Rappresentanza politica nazionale e europea
Il contributo affronta il tema della rappresentanza politica alla luce delle profonde trasformazioni che hanno interessato il funzionamento dello stato costituzionale e il processo di integrazione europea. Viene inoltre discusso il ruolo del Parlamento europeo alla luce degli accresciuti poteri conferiti e del modificato assetto istituzionale dell’UE. Si individuano, infine, alcuni elementi della crisi del processo di integrazione anche in ragione della crescente asimmetria tra funzione e ruolo della UE e spazio concesso ad una rappresentanza politica dei cittadini europei autonoma rispetto alle logiche politiche nazionali.
Quando si parla di rappresentanza o meglio di rappresentanza politica nella sua accezione di diritto pubblico si fa riferimento alla trasmissione formale del potere tra chi detiene la sovranità (il popolo nel nostro sistema costituzionale) e chi è legittimato da questi ad imprimere contenuto al comando politico. La rappresentanza politica è, dunque, il cuore della forma di governo in un sistema che aspira a definirsi democratico e si riverbera nella composizione delle assemblee elettive quale massima espressione della democrazia rappresentativa. La nozione e la funzione stessa della rappresentanza politica non si esaurisce però nel ruolo delle assemblee elettive ma abbraccia sicuramente un novero più ampio di istituzioni e organi dello Stato; oggi questo processo di definizione del contenuto del comando politico attraverso processi più o meno rappresentativi tende a fuoriuscire dai confini nazionali e ad assumere sempre più una dimensione sovra ed internazionale. Dalla citata nozione di rappresentanza politica deriva la conseguenza che pressoché tutti gli organi dell’apparato pubblico vengono ad avere una natura rappresentativa nel senso di operare nella vece e nell’interesse di altri, ovvero della collettività e del cd. interesse generale. Sintetizzando ci si può esprimere nel senso che vi è una rappresentanza in senso ampio, che è carattere fondamentale del modello democratico contemporaneo e che è implicita perché inerente a tutti gli istituti politici, e vi è una rappresentanza intesa in senso più stretto, tipica delle camere elettive, che possiamo definire esplicita perché derivante da un atto espresso e formale: l’elezione1. Detta rappresentanza politica intesa in senso proprio o stretto, ovvero quella che pertiene alle camere elettive ed ai membri delle stesse, ha sviluppato nell’esperienza costituzionale occidentale alcune caratteristiche sue proprie che ne rappresentano dei connotati imprescindibili. La rappresentanza politica parlamentare nelle democrazie liberali moderne si caratterizza, infatti, per i principi della rappresentanza generale soprattutto nel senso che il membro dell’assemblea rappresenta l’intero corpo elettorale e non solo la propria circoscrizione di elezione o i propri elettori; ne consegue inoltre il divieto di mandato imperativo, ovvero gli elettori non possono dare istruzioni giuridicamente vincolanti agli eletti e non possono revocarli. Tali elementi costituiscono il fondamento della rappresentanza politica intesa in senso moderno ed in ossequio ai principi della democrazia liberale, sono cioè il minimo comun denominatore del carattere proprio della rappresentanza politica, essendo tra l’altro presenti nella stragrande maggioranza dei testi costituzionali (art. 7, sez. III, cap. I, tit. III, Cost. Francia 1791; art. 41 Statuto albertino; artt. 34 e 35 Cost. Francia 1848; parr. 93 e 96 Cost. Francoforte 1849; art. 29 Cost. Germania 1871; art. 21 Cost. Germania 1919; art. 67 Cost.; art. 38 Legge fondamentale Germania 1949; art. 27 Cost. Francia 1958; art. 152 Cost. Portogallo 1976; artt. 66 e 67 Cost. Spagna 1978; art. 161 Cost. Svizzera 1999), con alcune eccezioni quali la Costituzione U.S.A. del 1787 e la Costituzione francese del 1793, la quale si limitava ad affermare che ogni deputato appartiene alla nazione intera. Il Parlamento nelle democrazie liberali è il luogo dedicato alla sintesi ed all’elaborazione dell’interesse generale, tale funzione necessita di un parlamentare svincolato da una logica di mandato di rappresentanza diretto oltre che alieno da una parcellizzazione degli interessi non votata alla ricerca di una sintesi più alta2. Tali caratteristiche sono state oggetto di critica politica e discussione anche in ragione di frequenti fenomeni di cd. trasformismo parlamentare ovvero il cambio di partito o schieramento politico dell’eletto, sovente apparentemente giustificato da logiche di tipo egoistico piuttosto che dal perseguimento del più genuino interesse generale. A tutto ciò va aggiunto, e tenuto in considerazione, come nel nuovo contesto la rappresentanza politica non venga ad essere più solo una questione di diritto interno e di rapporto tra sovranità, popolo e territorio nazionale, in quanto il problema della rappresentanza assume una collocazione più ampia dovendo necessariamente fare i conti con le problematiche derivanti dai processi di decision making sovranazionale e soprattutto europeo. L’apertura della rappresentanza politica alle questioni del potere come riorganizzato a livello sovranazionale non perde di centralità neppure in un contesto, quale quello attuale, contraddistinto da spinte politiche centripete rispetto al processo di integrazione continentale che appaiono una reazione alle trasformazioni del sistema non sempre accompagnate da una adeguata riorganizzazione dei poteri e delle attribuzioni costituzionali (con la frequente dicotomia tra luogo della decisione politica e ambito politico della sua implementazione). In tale mutato contesto è dunque inevitabile e centrale affrontare le questioni della rappresentanza e porle nella prospettiva anche del funzionamento del sistema costituzionale europeo al fine di comprendere il carattere delle trasformazioni ed intuire le aporie e le esigenze di riforma di un sistema in tumultuosa evoluzione. Sempre di più, infatti, la rappresentanza deve esercitarsi nei processi decisionali sovranazionali e specificamente europei, o meglio sempre più spesso quello sovranazionale diviene il luogo adeguato delle scelte politiche pur in assenza di un conseguente processo di attribuzione di poteri veri di scelta alle forme di rappresentanza sovranazionale. In questo contesto lo sviluppo delle forme di rappresentanza politica sovranazionale necessita di una forte accelerazione al fine di colmare l’asimmetria3 esistente tra luogo di assunzione delle decisioni fondamentali e la capacità della rappresentanza politica democratica di svolgere un ruolo pieno in tali processi decisionali; si tratta appunto della questione di una adeguata politica rappresentativa fuori dalla tradizionale dimensione nazionale4.
Il sistema della rappresentanza politica, nodo centrale del modello costituzionale, ha vissuto, nel corso degli ultimi decenni, processi di profonda trasformazione determinati dalle modifiche intervenute – anche se non sempre codificate nelle carte costituzionali – con riferimento al mutamento dei rapporti tradizionali tra poteri dello stato e al progressivo sviluppo delle istanze decisionali sovranazionali. Il Parlamento europeo ha rappresentato, pur nella incompiutezza del suo processo di trasformazione in un Parlamento secondo la nozione tradizionale, una delle istituzioni centrali in questo processo di trasformazione. Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona il Parlamento europeo viene ad essere disciplinato dall’art. 14 TUE e dagli artt. 223-234 TFUE5. Il nuovo art. 14 TUE, con innovazione rilevante, definisce il PE quale istituzione composta di «rappresentanti dei cittadini dell’Unione» e non più solo come organo «composto di rappresentanti dei popoli degli stati riuniti nella Comunità» come accadeva con la vecchia formulazione6. Sempre in tema di rappresentatività il Trattato prevede che «la rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale». Si tratta in questo caso di previsione finalizzata a garantire una rappresentanza minima degli stati con minore popolazione in tal modo superando un criterio di piena proporzionalità quanto alla composizione del Parlamento europeo (in ossequio anche al residuo carattere internazionalistico della UE). Il Parlamento europeo assume il carattere di organo la cui composizione è il frutto di una elezione diretta dei membri nel 1978 a seguito della decisione del Consiglio europeo di Roma del 1975, cui fece seguito una Decisione degli Stati membri del 20 settembre 1976, cd. Atto di Bruxelles. La scelta dell’elezione diretta è stata successivamente oggetto delle procedure di implementazione nazionale che hanno dato vita a sistemi elettorali tra loro abbastanza divergenti in assenza di cogenti misure comuni relative alle regole elettorali da adottare. Infatti vi sono solo alcuni atti di indirizzo che suggeriscono principi di massima agli stati nazionali al fine di determinare una convergenza dei diversi sistemi elettorali (il modello comune suggerito è di tipo essenzialmente proporzionale). Sul piano interno la normativa di adozione della legge elettorale per il Parlamento europeo è stata riformata per effetto della l. 20.2.2009, n. 10 introducendo una soglia di sbarramento fissata al 4 % dei voti validi espressi sul piano nazionale. Sul punto è stato richiesto anche l’intervento della Corte costituzionale chiamata a pronunciarsi circa la compatibilità di detta soglia con le previsioni costituzionali ed europee (sentenza 15.6.2015, n. 110 la Corte ha però dichiarato la questione inammissibile e sentenza del 25.10.2018). La scelta del legislatore nazionale in tema di legge elettorale è stata inoltre, in linea con quanto previsto dal rinnovato Atto europeo, quella di non consentire la compatibilità della contemporaneità di mandato nazionale e mandato europeo. Quanto allo status dei parlamentari anche il Parlamento europeo, come tutte le altre grandi assemblee rappresentative del mondo democratico, garantisce ai propri membri piena indipendenza rispetto ad ogni vincolo di mandato. A tal proposito è chiaro l’art. 3 della Decisione dello stesso Parlamento del 28 settembre 2005 secondo cui: «1. I deputati votano individualmente e personalmente. Essi non possono essere vincolati da istruzioni né ricevere mandato imperativo. 2. Qualsiasi accordo sulle modalità di esercizio del mandato è nullo». Ciò detto la rappresentanza politica in Europa ha forme complesse di manifestazione e non si esaurisce certo nel ruolo e nella funzione del Parlamento europeo. Per gli stessi Parlamenti nazionali si prevede un ruolo costituzionale nel sistema rappresentativo sovranazionale. È infatti lo stesso Trattato sull’Unione europea che prevede e riconosce un ruolo nel sistema di rappresentanza sovranazionale agli stessi parlamenti nazionali. L’art. 12 TUE costituisce l’approdo di un processo di rafforzamento della rappresentanza politica insieme ai protocolli 1 e 2 allegati ai Trattati. La collocazione della norma appare assai significativa in quanto viene acclusa tra le disposizioni di apertura e che definiscono la natura costituzionale del sistema UE. Ai Parlamenti nazionali non viene dunque riconosciuto solo un ruolo formale o ancillare ma le camere rappresentative nazionali vengono pienamente associate al “buon funzionamento dell’Unione” come chiarito dall’avverbio “attivamente” inserito nel periodo. La cooperazione tra Parlamenti si sviluppa attraverso un complesso e ampio sistema di comunicazione di tutte le informazioni e dei progetti di atti legislativi e la previsione di strumenti di intervento, se non proprio di veto, rispetto alla attività legislativa UE. Accanto a questi strumenti permane il funzionamento della COSAC, oggi COSAU, ovvero la Conferenza che riunisce i rappresentanti delle singole commissioni affari europei dei Parlamenti nazionali. Il sistema è stato inoltre reso assai più efficiente attraverso la predisposizione di una procedura di allerta precoce, affidata proprio ai Parlamenti nazionali.
Il sistema della rappresentanza politica viene inoltre integrato dalla posizione centrale del Consiglio europeo7 e soprattutto del Consiglio dell’Unione europea8 che in alcuni termini pare configurarsi come la Camera alta del sistema costituzionale UE, conservando però tutta la centralità politica e decisoria che deriva a tali istituzioni dal carattere sostanzialmente ancora internazionale della UE e dalla centralità della cooperazione e contrattazione politica intergovernativa.
Nonostante l’aumento dei poteri decisionali del PE avesse indotto alcuni a sperare nella trasformazione della UE in una democrazia parlamentare, con la determinazione di una sostanziale parità con il Consiglio UE, le cose non paiono ancora aver avuto una tale evoluzione. Lo stesso rapporto di gradimento tra Parlamento e Commissione non pare aver ancora innescato delle dinamiche di tipo pienamente parlamentare nella costruzione delle relazioni politiche ed istituzionali tra Commissione e Parlamento. È però indubbio che tali avanzamenti, insieme anche alla recente prassi relativa alla individuazione degli Spitzenkandidat9, stiano contribuendo ad una progressiva apertura, invero ancora inadeguata rispetto al ruolo progressivamente assunto dalle politiche UE, del sistema verso logiche tipiche dei modelli democratici tradizionali, aprendo ad una vera e propria contendibilità del Governo UE al di fuori di logiche fondate sulla sostanziale contrattazione tra Governi nazionali. Un ulteriore rafforzamento della posizione costituzionale del Parlamento europeo potrà intervenire forse in ragione della auspicabile adozione di una legge elettorale unitaria o comune, eventualmente con la previsione di liste sovranazionali e, soprattutto, con lo svilupparsi di un dibattito politico pienamente europeo anche in ragione del rafforzamento del legame tra elezioni del PE e nomina del Presidente della Commissione e sua combinazione con ruolo e figura del Presidente del Consiglio dell’UE. Il problema della crescita della democrazia europea e del suo funzionamento è del resto più ampio di quello del riconoscimento del ruolo del PE essendo connesso al rafforzamento di ruolo e riconoscibilità degli attori politici e sociali UE ed alla creazione di uno spazio decisionale demandato alle istanze politiche UE e sottratto alla oggi imperante contrattazione tra attori politici nazionali10. I risultati non possono conseguire, infatti, solamente dal mutato quadro legislativo, abbisognando invece di una trasformazione della prassi politica e delle stesse dinamiche del dibattito politico. Una profonda innovazione della prassi politica è imprescindibile affinché i progressi recepiti dai Trattati si trasformino in un vero avanzamento della dimensione costituzionale dell’UE. La parlamentarizzazione del processo di integrazione europeo non passa, infatti, attraverso l’esclusivo accrescimento del ruolo del Parlamento europeo quale unica istituzione dotata di rappresentatività a livello UE. Una lettura di questo tipo sarebbe inadeguata e poco rispettosa della complessità del processo. Del resto il rapporto con rappresentanza popolare investe, sostanzialmente, tutto il quadro istituzionale dell’Unione europea. Se nel Parlamento europeo sono rappresentati i cittadini europei in quanto tali, lo stesso Consiglio UE, che è il luogo della rappresentanza degli Stati membri, assume il ruolo di mediazione tra i corpi elettorali nazionali, che sempre sono alla base del potere esecutivo nei sistemi di democrazia liberale, e la rappresentanza dei Paesi membri quali assi portanti del processo di integrazione che si fonda, appunto, sugli Stati e i loro Governi (signori dei Trattati nella icastica definizione del Tribunale costituzionale tedesco), configurandosi in una certa misura quale camera alta del sistema semi o quasi federale della UE11. In una simile prospettiva il Consiglio UE partecipa del circuito della rappresentanza politica a livello UE fornendo una istanza di mediazione centrale tra gli interessi statali e la ricerca di una convergenza sovranazionale, con un ruolo determinante per la formazione e la creazione di uno spazio condiviso di interesse comune europeo, determinando in buona sostanza, insieme al Parlamento europeo, l’indirizzo politico concreto dell’UE. Del resto il ruolo disegnato per il Consiglio UE appare idoneo a rappresentare il progressivo fenomeno dello spostamento dell’asse della decisione politica verso il potere esecutivo (di cui pure il Consiglio dell’Unione europea è un rappresentante esponenziale) con simmetrica compressione del ruolo delle assemblee parlamentari che assumono nella prassi costituzionale contemporanea una posizione ben diversa da quella immaginata dal costituzionalismo della tradizione liberal democratica che vorrebbe, invece, i Parlamenti come luoghi centrali della decisione e istituzioni supreme del modello democratico costituzionale. Il processo appare viepiú condizionato dall’imposizione, soprattutto a livello europeo, di dinamiche decisionali complesse e partecipate, aperte spesso a un ruolo forte di soggetti economici e portatori di interessi e competenze, capaci di condizionare la scelta pubblica12; è il caso dell’imporsi della governance come principale modello decisionale13 che sostituisce al criterio della rappresentanza quello dell‘interesse per cui la decisione diviene il frutto della scelta dei soggetti coinvolti piuttosto che atto volto al perseguimento esclusivo dell’interesse generale rappresentato e sintetizzato dal processo legislativo parlamentare.
Nel contesto brevemente accennato si inseriscono da ultimo le sfide portate al modello europeo da forze politiche ed istanze sociali di tipo eterogeneo rispetto alle tradizioni politiche che hanno guidato il processo di integrazione negli ultimi 60 anni. Sino ad oggi, infatti, il modello europeo è stato assai poco contendibile dal punto di vista politico essendo stato l’indirizzo politico prevalente rimesso alla concertazione delle famiglie politiche tradizionali, quali quella popolare e socialista ed essenzialmente emergente dall’accordo dei principali Governi europei anch’essi retti da opzioni politiche mainstream riconducibili alla tradizionale dicotomia tra popolari e conservatori da un lato e socialisti e democratico-progressisti dall’altro. Un tale modello di sviluppo politico è ora messo in discussione dall’ascesa, sull’intero palcoscenico politico continentale, di forze politiche dalle estrazioni più varie e sovente caratterizzate da forti toni di polemica rispetto al tradizionale processo di integrazione politica ed economica. Tale sfida potrebbe però fungere anche da detonatore di un pieno dibattito politico continentale aprendo alla contendibilitá delle opzioni politiche di governo dell’Unione, per tal via vitalizzando il dibattito politico sovranazionale14. In definitiva va dunque sottolineato come il tema della rappresentanza abbia subito profonde e ampie trasformazioni e come il processo di integrazione sovranazionale abbia determinato un radicale riassetto degli spazi e dei luoghi della decisione politica. Tale riassetto ha inciso sulla rappresentanza politica determinando un progressivo slittamento del potere di decisione dalle assemblee elettive ai rappresentati degli esecutivi, oltre ad offrire l’opportunità di un rafforzamento dei meccanismi di governance che pure hanno inciso profondamente su quelli che erano tradizionalmente gli assetti tipici del costituzionalismo democratico e liberale. Ciò a livello europeo si è esplicitato nel forte ruolo del Consiglio dell’UE (luogo di decisione dei Governi e dunque dei rappresentanti del potere esecutivo) e nel rafforzamento dei meccanismi di governance e decisione partecipata da stakeholders. Tutto ciò a detrimento di ruolo e funzione del Parlamento europeo e conseguentemente anche dei Parlamenti nazionali. In controtendenza rispetto a tale processo politico, però, le riforme istituzionali e dei Trattati hanno ampliato considerevolmente gli spazi decisionali del PE, lasciando aperta la via ad un sostanziale empowerment dello spazio politico europeo con un ruolo fondamentale per il Parlamento europeo quale istituzione sottratta alle logiche di continua negoziazione tra Stati membri.
Note
1 Rossi, L.Volpicelli, A., Rappresentanza politica, in Enc. it., 1935.
2 Curreri, S., Democrazia e rappresentanza politica: dal divieto di mandato al mandato di partito, Firenze, 2004.
3 Scharpf, F., The asymmetry of European integration, or why the EU cannot be a ‘social market economy’, in Socio-Economic Review, vol. 8, Iss. 2, 2010, pag. 211.
4 Maduro, M., A roadmap to exit the crisis: Democracy and Justice in Europe, in Papadopoulou, L.Pernice, I.Weiler, J.H.H., a cura di, Legitimacy Issues of the European Union in the Face of Crisis, Baden-Baden, 2017.
5 Strozzi, G. e Mastroianni, R., Diritto dell’Unione Europea. Parte istituzionale, Torino, 2016.
6 Guizzi, V., Manuale di diritto e politica dell’Unione europea, Napoli, 2015.
7 Laddove sono rappresentati i capi di Stato e di Governo degli Stati membri, con funzione di definizione delle priorità e degli orientamenti politici generali.
8 Organo composto dai rappresentanti degli esecutivi nazionali con funzioni legislative di tipo generale nel sistema UE.
9 Letteralmente dal tedesco “candidato guida”, ci si riferisce all’individuazione di candidati alla guida dei diversi schieramenti europei partecipanti alla elezione del Parlamento europeo con l’accordo tra i vari gruppi politici di indicare alla guida della Commissione europea il candidato dello schieramento che ha ottenuto il migliore risultato elettorale e conseguentemente il maggior numero di seggi in seno al Parlamento europeo.
10 Grimm, D., La forza dell’Europa sta in un’accorta limitazione, in Nomos, 22014.
11 Cfr. La ricerca disposta dal servizio ricerche del PE: Bicameral Traits At EU Level, European Parliamentary Research Service, 25 gennaio 2013.
12 Cfr. Di Maria, R., Rappresentanza politica vs. rappresentanza degli interessi: brevi considerazioni sul sistema di lobbying nell’Unione europea, in www.federalismi.it, n. 18/2015.
13 Amirante, C., Dalla forma stato alla forma mercato, Torino, 2008.
14 Papadopoulou, L.Pernice, I.Weiler, J.H.H., a cura di, Legitimacy Issues, cit.