ARMELLINI, Quirino
Nacque il 31 genn. 1889 a Legnaro (Padova) da Antonio, coltivatore diretto, e Maria Basso. Dopo aver completato brillantemente i corsi presso l'Accademia militare di Modena partecipò alla guerra di Libia e alla prima guerra mondiale. Nel corso del ventennio successivo gli fu affidato il comando di reparti stanziati in patria e nelle colonie dell'Africa orientale. In particolare, dopo aver avuto il comando delle truppe stanziate in Somalia, rivestì - a partire dal 28 nov. 1935 - l'incarico di capo dell'ufficio operazioni del Comando superiore in Africa orientale, diventando uno dei più stretti collaboratori di Badoglio durante la guerra d'Etiopia.
Alla guerra condotta dalle forze italiane contro l'esercito e la guerriglia etiopici l'A. dedicò un volume di memorie (Con Badoglio in Etiopia, Milano 1937) pubblicato con un'enfatica prefazione di Badoglio. Il libro fu redatto sotto forma di cronaca minuziosa e per molti aspetti apologetica dell'opera di comando svolta giorno dopo giorno da Badoglio durante il semestre di permanenza in Etiopia.
Lo stretto rapporto di collaborazione tra l'A. e il maresciallo venne ribadito nel giugno del 1940 quando, all'entrata in guerra dell'Italia, l'A. assunse la carica di generale addetto presso lo Stato Maggiore Generale (poi Comando Supremo) affidato a Badoglio.
Nel periodo immediatamente successivo alla sostituzione di questo con il nuovo capo di Stato Maggiore Generale, generale Ugo Cavallero (6 dic. 1940), il generale Guzzoni - al quale fu affidato l'interim del comando durante l'assenza di Cavallero, impegnato sullo scacchiere greco - rimosse l'A. dall'incarico. Generale addetto allo Stato Maggiore Generale fu promosso Giovanni Magli, già comandante della divisione Centauro, mentre l'A. passò al comando della divisione La Spezia e successivamente del XVIII e IX corpo d'armata.
Il 25 luglio 1943, in seguito alla caduta e all'arresto di Mussolini e al conferimento della carica di capo del governo a Badoglio, questi affidò all'A. la delicatissima carica di comandante della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN).
Nel corso dei primi giorni di agosto Badoglio pensò all'A. come possibile incaricato delle trattative di armistizio con gli alleati; ma la permanenza del generale al comando della MVSN - permanenza che l'A. utilizzò per neutralizzare i reparti più accesamente antimonarchici operando contemporaneamente per lo scioglimento dell'intera organizzazione - impedì che gli fosse affidata la delicata missione.
All'annuncio dell'armistizio, sembrò esser stato incaricato, sulla base di indicazioni espresse da Badoglio, di reggere il comando di Roma "città aperta" sotto l'occupante tedesco. Ma questo ruolo, nelle ore convulse che fecero seguito alla fuga da Roma verso Pescara del re e del governo, venne assunto invece dal generale Carlo Calvi di Bergolo mentre l'A., allontanatosi dalla capitale, raggiunse il convoglio dei fuggiaschi, quando questi, già a bordo della "Baionetta", erano in procinto di salpare verso la Puglia. Tuttavia all'A. non venne permesso di salire a bordo e di unirsi ai partenti.
Nei mesi successivi l'A. partecipò alle attività della resistenza monarco-badogliana e il 24 genn. 1944, quando lo sbarco alleato ad Anzio faceva prevedere la liberazione della capitale entro brevissimo tempo, assunse l'incarico di comandante del Fronte clandestino di Roma. Dopo la Liberazione resse i comandi territoriali di Udine e di Palermo e quindi fu nominato presidente del Consiglio Supremo delle Forze armate.
Nel dopoguerra pubblicò due opere (La crisi dell'esercito, Roma 1945 e Diario di guerra. 9 mesi al Comando Supremo, Milano 1946) nelle quali, procedendo ad una vasta opera di ricostruzione delle vicende italiane relative al secondo conflitto mondiale, cercò di scagionare da ogni responsabilità sull'entrata in guerra e sulla direzione del conflitto i vertici militari ed in particolare lo Stato Maggiore.
Contro questa tesi che l'A. andò sostenendo anche su diversi periodici, ed in particolare sulla Rivista militare, non mancarono di alzarsi nette e giustificate note di polemica e di dissenso.
Decorato, nel corso della carriera, dell'Ordine militare d'Italia e di quattro medaglie al valor militare, nel 1952 fu collocato nella riserva per raggiunti limiti di età.
L'A. morì a Roma il 13 genn. 1975 dopo aver svolto per diversi anni una vivace attività pubblicistica quale collaboratore, su temi di politica militare, di vari quotidiani e settimanali.
Fonti e Bibl.: Oltre ai tre volumi dell'A. citati nel testo, di particolare interesse per inquadrare i suoi rapporti con Badoglio è la prefazione di quest'ultimo al libro del 1937. Le tesi sostenute circa il ruolo dello Stato Maggiore italiano nel corso del secondo conflitto mondiale si trovano, tra l'altro, negli articoli: L'alto comando e la preparazione dei quadri, in Rivista militare, III (1947), pp. 615-618; Le basi per la ricostruzione dell'esercito, ibid., IV (1948), pp. 353-362; Il grave problema dei quadri, ibid., pp. 1084-1091. Riferimenti all'attività svolta dall'A. al fianco di Badoglio in L. Ceva, Le forze armate, Torino 1981, ad Indicem; cfr. anche: Id., La condotta italiana della guerra, Milano 1975, ad Indicem. Sulruolo intricato e complesso giocato dall'A. nel corso degli eventi che vanno dal 25 luglio 1943 alla liberazione di Roma si vedano: G. Bianchi, 25 luglio crollo di un regime, Milano 1963, ad Indicem; R. Zangrandi, L'Italia tradita. 8 sett. 1943, Milano 1971, ad Indicem.