NETTI, Raffaele
NETTI, Raffaele. – Nacque il 24 febbraio 1775 a Santeramo in Colle, presso Bari, da Marcantonio – esponente del ceto possidente legato alla locale ‘università’ (municipio) e impegnato a erodere i diritti feudali dei marchesi Caracciolo in quell’area – e da Lucia de Giorgio, appartenente a un casato di Castellana che vantava discendenze dalla nobiltà normanna.
Al pari di molti cadetti di origine provinciale, fu collocato a Napoli presso il collegio scolopio di S. Maria di Caravaggio. Completati gli studi, insegnò scienze fisiche vestendo per breve tempo l’abito di abate. Amico di Carlo Lauberg, condivise le sue radicali opzioni intellettuali e politiche: si affiliò alla massoneria e collaborò alla riorganizzazione dell’attività latomica sul modello democratico-giacobino (fu ammesso nel dicembre 1793 nella Società patriottica) e alla propaganda filorivoluzionaria negli ambienti studenteschi e artigiani. Nel 1794 la congiura antiborbonica fu repressa ma Netti evitò l’arresto riparando oltreconfine, inizialmente a Smirne e poco dopo a Parigi. Subì in contumacia la condanna e la confisca dei beni (ma il fratello maggiore Francesco Saverio riuscì in seguito a riscattarli grazie all’influenza dei rami lealisti della parentela materna).
Nella Parigi termidoriana frequentò gli ambienti del democratismo radicale, trovando impiego in una libreria-stamperia e sperimentò modalità di intervento politico basate sull’integrazione di editoria e associazionismo che replicò dal 1797 nella Milano rivoluzionata dalle armate francesi. Durante la prima Cisalpina fu infatti titolare della più importante impresa editoriale dell’universo democratico milanese, che gestì sotto il nome di Stamperia de’ patrioti d’Italia e di Raffaele Netti editore.
La sua attività beneficiò di committenze istituzionali, ma si segnalò soprattutto come centro di aggregazione dei rifugiati meridionali (per i suoi tipi uscirono, oltre a traduzioni di Lauberg, il Giornale de’ patrioti d’Italia e vari titoli di Matteo Angelo Galdi) e come sede di promozione della pubblicistica più radicale e della filosofia materialista e atea (da Volnay a d’Holbac a Helvétius).
Dopo l’ingresso in città degli austro-russi, ristabilì i contatti con la terra d’origine, probabilmente in seguito a un temporaneo rientro nel Barese avvenuto durante la stagione repubblicana del 1799. Solo dopo il crollo del governo borbonico nel 1806, però, tornò in via definitiva, profittando della benevolenza riservata dai re napoleonidi agli ex giacobini.
In quel contesto riprese a beneficiare delle proprie origini sociali. Gestì personalmente i suoi beni e rivestì alcune cariche introdotte con l’ordinamento amministrativo francese: fu giudice di pace a Santeramo e, ancora all’inizio della Restaurazione, membro del consiglio provinciale di Bari e poi deputato alle opere pubbliche. Non rinunciò tuttavia all’attività clandestina: fondatore e gran maestro della vendita carbonara Aspiranti alla perfezione di Santeramo, individuò proprio nella sociabilità latomica una sede di confronto politico che né la censura né il rigido centralismo delle strutture amministrative ereditate dal Decennio francese consentivano di esprimere.
Nel settembre 1820, dopo la rivoluzione di luglio e l’adozione della costituzione di Cadice, la fama di notabile esperto in materia amministrativa e fiscale, non meno che l’autorevolezza del settario liberale, gli valsero l’elezione tra i cinque deputati di Terra di Bari al Parlamento napoletano.
Nei pochi mesi di vita dell’assemblea, sedette nelle commissioni Finanze e commercio, agricoltura, arti e industria, e prese di frequente la parola in aula. Si oppose ai governi dominati dai murattiani (mentre posizioni più sfumate riservò alla Corona) e difese le prerogative del Parlamento e la sua missione di riforma del testo costituzionale, salvo richiedere, dinanzi all’emergenza militare delle ultime settimane del nonimestre, che un comitato straordinario fosse investito di poteri dittatoriali. Le sue posizioni radicali, per esempio contro la riduzione della contribuzione fondiaria, rimasero inascoltate. Incontrarono invece consenso le proposte sulle procedure di controllo dei conti pubblici e per l’abolizione della Direzione di acque e foreste, ente rispetto al quale, come in svariate altre circostanze, Netti caldeggiò ipotesi di decentramento amministrativo che garantissero ai ceti dirigenti periferici forme di autogoverno più soddisfacenti (in particolare, fu favorevole a consigli provinciali permanenti anziché annuali).
Dopo aver firmato la protesta contro la soppressione manu militari del regime costituzionale redatta da Giuseppe Poerio, si ritirò a Castellana, dove professò opinioni più temperate e non diede motivi d’allarme alle autorità incaricate di controllare gli ex deputati. Tornò a dedicarsi alle sue proprietà e approfondì gli studi agronomici, riuscendo così a sedere di nuovo negli organi provinciali nei primi anni Trenta. Da allora si interessò per lo più alla questione agraria, partecipando negli anni Quaranta al dibattito sull’arretratezza e sui mezzi per lo sviluppo dell’agricoltura meridionale con relazioni alla Società economica di Terra di Bari, di cui era socio dal 1813, che raggiunsero talora i circuiti editoriali della capitale.
La partecipazione alle successive vicende politiche è registrata soprattutto dall’aneddotica locale, dove figura come partigiano entusiasta della svolta costituzionale nel 1848 – mai neoguelfo però: la stessa memoria familiare accentua il compiacimento dell’anziano Netti per le sue durature convinzioni materialiste e anticlericali – e, ormai vecchio, come sostenitore dell’impresa garibaldina e dell’unificazione.
Morì a Bari il 13 luglio 1863.
Scritti e discorsi: Discorso intorno all’Amministrazione delle foreste recentemente stabilita in questo nostro Regno di Napoli, Napoli 1820; Progetto di legge per legalmente incassare li doni patriottici, ibid. 1820; Discorso intorno alla convenienza del nostro sistema agrario col nostro stato economico, ed al modo di fare che torni conto cambiare, e perfezionare quel sistema presentato alla Società economica della provincia di Bari, ibid. 1840; Lettera a F. Cirelli, in Il Lucifero, 3 luglio 1844; Nota sulla piantagione a triangolo equilatero presentata alla Società economica della provincia di Bari, Castellana 1845.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bari, Archivio Caracciolo Carafa di Santeramo, Fondo Santeramo, cass. 1 A, f. 30; cass. 4 E-F, ff. 41, 57, 59, 63; cass. 5 G/1, ff. 22, 43; cass. 6 G/2/bis, f. 7; cass. 11 I/1, ff. 45, 46, 56, 66; cass. 14 I/4, ff. 85, 86; cass. 15 I/5, f. 87; Ibid., Intendenza. Polizia antica, b. 17; Arch. Storico del Comune di Santeramo in Colle, Partizione II, bb. 5, 6; Arch. di Stato di Milano, Albinaggio, b. 2; Ibid., Studi, P.A., bb. 114, 116; Ibid., Ferorelli, b. 4. G. De Ninno, Le «vendite» dei carbonari in Terra di Bari nel 1820-21 (continuazione), in Rass. pugliese di scienze, lettere ed arti, XIV (1897), 7, pp. 198 s.; S. Daconto, La provincia di Bari nel 1848-49. Narrazione storica dai documenti inediti dell’Archivio di Stato, Trani 1908, ad ind.; E. Noya di Bitetto, Blasonario generale di Terra di Bari, Mola di Bari 1912, pp. 88, 132; M. Viterbo, Un milite pugliese di quattro rivoluzioni: R. N., Bari 1915; Atti del Parlamento delle Due Sicilie, 1820-1821, a cura di E. Gentile, I-III, Bologna 1926-28, ad ind.; A. Lucarelli, La Puglia nel Risorgimento, I-IV, Bari 1931-53, ad ind.; B. Croce, Vite di avventure, di fede e di passione, II ed., Bari 1947, pp. 406-410; P. Spinelli, R. N. carbonaro e deputato pugliese, Ginosa 1955; A. Lepre, La rivoluzione napoletana del 1820-1821, Roma 1967, ad ind.; L. Parente, Ideologia politica e realtà sociale nell’attività pubblicistica di Matteo De Augustinis, in Arch. stor. per le province napoletane, 1973, vol. 90, pp. 92-94; P. Spinelli, La vendita dei carbonari «Aspiranti alla perfezione» di Santeramo in Colle nel 1820-1821, Bari 1975, ad. ind.; T. Pedìo, Massoni e giacobini nel Regno di Napoli. Emmanuele De Deo e la Congiura del 1794, Matera 1976, ad ind.; Il Mezzogiorno agli inizi della Restaurazione, a cura di W. Palmieri, Roma-Bari 1993, pp. XXI s.; G. Addeo, La libertà di stampa nella repubblica napoletana del 1799, inArch. stor. per le province napoletane, 1996, vol. 114, pp. 289 s.; A. De Francesco, Vincenzo Cuoco. Una vita politica, Roma-Bari 1997, pp. 39-44, 156-159; L. Guerci, Incredulità e rigenerazione nella Lombardia del triennio repubblicano, in Riv. stor. italiana, CIX (1997), 1, pp. 49-120; N. Antonacci, Dalla repubblica napoletana alla monarchia italiana. Politica e società in Terra di Bari (1799-1860), Bari 2000, pp. 57-60; G. Pellecchia, Una signoria feudale del Mezzogiorno d’Italia in età moderna: Santeramo fra XVI e XIX secolo, tesi di dottorato in Storia economico-sociale e religiosa dell’Europa, Univ. di Bari, a.a. 2002-03, pp. 175 s., 188; V.A. Melchiorre, Momenti e figure del Risorgimento nazionale in Terra di Bari nel 1820-1823, inArch. stor. pugliese, 2003, vol. 56, pp. 178-182; A. De Francesco, 1799. Una storia d’Italia, Milano 2004, pp. 38-39.