionale. Il suo mandato scadeva il 31 agosto dello stesso anno, quando la città fu sconvolta dal primo cruentissimo bombardamento aereo (la stessa famiglia De Fazi fu quasi travolta dagli effetti dell'incursione). Dopo il breve interregno di L. Russo, il carico della conduzione dell'università toccò ancora al D., che la resse dal 18 sett. 1943 al 9 marzo 1944, data delle sue dimissioni da una carica oramai priva di qualsiasi efficacia. Durante quel periodo il D. era stato l'unico riferimento per quanti avevano cercato in qualche modo di mantenere un rapporto con la città martoriata dai continui bombardamenti e dalla presenza tedesca. La sua nomma a rettore era stata accolta con freddezza dal G.U.F. Gruppo universitario fascista) pisano, in quanto l'adesione del. D. al regime era stata del tutto formale.
Il primo lavoro pubblicato dal D. dopo la guerra riguarda ancora una volta gli indoni (R. De Fazi-A. Banchetti, Studi intorno agli indoni. Cloroderivati del difenilindone, XIX, in Gazz. chim. ital., LXXVI [1946], pp. 283-296). Su questa linea di ricerca avvierà ancora per diversi anni i suoi più giovani collaboratori e nel 1951 richiamerà direttamente le sue prime ricerche (R. De Fazi-G. Berti, Sull'acido trifenillatico di Paternò e Chieffi, ibid., LXXXI [1951], pp. 673-676). Malgrado i crescenti impegni, accademici e nell'amministrazione dello Stato, l'ormai anziano D. aprì nel 1958 un nuovo settore di indagine con una nota Sulla nitrazione diretta del triptofano e di altri derivati indolici (R. De Fazi-G. Berti-A. Da Settimo, in La Ricerca scientifica, XXVIII [1958], pp. 1013 s.).
La moglie Laura, da cui non aveva avuto figli, era mancata il 2 sett. 1950, e il D. aveva sempre più occupato il suo tempo con incarichi pubblici: fu membro del Consiglio superiore di sanità dal 1953 al 1958, artefice della fondazione della Società italiana di scienze farmaceutiche, e di questa presidente dal 1958 al 1961. Esercitò attivamente la professione di chimico farmaceutico intesa nel- suo senso più ampio, fu preside della facoltà di farmacia a Pisa, con brevi interruzioni, dal 1934 al 1959, premio Ciamician per la chimica nel 1937 e premio Guareschi della Federazione degli ordini dei farmacisti nel 1959. Nel dicembre del 1966 veniva festeggiato come decano dei chimici farmaceutici nella nuova sede della facoltà da lui voluta fin dal suo arrivo a Pisa e costruita, sul suo vecchio progetto, dopo più di trenta anni. Nel settembre del 1967 gli fu conferito il titolo di emerito.
Si spense nella sua casa di Viareggio il 28 nov. 1979.
Il D. fu un didatta chiaro e brillante, anche se rigido nei rapporti con gli allievi e conservatore nei contenuti. Appartenne ad una generazione di chimici italiani che sentiva ancora viva la prestigiosa eredità di Cannizzaro, ma che non sempre seppe o poté adattarsi alle mutate condizioni di ricerca, che richiedevano una crescente specializzazione e l'impiego di tecniche che andavano oltre quanto poteva essere ottenuto con le manipolazioni della chimica classica. Il clima politico in cui operò negli anni più intensi della sua ricerca non favorì certo quel respiro internazionale, indispensabile alla ricerca avanzata, che fu recuperato solo nel secondo dopoguerra. Collocato in questo quadro, che trascende la sua personalità, il contributo del D., nei diversi campi della chimica organica che egli aprì e coltivò, appare di tutto rispetto.
Come si è già visto, la vita familiare e professionale del D. si intrecciò più volte con quella del fratello Romolo. Questi era nato il 5 ag. 1887 e aveva sviluppato fin da giovanissimo un'intensa attività professionale in vari campi della chimica industriale, per poi specializzarsi in quello delle fermentazioni. Lavorò per oltre un anno all'Istituto Pasteur di Parigi, ed ebbe per un decennio rapporti di lavoro, nel settore dei carburanti, con l'Inghilterra. Libero professionista per scelta, sviluppò le sue ricerche presso i laboratori delle imprese di cui era consulente. li suo carattere estroverso e intraprendente contrastava singolarmente con quello chiuso e riservato del fratello, con cui condivideva comunque il totale impegno culturale verso le scienze chimiche. Morì a Roma il 29 giugno 1954.
Fonti e Bibl.: Nell'istituto di chimica farmaceutica e tossicologica dell'università di Pisa sono conservati sei volumi che raccolgono le opere a stampa del D. e del personale degli istituti da lui diretti: i volumi sono corredati da una bibliografia completa. Le notizie personali sono tratte dal fascicolo conservato presso l'università di Pisa e dai ricordi della nipote Marcella De Fazi. Cenni sono in La Chimica e l'industria, XLIV (1962), p. 195 e XLIX (1967), p. 103; un necrologio è in Annuario dell'Università di Pisa, 1980-81, Pisa 1981, pp. 873-875. Il necrologio è stato ristampato in un opuscolo edito in occasione dell'inaugurazione (1981) di un busto del D., collocato nell'atrio dell'istituto pisano che ora porta il suo nome. Su Romolo, cfr. S. Carboni, R. D., in La Chimica e l'industria, XXXVII (1955), p. 75.