CELANO, Rainaldo di (Raynaldus, Rainaldus)
Figlio di Pietro conte di Celano, nacque prima del 1180. Sua madre, di cui non è tramandato il nome, era una sorella dei conti di Manoppello della famiglia dei Palearia; Gualtieri di Palearia, suo fratello, fu uno dei protagonisti della scena politica nell'Italia meridionale, dai tempi di Enrico VI, come cancelliere del Regno, fino alla sua caduta definitiva nel 1221.
Diversamente dai fratelli, il C. scelse la carriera ecclesiastica e ricevette, probabilmente negli ambienti della Curia romana, un'istruzione letteraria ed ecclesiastica. Entrò come suddiacono nella cappella pontificia probabilmente già ai tempi del pontefice Celestino III. Non è possibile accertare se egli sia identificabile con quel "magister R.", il quale alla fine dell'anno 1197 sostituì temporaneamente il legato pontificio nelle Marche. Il C. viveva in quel tempo con le rendite della chiesa di S. Maria di Valle, che ora non siamo tuttavia in grado di localizzare con precisione. Papa Innocenzo III, che conosceva il C. sin da quando era cardinale, lo apprezzava molto, sebbene ancora nel 1199 non ne valutasse nella giusta misura la formazione culturale e letteraria, se la definiva "licet non eminentis tamen convenientis". Il C. invece cominciò ben presto a svolgere una intensa attività come autore e promotore di lettere con grandi pretese dal punto di vista linguistico e retorico, che lo misero in una nuova luce anche agli occhi del papa, tanto più che egli, dopo aver lasciato Roma, non interruppe i rapporti personali con Innocenzo III e con gli altri membri della Curia.
Dopo la morte dell'arcivescovo Matteo di Capua, avvenuta nell'estate del 1199 a Palermo, i canonici di Capua, senza aspettare il ritorno dei loro confratelli che si trovavano ancora a Palermo, elessero il C., con una sola votazione, nuovo arcivescovo, probabilmente nella seconda metà di ottobre del 1199. Una minoranza del capitolo, guidata dall'arcidiacono di Chieti Matteo Constantini, si oppose però all'elezione di un ecclesiastico forestiero, abbandonò quindi l'assemblea degli elettori e si appellò al papa. L'elezione, come anche l'opposizione ad essa, era motivata da ragioni politiche. Il padre del C. infatti si avviava ad estendere la sua espansione territoriale, così felicemente cominciata, dalla Marsica alla Terra di Lavoro; a Capua il suo dominio veniva contrastato da un lato, ma dall'altro ritenuto auspicabile come contrappeso all'influenza di Dipoldo di Acerra. Innocenzo III, che certamente conosceva i retroscena, respinse l'appello dell'opposizione considerandola illegittima dal punto di vista giuridico e confermò il C. il 7 dic. 1199. Poiché questi non aveva ancora raggiunto l'età canonica, Innocenzo III lo nominò in un primo momento soltanto procuratore della sede vacante, concedendogli però i pieni poteri per la "libera administratio... tam in spiritualibus quam in temporalibus". La piena conferma, che permetteva al C. di intitolarsi arcivescovo eletto di Capua, seguì soltanto dopo un certo periodo; nei documenti il titolo compare dal 1204, ma, a giudicare da alcune lettere della Raccolta epistolare capuana, il C. era arcivescovo eletto già nell'estate del 1200. Fu consacrato soltanto nel luglio del 1208 da Innocenzo III a San Germano e nello stesso tempo ricevette dal papa anche due importanti privilegi per la Chiesa di Capua.
Nei primi anni del suo episcopato il C. fu soprattutto un rappresentante della politica pontificia nella Terra di Lavoro. Non seguì ciecamente l'atteggiamento, spesso ambiguo, dettato dalle sue ambizioni territoriali, del padre Pietro; così il C. si privava dell'appoggio politico che spesso gli sarebbe stato tanto necessario a Capua. Come Pietro, il C. si oppose ai Tedeschi guidati da Dipoldo di Acerra, ma, mentre Pietro, d'accordo con il cognato Gualtieri di Palearia, contrastò anche Gualtieri di Brienne mandato dal papa contro i Tedeschi, il C. sostenne senza riserve il genero di re Tancredi. Partecipò alla sua campagna contro Venafro, e celebrò nelle sue lettere indirizzate al papa i successi del conte francese, in particolare la grande vittoria riportata nell'ottobre del 1201 presso Canne, dove Pietro cadde nelle mani di Gualtieri di Brienne. Nell'estate del 1201, quando gli inviati pontifici mandati in aiuto del Brienne furono minacciati apertamente nelle città campane, il C. li protesse da queste persecuzioni. Cercò di giustificare per quanto poté l'atteggiamento favorevole nei confronti degli avversari del papa assunto dai propri parenti, ma le sue parole non riuscirono ad eliminare le riserve di Innocenzo III. Il papa, da parte sua, stette quasi sempre dalla parte del C., quando questi trovò a Capua avversari che non esitarono ad accusarlo e diffamarlo. Quando i rapporti tra il C. e Leone d'Andria, il castellano di Capua, minacciarono di divenire critici, perché Leone, per il mantenimento della guarnigione, avanzava eccessive pretese sulle entrate della Chiesa capuana, Innocenzo III pare mandasse a Capua addirittura un proprio parente, il cardinale diacono Ugolino di S. Eustachio, per tentare una mediazione. Agli occhi del pontefice il C. era prezioso soprattutto come corrispondente fidato nel Regno, visto che egli, grazie alle sue nobili parentele che si estendevano fino a Palermo, poteva fornirgli informazioni sicure. In effetti fu in grado di trasmettere al papa, già all'inizio di novembre 1201, il resoconto di un testimone oculare sulla cattura di Federico II da parte di Marquardo di Annweiler e sugli avvenimenti immediatamente precedenti. D'altra parte il C. era informato sulle vicende della Curia da persone di fiducia, tra i quali erano, oltre al cardinale amalfitano Pietro Capuano - che dopo il trafugamento da Costantinopoli del corpo di s. Andrea gli lasciò come reliquia un dito dell'apostolo -, sicuramente anche membri della Cancelleria a lui legati da comuni interessi.
Nel 1206 ricevette dal papa l'incarico di risolvere il conflitto tra le Chiese di Venafro e di Isernia suffraganee di Capua che si trascinava ormai da decenni: tuttavia non assolse a questo compito, ma lasciò al notaio e rettore pontificio di Benevento Filippo il compito di ascoltare le due parti e di fare al papa il rapporto, che alla fine portò alla divisione dei due vescovati. Il C. entrò in rapporti più stretti con la corte di Palermo soltanto quando il suo parente Gualtieri di Palearia riprese di nuovo ad amministrare il sigillo per il re minorenne. Nel marzo 1206 e nel maggio del 1207 Federico II gli confermava perciò le grandi donazionicon cui Enrico VI e Costanza avevano arricchito il patrimonio della Chiesa capuana al tempo dell'arcivescovo Matteo: Castel Volturno e il feudo di Landolfo Compalazio, successivamente baronia di Rossella. Pure, a differenza del suo predecessore Matteo e dei suoi successori, Rainaldo (II) e Giacomo, il C. non fu assunto come familiare nel consiglio regio, né gli furono, affidati incarichi nell'ambito dell'ammistrazione del Regno.
Quando nel 1208 i cittadini di Capua, per odio contro Pietro di Celano chiamarono nella città il conte Riccardo di Fondi, il C. si venne a trovare in una situazione assai precaria, che finì soltanto l'anno successivo quando, in seguito all'alleanza tra Pietro e Dipoldo di Acerra, il conte di Fondi fu cacciato di nuovo da Capua. Il C. indusse allora il suo antico avversano, il castellano Leone d'Andria che era assediato dal conte di Fondi nella fortezza cittadina, a consegnare il castello a suo padre Pietro, che in tal modo raggiunse gli obiettivi perseguiti fin dal 1199.
Si può soltanto supporre quale fosse l'atteggiamento del C. nei confronti di Ottone IV, il quale, grazie alla sua lega con Pietro di Celano e con la sua famiglia, non trovò nessuna resistenza nella Marsica quando varcò i confini del Regno. Visto che il C. nel 1210 fece redigere atti a Capua e che Ottone tenne corte a Capua proprio dal novembre del 1210 fino all'aprile del 1211, il C. con tutta probabilità non si oppose all'imperatore guelfo. Innocenzo III nel novembre del 1210 lanciò l'interdetto sulla Chiesa di Capua, e lo rinnovò l'anno seguente, perché i canonici celebravano messe alla presenza dell'imperatore. Anche se Riccardo di San Germano, cui dobbiamo queste informazioni. non nomina espressamente il C., una lettera di condoglianze inviata molto probabilmente al presule in occasione della morte di suo padre, Pietro (che era scomparso dopo l'agosto del 1212, dopo esser stato nominato da Ottone IV maestro giustiziere e capitano del Regno), presuppone invece che il destinatario sia passato, insieme con la sua famiglia, dalla parte del guelfo. Dal 1212 in poi mancano notizie sul C., e quindi non sappiamo nulla né sui suoi rapporti successivi con Innocenzo III né sulla data della sua morte. Visto che la Chiesa di Capua non era rappresentata al concilio lateranense del 1215, è probabile che il C. sia morto tra il 1212 e il 1215.
L'opinione sostenuta da H. Niese, E. Jamison e altri che il C. fosse vissuto fino dopo il 1219 (Niese) o fosse morto soltanto nel 1222 durante la spedizione ordinata da Federico II contro suo fratello il conte Tommaso di Molise (Jamison) è priva di fondamento. La Chiesa di Capua era sicuramente vacante intorno al 1215-16. L'arcivescovo regnante tra il 1216 e il 1222 si chiamava ugualmente Rainaldo, ma apparteneva alla famiglia Gentile e nei suoi documenti si definiva, di regola, come "Raynaldus, Secundus".
Sulla base di questa correzione, molte affermazioni riguardanti l'attività politica del C. si rivelano infondate. Non è più possibile sostenere che il C. abbia esercitato, anche immediatamente, un'influenza politicamente determinante sulla formazione del personale della Cancelleria siciliana (Niese), o sia stato "addirittura il prototipo dell'influenza papale" (Schaller) nella fase decisiva della sua trasformazione avvenuta intorno al 1220.
D'altro canto è fuori di dubbio che negli anni del suo pontificato capuano il C., con le sue ambizioni letterarie di autore di epistole artisticamente plasmate e in forza dei suoi stretti legami con la tradizione dello "stile" della Curia romana, sollecitò un circolo di ecclesiastici e laici campani ad uno studio particolare dell'epistolografia latina e contribuì con ciò all'inizio di una scuola capuana di ars dictandi, la quale - in modo analogo, anche se con diversa intensità - condizionò lo sviluppo dello stile linguistico alla Curia di Roma e nella Cancelleria siciliana. Soprattutto i notai della più tarda Cancelleria di Federico II, oriundi della Campania, sembrano essersi rifatti alle suggestioni di questa scuola capuana. Della attività letteraria del C. (che si articolava in lettere e formulari per esercitazioni) è testimone la cosiddetta Raccolta epistolare capuana contenuta nel cod. parigino Lat. 11867, ff. 114-130 e 136-149, che il Hampe ha scoperto e attribuito al circolo del Celano. Essa ci è stata tramandata da un solo apografo, per cui i suoi effetti letterari furono sicuramente molto minori delle più tarde raccolte epistolografiche fondate sulla tradizione capuana; tuttavia essa ne segna all'incirca gli inizi con l'immediato rifarsi alle norme della retorica di Curia e alla prosa d'arte, al quale si accompagnò un nuovo modo di arricchire lo stile con la metaforica della Vulgata.
Come politico il C. fu, durante la reggenza del papa, uno dei seguaci più fedeli di Innocenzo III. Ma in ultima istanza la sua politica si rivelò un fallimento, perché dopo la fine della reggenza non fu più in grado di far convergere, come avrebbe voluto, gli interessi della sua nobile famiglia con gli obiettivi del pontefice. Così diventò probabilmente la vittima della svolta antipapale e antifedericiana del padre e dei fratelli, anche se gli ultimi anni della sua vita sono avvolti nell'oscurità.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Pergamene del Capitolo metropolitano di Capua, n. 51 (a. 1211); Parigi, Bibliothèque nat., Cod. lat. 11867, ff. 114-130, 136-149 (in particolare, per alcuni dati relativi alla biografia del C., ff. 119 c-d, e 136 a-b); Ryccardi de Sancto Germano Chronica, in Rer. Ital. Script.,2 ed., VII, 2, a cura di C. A. Garufi, pp. 22 s., 27 s.; E. Gattola, Adhistoriam abbatiae Cassinensis accessiones..., I,Venetiis 1734, pp. 286-289; Gesta Innocentii pp. III, in J. P. Migne, Patr. lat., CCXIV, col. CCXIV; Innocentii III romani pontificis Regestasive Epistolae, epp. II, 277; X, 91; XI, 125 s.; ibid., coll. 841-45; CCXV,coll. 1187-90, 1437-41; A. Potthast, Regesta pontificum Romanorum..., I,Berlin 1874, nn. 949, 3146, 3467 s.; J. F. Böhmer-J. Ficker-E. Winkelmann, Regesta Imperii,V, Innsbruck 1881-1901, nn. 12200, 12224, 14644; P. Scheffer-Boichorst, Urkunden und Forsch. zuden Regesten der staufischen Periode: ErzbistumCapua, in Neues Archiv der Gesellschaft für älteredeutsche Geschichtskunde, XXIV(1899), pp. 157-160; E. Jamison, Tre lettere pontif. del principiodel secolo XIII, in Samnium, III(1930), pp. 78 s. n. 1; M. Monaco, Sanctuarium Capuanum, Napoli 1630, pp. 241-249; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra…,VI,Venetiis 1720, coll. 330-333; F. Granata, Storia sacra della chiesa metropol. Di Capua, I,Napoli 1766, pp. 140 s.; G. Mauri, Notizie istoriche, cronolog. e diplomatiche per lopatronato regio della Chiesa di Capua, Napoli 1789, pp. 79 s.; E. Winkelmann, Jahrbücher Philipps von Schwaben und Ottos IV., I,Leipzig 1873, p. 35; II, ibid. 1878, pp. 19, 41, 92, 517 nn. 1-2; G. Jannelli, Pietro della Vigna di Capua, Caserta 1886, p. 131; K. Hampe, Aus der Kindheit KaiserFriedrichs II., in Mitteilungen des Instituts fürösterroich. Geschichtsforschung, XXII(1901), pp. 576 s., 581-585, 589, 592-96 nn. 1-2; Id., DeutscheAngriffie auf das Königreich Sizilien im Anfangdes 13. Jahrhunderts, in Histor. Vierteljahrrsschrift, VII (1904), pp. 482 s., 487 n. 4; V. Caperna, Storia di Veroli, Veroli 1907, pp. 283 s.; K. Hampe, Über eine Ausgabe der Capuaner Briefaammlungdes Cod. lat. 11867 der Pariser Nationalbibliothek, in Sitzungsberichte der Heidelberger Akademie derWissenschaft, Philosophisch-historische Klasse, I (1910), 8, pp. 14-15; Id., Mitteilungen aus derCapuaner Briefsammlung 1-2, ibid.,13, pp. 4-44; Id., Beiträge zur Gesch. der letzten Staufer, Leipzig 1910, pp. 13, 34 s.; H. Niese, Zur Gesch. desgeistigen Lebens am Hofe Kaiser Friedrichs II.,in Historische Zeitschrift, CVIII(1912), pp. 524 s. 530 s.; F. Baethgen, Dio Regentschaft Papst Innozenz III. im Königreich Sizilien, in ReidelbergerAbhandlungen zur mittleren und neueren Geschichte, XLIV (1914), pp. 54 s., 66-69, 132, 147 s.; E. Jamison, I conti di Molise e di Marsia, in Convegno storico abruzzese-molisano 25-29 marzo 1931, Atti e mem., I,Casalbordino 1933, pp. 109, 112-114, 117, 119, 123; H. M. Schaller, DieKanzlei Kaiser Friedrichs II., in Archivfür Diplomatik, Schritsgeschichte, Siegel- und Wappenkunde, IV(1957), pp. 210, 221, 224; V (1958), pp. 284 s., 301.