CARNERA, Primo
Nacque a Sequals (Udine, ora in provincia di Pordenone) il 25 ott. 1906 da Isidoro Sante e da Giovanna Mazziol. Emigrato in Francia giovanissimo, fece vari mestieri: bracciante agricolo, manovale edile, spaccapietre. A diciassette anni, già dotato di un fisico eccezionale, fu ingaggiato come lottatore in un circo. Dopo un primo approccio fallito al mondo del pugilato nel 1925, nell'estate del 1928 il C. incontrò un ex pugile, Paul Journée, il quale insieme con il giornalista Léon Sée lo avviò alla boxe. Compiuta un'affrettata preparazione, il C. esordì a Parigi il 12 sett. 1928 infliggendo una sconfitta per k.o. a Léon Sebilo. Dopo altre due facili vittorie in Francia, batté a Milano il 25 nov. 1928 Epifanio Islas dinanzi a un pubblico accorso numeroso per la curiosità di vedere il gigantesco pugile (altezza, 2,05 metri; peso, 124 chilogrammi); la critica lo attaccò duramente definendolo "un bluff gonfiato a Parigi da alcuni affaristi della boxe a scopo di speculazione" e avanzando sospetti sulla regolarità dell'incontro (Gazzetta dello sport, 26 nov. 1928). Anni dopo Léon Sée, non più procuratore del C., confermò di aver addomesticato gran parte dei combattimenti; certo è che seppe con grande abilità scegliere per il C., che frattanto progrediva tecnicamente acquistando una relativa velocità di movimenti, avversari docili. Il solo ostacolo pericoloso fu lo statunitense Young Stribling, oppostogli alla fine del 1929 in due incontri, probabilmente truccati, conclusisi con una vittoria per ciascuno per squalifica: il C. mostrò una netta inferiorità, ma la sua fama giunse sino negli Stati Uniti, dove Sée aveva deciso di portarlo.
L'avventura americana si aprì sotto i migliori auspici grazie alla protezione di un potente "syndicate" capeggiato da Bill Duffy. Dal 24 gennaio al 15 sett. 1930 il C. conseguì ben ventitré vittorie, tutte prima del limite, per lo più alla prima o alla seconda ripresa, ma in alcuni casi la combine fucosì sfacciata da provocare l'intervento delle commissioni pugilistiche di vari Stati: Elziar Rioux (sconfitto il 31 gennaio dopo 47'') venne multato per scarsa combattività; George Trafton fu squalificato per essersi lasciato battere al primo round (26 marzo) da colpi ritenuti insufficienti a provocare il k.o.; "Bombo" Chevalier, arresosi inopinatamente al sesto round (14 aprile), confessò alla commissione pugilistica di California di essere stato "minacciato di morte qualora non si fosse lasciato battere prima della decima ripresa" (Gazzettadello sport, 17 apr. 1930): il 24 aprile il C. venne squalificato a vita da parte della National Boxing Association, ma continuò a combattere con successo negli Stati ove questa non era riconosciuta. Dopo una sconfitta ai punti contro J. Maloney (7 ottobre), forse provocata per smorzare i sospetti, il C. rientrò in Italia, dove, accolto trionfalmente, fu esaltato dalla stampa del regime come rappresentante della "forza e valentia della buona razza italiana che ad ogni svolta di storia ripullula e risorge" (IlMessaggero, 2 nov. 1930). Disputò in Europa alcuni incontri vittoriosi, poi ripartì per gli Stati Uniti ove annientò altri avversari; il 12 ott. 1931 subì però una altra sconfitta ai punti contro Jack Sharkey, aspirante al titolo mondiale, ma la sua prova fu onorevole. Di nuovo in Europa, dal gennaio al maggio 1932 vinse sette incontri perdendone uno. Avvenne allora la sua rottura con Léon Sée, il quale aveva amministrato poco oculatamente i guadagni del C. (già falcidiati dal fisco, dalle percentuali e dalle spese) con disastrose speculazioni finanziarie: questo distacco spianò forse al C. la strada per il titolo mondiale essendo ormai di assoluta "proprietà" dei "syndicate" nel quale Billy Duffy era stato affiancato da Lou Soresi, Vincent Coll, B. Hoff e Frankie De Mange, ritenuto molto vicino ad Al Capone. Dal luglio al dicembre 1932, contro un'unica sconfitta ai punti, il C. conseguì quindici vittorie di cui undici prima del limite. Il 10 febbr. 1933 gli fu opposto Ernie Schaaf in un incontro che avrebbe designato lo sfidante di Sharkey, divenuto campione mondiale.
Circolavano voci di combine e l'andamento del match sembrò confermarle: dopo un fiacco comportamento Schaaf fu messo k.o. al tredicesimo round da alcuni colpi non molto duri; ma, rimasto senza conoscenza e ricoverato all'ospedale, morì il 15 febbraio in seguito ad un'embolia cerebrale, la cui lontana origine erano molto probabilmente i tremendi pugni inflittigli da Max Baer il 31 ag. 1932. L'episodio, cinicamente utilizzato, servì a consolidare il mito di un C. dalla forza prodigiosa e dall'animo mite (fu ampiamente sbandierato il rimorso che lo aveva colto dopo la morte di Schaaf).
Il 4 apr. 1933 gli venne assegnato il titolo onorario di campione italiano dei massimi. Il 29 giugno 1931 opposto, a Sharkey, il C. vinse per k.o. al sesto round conquistando il titolo mondiale; qualche mese dopo si disse che, durante gli allenamenti, Sharkey fosse stato avvicinato da un membro della famigerata "Purple Gang" di Detroit e indotto a perdere. "Questa vittoria solleva enormemente il nostro prestigio sportivo e riafferma la virtù della razza… L'ampia mano del pugilatore ha raccolto un ramoscello di alloro e lo ha umilmente deposto ai piedi di Benito Mussolini" (Corrieredella sera, 1º luglio 1933); il fascismo utilizzò le gesta del C. per i suoi fini propagandistici e il 22 ott. 1933 venne organizzato un incontro a Roma, in piazza di Siena, affollata da 65.000 spettatori, tra il C. e Paolino Uzcudum: doveva essere "l'esaltazione del campione del mondo, in Roma, al cospetto del Duce" (Corrieredella sera, 23 ott. 1933). Il C. vinse ai punti, conservando il titolo mondiale e conquistando quello europeo, ma mostrò evidenti insufficienze tecniche e di potenza.
Dopo numerose esibizioni in varie città d'Italia, ripartì nel gennaio 1934 per gli Stati Uniti, dove difese con successo il titolo contro T. Loughran (1º marzo) e partecipò al film L'idolo delle donne con Myrna Loy e Max Baer. Opposto a quest'ultimo il 14 giugno, il C. resisté stoicamente fino all'undicesimo round subendo una durissima sconfitta. Per rilanciarlo, Bill Duffy, uscito dal carcere dopo aver scontato una pena per evasione fiscale, gli organizzò una trionfale tòurnée in Argentina e Brasile; poi lo oppose all'astro nascente, Joe Louis (25 giugno 1935), il quale vinse per k.o.t. al sesto round, nonostante il grande coraggio del C., che riportò notevoli danni al fisico. Era la fine: meno di un anno dopo, messo k.o. da Leroy Haines (27 maggio 1936), abbandonato ormai dal "syndicate", giacque per vari mesi in ospedale semiparalizzato. Ritornato in Europa senza mezzi finanziari, tentò di riprendere l'attività agonistica, sfruttato dal suo manager europeo Jeff Dickson; frattanto il suo procuratore americano, Lou Soresi, convinto che il nome del C. potesse ancora attirare il pubblico, si stava accordando con Mike Jacobs per "combinare" una serie di incontri prima di opporlo per la seconda volta a Joe Louis, divenuto campione del mondo. Ma il C., dopo uno sfortunato match con J. Zupan a Budapest, ricoverato in ospedale per gravi lesioni renali (17 dic. 1937), abbandonò il pugilato. In Italia partecipò ad alcuni film come comparsa; poi dal 1943 disputò alcuni incontri di lotta libera.
Nel dopoguerra per riottenere la licenza di pugile, necessaria per rimettere piede nel mondo sportivo americano, affrontò a Milano (21 nov. 1945 e 13 maggio 1946) Luigi Musina, perdendo. Emigrato negli Stati Uniti, si dedicò poi al catch (lotta libera), amministrato da un potente "syndicate" guidato da Babe Mc Coy, e dal 1947, divenuto campione mondiale, si prestò a recitare la parte di truculento "massacratore", disputando in media quasi cento incontri l'anno, in gran parte truccati. Dopo il suo ritiro, il C. visse agiatamente nei pressi di Los Angeles fino al maggio 1967, quando, gravemente ammalato, preso da nostalgia, volle tornare nel paese natio dove morì il 29 giugno 1967.
Al "caso Carnera", emblematico dei retroscena esistenti nel mondo del pugilato professionistico degli anni '30, dominato da sistemi ed organizzazioni gangsteristici, venne allusivamente dedicato il film Il colosso d'argilla (1956), tratto da un romanzo di Emil Schulberg e interpretato da Humphrey Bogart.
Fonti e Bibl.: Oltre al necrologio, pubbl. in Boxe ring, 5 luglio 1967, e ad alcuni quotidiani del tempo (Gazzetta dello sport, Il Littoriale, Corriere della sera, Il Messaggero), vedi inoltre: C. Borghi, P. C. L'uomo,il pugilatore, Milano 1932; A. Alloggi, Storia del campionato mondiale pesi massimi, Milano 1941, pp. 10-11; Boxe, 9 maggio, 31 ott. 1950; 5 sett. 1951 (contiene notizie sulla attività del C.); G. Fusco, Sul ring apparve una quercia, in Il Campione, 10 dic. 1956 - 6 maggio 1957 (ventidue puntate); C. Gramegna, Storia tascabile del pugilato, in La boxe nel mondo, agosto 1957 - luglio 1958; A. Rossi, Il pugilato professionistico in Italia, Forlì 1958, pp. 37-39, 293, 317, 324.