PRESTITO
Linguistica. - Il termine, non molto felice, di prestito (fr. emprunt; sp: préstamo; ted. Entlehnung; ingl. loan) è adoperato a indicare l'adozione di termini appartenenti a un determinato gruppo di parlanti da parte di un altro gruppo. Prestiti (ted. Lehnwörter; ingl. loan-words) si chiamano anche i singoli termini adottati: p. es. in italiano mangiare e giallo sono antichi prestiti francesi, mozzo e quadriglia spagnoli, festival e sport inglesi.
Gli aspetti del fenomeno sono in stretta funzione dei rapporti che possono correre fra la comunità linguistica che dà e quella che riceve, e perciò sono svariatissimi. Consideriamo i principali.
I due gruppi convivono in uno stesso territorio, p. es. in seguito a una conquista, e l'uno riceve dall'altro elementi linguistici più o meno numerosi. Talvolta l'invasore ha il sopravvento, e il popolo sottomesso ne apprende la lingua, com'è stato per esempio il caso della conquista romana in Gallia e in Iberia; talaltra l'invasore apprende la lingua dei vinti, com'è avvenuto per Goti, Franchi, Longobardi in territorio romanzo: i termini gallici e iberici e i termini germanici sopravvissuti nelle lingue romanze testimoniano il periodo di bilinguismo, di simbiosi linguistica.
Vediamo un altro caso: quello di gruppi geograficamente distinti, di cui uno esercita la sua influenza grazie al prestigio di cui gode. È il caso della penetrazione esercitata nel Rinascimento dall'italiano, come lingua colta, rappresentante di una civiltà cui gli altri paesi miravano come a un modello (termini di guerra come scorta, d'arte come busto, ecc.).
Anziché di prestigio culturale di cui un popalo gode, si può trattare di una specifica superiorità tecnica, o semplicemente d'un oggetto proprio d'un popolo che si diffonde presso altri (il caffè col suo nome arabo, giunto per via turca, il cacao e la chicchera importati dal Messico in Spagna e poi nel resto d'Europa, il pigiama dei musulmani della Persia e dell'India, adottato dai Portoghesi dell'India e trasmesso poi dagl'Inglesi all'Europa negli ultimi decennî). Talora s'impara semplicemente a conoscere il termine esotico: i minareti e i fiordi, le Cortes e il Reich.
Altro caso tipico d'influenza culturale è l'azione esercitata da una lingua scritta sulle lingue parlate dai popoli che si servono di quella fingua come lingua culturale, liturgica, ecc. Così l'influenza del latino è stata decisiva durante tutta la storia delle lingue romanze occidentali, in modo particolare nei primi secoli, e ciò si riflette in adozioni innumerevoli (così l'arabo ha agito fortemente sul persiano e sul turco, il cinese sul giapponese). Immensa è anche l'influenza esercitata dalle lingue nazionali sui dialetti, che ne sono man mano corrosi. Bastino questi casi a mostrare la vastità e la varietà del fenomeno.
Se passiamo a esaminare qual è il materiale linguistico che tende a passare da un gruppo a un altro, troveremo che tutti gli elementi vi sono soggetti: non solo quelli lessicali, ma anche, sia pure in minor misura, quelli fonetici e morfologici. Il termine di prestito si applica tuttavia di solito solo all'adozione di elementi lessicali. Fra questi, i più soggetti a scambî sono i sostantivi (si tratta quasi sempre di sostantivi, quando v'è importazione di oggetti accompagnata da importazione di parole); meno frequente è l'adozione di verbi e di aggettivi; ancor meno di parole "vuote" come i numerali. Tuttavia anche esempî di numerali passati da un gruppo all'altro non mancano: p. es. il piccolo-russo ha sorok "40" dal gr. (τεσ)σαράκοντα, ciò che si spiega se si tien conto dell'influenza della chiesa greca (quaresima). Anche l'adozione di preposizioni e congiunzioni è rara, ma non impossibile (sp. cada, dal gr. κατά: cfr. it. cadauno).
La via per cui i prestiti entrano nella lingua è spesso quella delle terminologie speciali. Un vocabolo estraneo si divulga anzitutto presso un gruppo ristretto, che ha peculiari rapporti con un gruppo analogo di altro idioma (terminologie d'arti e mestieri, nomenclature scientifiche, ecc.). Attraverso queste lingue speciali il termine può giungere poi alla lingua usuale: così, p. es., il fr. boulevard è stato preso all'olandese come termine tecnico indicante una speciale opera di fortificazione, e solo poi si è esteso al francese normale.
I moventi che spingono al prestito sono varî: si possono distinguere moventi d'ordine intellettuale e d'ordine affettivo, distinzione che suppergiù coincide con l'altra, che è stata tentata, fra i prestiti di necessità e quelli di lusso. Si abbia un oggetto cui gli appartenenti a una data comunità linguistica non hanno ancora avuto occasione di dare un nome (poniamo un animale esotico, o una nuova invenzione): si presenta ovvio l'accettare il nome da quelli che hanno già conosciuto e designato l'oggetto. Il condor ha serbato in tutte le lingue il suo nome quechua; quando dall'Inghilterra s'importò sul continente il tramway, si accettò in generale anche il termine:
Altra spinta d'ordine intellettuale è la surrogazione d'una parola della propria lingua che per qualche motivo sia inopportuna: o perché complicata (è il motivo per cui il groenlandese ha assunto alcuni numerali danesi) o perché equivoca (i dialetti ovviano spesso alle omonimie sostituendo uno dei termini equivoci, e talora tutt'e due, con termini della lingua nazionale).
Varî sono anche i moventi affettivi. Quando una lingua straniera è in voga, l'adoperarne dei termini sembra distinto, sia in quei casi nei quali si allude a oggetti, costumanze, ecc., per cui non v'è un termine esattamente adeguato nella lingua nazionale, sia in quei casi in cui il termine c'è, ma sembra troppo scolorito o viceversa troppo crudo. Si pensi a garçonnière; a bonne, nurse di contro a bambinaia, a W.C. di contro al termine volgare. Un medico che curi una cefalea o una cefalalgia è circonfuso di ben maggiore prestigio che se curasse un banale mal di testa. Snobismo e pigrizia convergono verso il medesimo risultato.
Quando i vocaboli forestieri arrivano ad entrare abbastanza largamente nell'uso, si ha di solito una ripartizione di significati con i termini indigeni che pressappoco corrispondevano ai nuovi: il francese bøuf, importato in Inghilterra con la conquista normanna, divide il campo con l'antico ox, in modo che ox e beef indicano l'uno l'animale vivo, l'altro la carne dell'animale usata per cucina. Il termine d'origine fiamminga bouquin ha in francese, rispetto a livre, un significato spregiativo o scherzoso.
Il grado maggiore o minore di assimilazione dei prestiti si spiega secondo la forma dei termini, le diversità strutturali fra i due idiomi e le vie seguite nel passare dall'uno all'altro. Quando il passaggio avveniva esclusivamente per via orale, l'adattamento dei prestiti al sistema della lingua in cui entravano era più completo che ora, che i termini per lo più entrano per via della lingua scritta, e si tende perciò a mantenere la grafia originaria. Dal germ. halsbërc si è fatto usbergo, mentre l'iceberg è rimasto iceberg, e non è diventato isbergo. La mancata assimilazione colpisce, quando si tratta di vocaboli la cui struttura mal si adatta al sistema dell'italiano (fonemi estranei, gruppi inconsulti di suoni, ecc.). Le varie lingue si comportano molto variamente rispetto all'adozione di elementi forestieri: l'inglese, p. es., ha molti vocaboli estranei; l'italiano ne ha molto meno: ma ove si tenesse conto dei vocaboli che il lessico italiano ha assunti dal latino scritto, il coefficiente diventerebbe pure altissimo. All'adozione di questi di rado si son fatte riserve, mentre invece più volte si è mosso guerra ai termini provenienti da altre lingue europee: si pensi al purismo del primo Ottocento e alle campagne di stampa dell'ultimo decennio.
Un tipo particolare di prestito è il cosiddetto calco (fr. calque; ted. Bedeutungslehnwort; ingl. translation-loan). Valga come esempio il nome tedesco della miosotide, Vergissmeinnicht, che fu adottato da qualche dialetto francese (Doubs freghissmini), ma altrove tradotto (ne m'oublie pas, non ti scordar di me, ecc.): si ha un prestito nel primo caso, un calco nel secondo. I calchi latini dal greco sono innumerevoli: il lat. causa assume il suo significato per influsso del greco αἰτία, obiectum (da obicio, composto di iacio) traduce πρόβλημα (da προβάλλω, composto di βάλλω), salvator riproduce σωτήρ, ecc. Il greco cristiano a sua volta ricalca spesso termini ebraici. Le lingue germaniche presentano calchi copiosi dal latino e dal neolatino: ecco di nuovo obiectum ritradotto nell'olandese voorwerp, salvator ricalcato dal germ. Heiland (e poi anche dall'ungh. üdvözitö); progresso si ritrova tradotto nello sved. framsteg, nel danese Fremskrid, ecc. Si può dire in generale che gli scambî culturali si riflettono nel lessico non meno nei calchi che nei prestiti. Benché vi siano numerosi esempî di calchi popolari, in genere il calco è indizio d'una più matura riflessione, e perciò prevale sul prestito nei campi del lessico astratto, e in quei periodi in cui il lessico d'un idioma è arricchito dai gruppi più colti. Il sanscrito ha dato molti prestiti al cambogiano, e invece molti calchi al tibetano; i prestiti italiani abbondano nello sloveno, mentre nel serbo-croato, specie per il tramite della letteratura ragusea, prevalgono i calchi.
Bibl.: E. Richter, Fremdwortkunde, Lipsia 1919; O. Jespersen, Language, Londra 1922, pp. 208-215; L. Bloomfield, Language, New York 1933, pp. 443-495. Sui calchi, v. H. Schuchardt, Slawo-deutsches und Slawo-italienisches, Graz 1884; K. Sandfeld, Notes sur les calques linguistiques, in Festschr. V. Thomsen, Lipsia 1912, pp. 166-173; M. Bartoli, Introduzione alla neolinguistica, Ginevra 1926, p. 83; M. Deanović, in Archivum rom., XVIII (1934), pp. 129-142.