REFERENDUM (XXVIII, p. 976)
La Costituzione italiana (v. italia: Ordinamento politico, in questa App.) prevede il referendum per le leggi ordinarie, per quelle di revisione costituzionale e per le norme delle regioni. Il referendum del primo tipo ha carattere facoltativo ed è indetto dal capo dello stato su richiesta di almeno 500 mila elettori o di 5 consigli regionali, al solo scopo di abrogare - in tutto o in parte - una legge ordinaria o una norma equiparata, escluse quelle su: tributi, bilancio, amnistia, indulto, autorizzazione alla ratifica di trattati. Non sussistono limiti di tempo per la richiesta del referendum abrogativo. La legge in causa decade solo se partecipano alla consultazione la metà più uno degli elettori (che sono quelli chiamati ad eleggere la camera dei deputati) e con la maggioranza dei voti validi. Facoltativo è anche il referendum sulle leggi di revisione costituzionale, che può essere chiesto da un quinto dei membri di una camera o da 500 mila elettori o da 5 consigli regionali, ma solo nei tre mesi che decorrono dal momento in cui si rende pubblica la seconda approvazione della norma costituzionale da parte delle camere. Solo con la raggiunta maggioranza dei voti validi espressi nel referendum, la legge di revisione sottoposta al popolo può essere promulgata. Il giudizio degli elettori viene però escluso, se la norma sia stata approvata in seconda votazione a maggioranza di due terzi dei componenti di ciascuna assemblea. Preventivo ed obbligatorio, invece, è il referendum per la fusione o creazione di regioni, che deve precedere la legge costituzionale relativa, e così pure quello per lo spostamento di provincie e comuni da una regione all'altra. In questi casi partecipano al voto solo gli elettori degli enti interessati. Si può inoltre indire referendum, in sede locale, sulle norme emanate dalle regioni.
Per il referendum istituzionale, col quale fu proclamata in Italia la repubblica, v. italia: Storia, in questa App.