PROVINCIA
(XXVIII, p. 410; App. II, II, p. 623)
Con l'entrata in funzione delle regioni a statuto ordinario, il dibattito sull'opportunità di conservare la p., ente territoriale di livello intermedio tra il comune e la regione, si era andato accentuando coinvolgendo politici e amministrativisti. Mentre lo stato, incerto sul destino della p. nel quadro della futura riforma dell'amministrazione locale, aveva tralasciato per lungo tempo di regolamentarne attribuzioni e funzioni, le singole regioni ne avevano invece precisato il ruolo e i compiti in applicazione del disposto dell'art. 118 della Costituzione. Avevano infatti delegato spesso ad essa l'espletamento di funzioni in varie materie, quali l'istruzione professionale, i trasporti, l'ambiente, la caccia e la pesca, l'agricoltura, ritenendo evidentemente la p. l'ente territoriale più idoneo all'adempimento di determinati compiti sia per la sua antica rispondenza alle esigenze locali sia per la sua superiore e più immediata capacità d'intervento in molte circostanze. Nella consapevolezza di ciò, comunque, sia pure al termine di un lungo e travagliato iter legislativo, è stata approvata, con l. 8 giugno 1990 n. 142, una riforma dell'ordinamento dei comuni e delle p. in applicazione di quei disposti della Costituzione che fino allora non avevano avuto riscontro e applicazione nella legislazione dello stato.
Tale legge − qualificata come ''legge di principi'' in quanto detta alcuni criteri di base sull'organizzazione e le funzioni degli enti locali lasciando loro una vasta area d'iniziativa e rendendoli così artefici e protagonisti del proprio ordinamento, come sottolinea la circolare ministeriale 7 giugno 1990 n. 17102/127/1 − disciplina anche il conferimento della nuova potestà statutaria e definisce insieme i cosiddetti ''istituti di partecipazione''. Quella potestà e questi istituti rappresentano l'essenza dell'autonomia degli enti locali per l'ordinamento fissato dallo stato e anche per la Carta europea delle autonomie locali, la cui ratifica ed esecuzione era stata disposta in Italia con la l. 30 dicembre 1989 n. 439. Mentre in passato, infatti, si era negata la potestà statutaria agli enti locali e, quindi, anche alla p. sostenendo essere la materia relativa al loro ordinamento riserva di legge, oggi tale potestà viene riconosciuta come l'espressione più evidente dell'autonomia dei comuni e delle p., un'autonomia, però, i cui limiti sono naturalmente definiti dalla Costituzione e dalla legislazione dello stato.
Allo statuto, infatti, spetta la disciplina attinente alla struttura e all'attività dell'ente locale, non prevista dalla legge; compete anche la definizione dell'assetto organizzativo della p., in base alla tradizionale ripartizione dei suoi organi di governo (Consiglio provinciale, Giunta, presidente della Giunta); viene, infine, definita da quello, in relazione ai differenti aspetti dell'organizzazione e dell'attività dell'ente, la facoltà d'intervento della p. in molti settori amministrativi e normativi. Particolarmente importante è la potestà regolamentare, riconosciuta dalla l. 8 giugno 1990 n. 142 alla p. che può adottare norme per l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per le funzioni dell'ente. Caratterizzante la nuova forma dell'autonomia locale prevista per l'ordinamento della p., è inoltre la previsione di forme di partecipazione dei cittadini all'amministrazione dell'ente sia attraverso la pubblicità degli atti, sia attraverso il diritto di accesso a questi, salvo il caso che siano stati espressamente dichiarati riservati dalla legge, sia, infine, attraverso l'informazione che dev'essere garantita a tutti gli interessati. Nuova appare anche la previsione, ispirata al più completo garantismo, dell'istituzione di un ''difensore civico'', definito "garante dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione provinciale", col compito di segnalarne eventuali abusi, carenze, disfunzioni e ritardi.
Tra le funzioni attribuite alla p. ai sensi della l. 8 giugno 1990 n. 142, è indicata anche la programmazione in materia economica, territoriale e ambientale: la p. costituisce in quest'ipotesi un punto intermedio di natura essenziale tra i comuni e le regioni nel senso che deve armonizzare e coordinare le proposte dei comuni con le iniziative delle regioni, pur spettando ad essa la determinazione di indirizzi generali di assetto del territorio. In relazione alle esigenze della popolazione e alla funzionalità dei servizi, la p. può procedere alla suddivisione del proprio territorio in circondari e può altresì favorire forme associative e di cooperazione o anche, più semplicemente, accordi di programma tra diversi comuni di dimensioni ridotte che incontrano difficoltà a gestire singolarmente i servizi essenziali all'amministrazione.
Dopo l'istituzione delle p. di Pordenone (l. 1° marzo 1968 n. 171), di Isernia (l. 2 febbraio 1970 n. 20) e di Oristano (l. 16 luglio 1974 n. 306), con una serie di decreti legislativi (6 marzo 1992, nn. 248-254) sono state istituite sei nuove p.: Biella, Crotone, Lecco, Lodi, Rimini e Vibo Valentia. Con D.L. 27 marzo 1992 n. 254 è stata istituita la p. di Prato, mentre con D.L. 30 aprile 1992 n. 277 è stata istituita quella di Verbano-Cusio-Ossola. L'istituzione di questi nuovi enti locali è apparsa ai propugnatori e a molti altri dettata dalle tradizioni e dalle esigenze della popolazione e, quindi, pienamente giustificata non solo dal punto di vista della storia passata ma anche da quello dell'organizzazione e della gestione di determinati servizi utili alle collettività interessate. Da altri, invece, è stata ritenuta motivata prevalentemente da ragioni politiche o elettoralistiche e considerata priva di benefici per la frantumazione del territorio che ha prodotto, dividendo, per dar vita alle nuove circoscrizioni più piccole, aree assuefatte a essere amministrate unitariamente.
Al di là, comunque, di queste valutazioni opposte, si deve rilevare come la p. eserciti un ruolo ritenuto assai valido e come la sua organizzazione e le sue attribuzioni, adeguate adesso dalla l. 8 giugno 1990 n. 142, siano ben accette alla popolazione italiana che la considera tuttora, anche per l'importanza assunta nel tempo dal suo capoluogo, come un essenziale fulcro della vita pubblica nella periferia dello stato.
Va notato inoltre come, nel generale mutamento delle normative in materia elettorale riguardanti gli enti locali, il presidente della p. e il Consiglio provinciale debbano essere eletti in forma diretta con il sistema maggioritario ai sensi della l. 25 marzo 1993 n. 81.
Bibl.: C. Sichera, L'ordinamento delle autonomie locali, Milano 1990; L. Vandelli, Ordinamento delle autonomie locali, Rimini 1990; Id., Ordinamento delle autonomie locali: Commento alla legge 8 giugno 1990, n. 142, ivi 1990; Le autonomie locali, a cura di V. Italia e M. Bassani, Milano 1990; F. Staderini, Diritto degli enti locali, Padova 1991; P. Virga, L'amministrazione locale, Milano 1991; G. Iozzia, L'ordinamento degli enti locali, Rimini 1991.