Qalat Siman
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Capofila dell’anno liturgico ortodosso – la sua festa si celebra difatti il 1° settembre – San Simeone lo è anche di quel particolare fenomeno dell’ascetismo orientale che va sotto il nome dello stilitismo. Le fonti agiografiche, di ambito sia greco che siriano, ricordano che Simeone, a partire dal 415, si sarebbe installato su un’altura prospiciente il villaggio di Telanissos, lungo la strada che collegava Apamea a Ciro, nella Siria settentrionale. Qui il suo desiderio di isolamento lo avrebbe spinto a collocarsi sulla sommità di una colonna (stilos in greco) progressivamente rialzata da sei fino a 36 cubiti (da 2,5 a 16 m) per sfuggire alla pressante curiosità dei fedeli che fin da subito avevano cominciato a visitare l’improvvisato santuario: modo forse singolare di sfuggire all’attenzione quello di porsi in cima ad un pilastro, ma che non di meno generò immediatamente una filiazione di pii imitatori, come dimostrano i resti del santuario di Simeone Stilita il Giovane sul mons Admirabilis presso Antiochia. A Qalat Siman resta tuttora un imponente complesso martiriale, cominciato ad edificare a partire dalla morte del santo (459) e il successivo trasferimento del corpo ad Antiochia; in assenza delle spoglie di Simeone, fulcro cultuale ed architettonico del martyrion diviene la colonna, intorno alla quale viene creato un edificio cruciforme (100 x 88 m), composto da quattro bracci basilicali che vanno a convergere verso un ottagono nel cui centro si erge la memoria. Per ottenere questo schema non si esitò a porre mano all’orografia dell’altura, realizzando attraverso poderose sostruzioni un ampio terrazzamento per ospitare in particolare il braccio ovest del santuario cruciforme, contrapposto a quello est, dotato di una terminazione triabsidata e, di fatto, da considerarsi come la vera e propria chiesa di San Simeone. Tanto gli edifici di culto che quelli di servizio sono costruiti, secondo la consueta tecnica locale, in grossi blocchi di pietra calcarea accuratamente tagliati; una ricca decorazione scultorea e doppi ordini di colonne addossate alle absidi ravvivano e alleggeriscono le pesanti e monotone murature esterne; di notevole livello anche l’apparato decorativo interno, come dimostrano i resti della pavimentazione in opus sectile nella navata centrale della chiesa, aggiunta nel corso del VI secolo sicuramente grazie a committenze di altissimo livello che, pare fin dalle origini (si è fatto il nome dell’imperatore Zenone, 425 ca.-491), si erano prese cura del complesso martiriale. Resta ancora da chiarire la questione dell’eventuale copertura dell’ottagono centrale contenente la colonna, certamente sub divo dalla metà del VI secolo (Evagrio, Historia Ecclesiastica) e forse già dall’origine lasciato aperto, a memoria di colui che per più di quarant’anni vi aveva vissuto “senza temere i venti che da ogni parte lo sferzavano” (Antologia Palatina, 500).