PRESTITI INTERNAZIONALI
(App. II, II, p. 606; III, II, p. 478)
Va ricordato che i p.i. sono uno strumento giuridico-economico attraverso il quale vengono movimentati flussi finanziari da mercati con eccedenze di capitali verso mercati deficitari. I p.i. comprendono un insieme molto ampio e diversificato di contraenti (governi, organismi internazionali, banche, imprese, ecc.); di transazioni (prestiti con garanzie governative, prestiti vincolati, prestiti bilaterali, prestiti multilaterali, ecc.); di mercati (mercati finanziari nazionali e internazionali). Questo sistema è in continua evoluzione e nel tempo si è andato arricchendo di ''nuovi entranti'' sia dal lato dell'offerta (per es. paesi emergenti, quali la Corea del Sud e Taiwan), sia da quello della domanda (soprattutto i paesi dell'Est europeo), sia infine di nuovi strumenti, quali i certificati di deposito, i BOT (Build Operate Transfer), ecc. I p.i. sono anche uno strumento di stimolo del commercio internazionale, in quanto consentono l'esportazione di beni e servizi il cui pagamento viene differito nel medio-lungo periodo. Essi ricoprono inoltre un ruolo importante nel finanziamento dello sviluppo dei paesi beneficiari. Infine i p.i. possono esercitare un ruolo strumentale nello spingere i paesi beneficiari a introdurre misure di politica economica significative (per es. nel caso di prestiti del Fondo Monetario Internazionale, FMI) sia nei sistemi a economia di mercato che in quelli ''in transizione'' (i paesi dell'ex blocco sovietico). Mentre in questa sede l'attenzione verterà sulla struttura dei p.i. nell'ambito delle economie ''occidentali'', vale la pena di ricordare che nell'area del Comecon (che comprendeva i paesi a economia pianificata) tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Settanta era stato costituito un sistema di sostegno dei finanziamenti internazionali, a favore dei paesi membri, basato su schemi tendenti a realizzare un'integrazione economica e politica. Gli organismi − quali la Banca Internazionale per la Cooperazione Economica (BICE) e la Banca per gli Investimenti Internazionali (BII), che si finanziava nei mercati finanziari occidentali e concedeva prestiti ai paesi membri − e gli strumenti erano stati creati sulla falsariga di quelli operanti in Occidente. Il tracollo del sistema socialista alla fine degli anni Ottanta-inizio anni Novanta, e il successivo inserimento dei paesi del Comecon nell'ambito occidentale, ha reso superfluo il ruolo degli istituti suddetti.
Categorie di prestiti internazionali e caratteristiche principali. - Dal lato dei ''concedenti'' i p.i. possono essere ricondotti a tre categorie principali: prestiti bilaterali, prestiti multilaterali e prestiti misti. Gli utenti/mutuatari del paese terzo sono costituiti da organismi abilitati a contrarre p.i., quali per es. il governo, enti pubblici oppure enti/organismi privati (di solito banche o imprese).
Prestiti bilaterali. I prestiti bilaterali vengono estesi:
a) Da governo a governo, o da stato a stato.
b) Da organismi finanziari pubblici o privati (banca o mercato finanziario) di uno stato a favore di governo o enti pubblici, di organismi finanziari locali, di imprese locali di altro stato. In questa categoria rientrano le emissioni obbligazionarie (da parte del governo o di enti pubblici o privati qualificati del paese ''debitore''), i certificati di deposito o altri strumenti finanziari accettati nel mercato finanziario del paese ''creditore''.
c) Da impresa di un paese a impresa di altro paese (i cosiddetti suppliers credits, crediti dei fornitori che accompagnano la vendita di macchinari/impianti. Si tratta di prestiti rimborsabili nel medio periodo, ossia entro 5 anni).
I prestiti bilaterali hanno solitamente durata medio-lunga (superiore ai 5 anni); quelli che intercorrono tra i governi solitamente hanno maggior durata. Di solito i prestiti bilaterali non usufruiscono di garanzie da parte del governo del paese beneficiario; vengono concessi a tassi di favore (soprattutto quelli governativi). Generalmente, i prestiti bilaterali, con qualche eccezione per i prestiti concessi da parte di enti finanziari, hanno destinazione specifica, si concretizzano cioè nella fornitura di beni e/o servizi da parte di imprese o enti del paese concedente, senza esborso finanziario di fondi (che vengono accreditati al fornitore del paese di origine). Per le crescenti difficoltà dei debitori a rimborsare i prestiti, soprattutto nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS) e nei paesi dell'Est europeo, e quindi come forma di garanzia, è rientrata in uso la pratica di vincolare il rimborso del prestito alla fornitura di materie prime, prodotti finiti o servizi. Questa forma di finanziamento, il countertrade (che poi altro non è se non una modalità del barter o baratto), è ricomparsa di recente soprattutto nei rapporti creditizi con i paesi dell'Est europeo; ricadono in questa categoria i finanziamenti della Fiat in Russia e in Polonia.
Prestiti multilaterali. I prestiti multilaterali sono i finanziamenti concessi da organismi finanziari internazionali, quali appunto il FMI, la Banca Mondiale, la Banca Europea degli Investimenti (BEI), la Banca Europea per la Ricostruzione e Sviluppo (BERS), ecc., e da consorzi di banche commerciali operanti nei mercati finanziari internazionali. I concessionari dei finanziamenti degli organismi finanziari internazionali possono essere: governi o enti governativi; banche oppure organismi finanziari locali, pubblici o privati; imprese pubbliche o private. I prestiti degli organismi finanziari internazionali vengono solitamente garantiti dal governo e hanno generalmente un vincolo di destinazione, sono cioè legati a progetti specifici d'investimento dei quali viene accertata la fattibilità attraverso apposite analisi. Il finanziamento concesso di solito copre l'intero o solo una parte del costo d'importazione del bene o del servizio. Il mutuatario deve impegnarsi a reperire il ''saldo'' del costo dell'investimento, sia sul mercato finanziario locale che su quello estero. L'ammortamento del prestito è solitamente legato alla vita del progetto e tende a includere un adeguato periodo di preammortamento al fine di garantire una generazione di fondi (cash flow) che sia idonea ad assicurare un regolare rimborso del prestito secondo i termini contrattuali. Nel caso dei prestiti del FMI, tuttavia, i finanziamenti sono di tipo congiunturale e vengono concessi ai paesi membri allo scopo di risanare squilibri nella bilancia dei pagamenti nel breve periodo (i cosiddetti stand by, la cui concessione è subordinata all'adozione da parte del paese concessionario di un programma di stabilizzazione economica tendente a eliminare le cause dello squilibrio). I prestiti multilaterali tendono a essere concessi a tassi inferiori a quelli che il beneficiario potrebbe ottenere sui mercati internazionali e, non di rado, a seconda della destinazione del prestito e della situazione economica del paese interessato, possono essere concessi a tassi particolarmente agevolati.
Nell'ultimo decennio, a seguito della crisi debitoria che ha colpito la quasi totalità dei paesi in via di sviluppo e dei problemi di ''transizione''/ristrutturazione che caratterizzano i paesi dell'Est europeo, gli organismi finanziari internazionali tendono sempre più a vincolare la concessione di nuovi prestiti a interventi di politica economica da parte dei paesi beneficiari. Si tende cioè ad accertare che i paesi beneficiari adottino politiche di stabilizzazione dell'economia e misure volte al superamento di distorsioni strutturali interne (inflazione, deficit pubblico, restrizioni nel commercio internazionale, prezzi controllati, ecc.). Al tempo stesso gli organismi finanziari internazionali hanno intensificato il coordinamento fra di loro anche perché spesso operano negli stessi paesi e sovente finanziano progetti simili. Questa collaborazione è stata formalizzata ed estesa a tutte le categorie di creditori internazionali, che si riuniscono in appositi comitati (Club di Londra e Club di Parigi).
Anche i prestiti degli organismi finanziari internazionali solitamente non comportano esborso finanziario al paese beneficiario (sia che si tratti di governo o d'impresa): il pagamento viene effettuato al fornitore. La scelta del fornitore, a differenza di quanto avviene nei prestiti bilaterali, viene effettuata attraverso gare di appalto internazionali, sulla base di procedure collaudate, sotto la supervisione degli organismi suddetti.
Tutti i p.i. indistintamente comportano il ''rischio di cambio'' per il paese/utente finale del prestito, cioè il mutuatario sostiene il costo di un'eventuale svalutazione della moneta del proprio paese rispetto alla valuta nella quale il prestito è stato denominato (per es. dollari, yen, marchi tedeschi) per la durata del prestito. Questo rischio può riguardare una sola valuta oppure più valute (come avviene nel caso dei prestiti della Banca Mondiale che vengono denominati in un pool di valute). Altro rischio legato a questi prestiti è il ''rischio di tasso'', cioè una variazione dei tassi d'interesse di riferimento − di solito il LIBOR (London Interbank-Offered Rate) − che si ripercuote sul costo del prestito. In tal modo diventa problematico per il debitore fare previsioni sul costo del prestito. Fino alla metà circa degli anni Settanta i p.i. venivano concessi a tassi fissi; successivamente, a causa dell'instabilità dei mercati finanziari internazionali, furono introdotti i tassi variabili, i quali, unitamente al rischio di cambio, hanno esercitato un peso non trascurabile nell'aggravio dei costi dei prestiti e nell'insolvenza della maggior parte dei PVS. Esimendosi dai rischi di cambio e di tasso, gli organismi finanziari internazionali trasferiscono al debitore l'eventuale onere (o beneficio) derivante da una variazione del tasso. Nel caso di discesa dei tassi di riferimento, il costo del prestito si riduce proporzionalmente. Normalmente, i tassi dei prestiti concessi dagli organismi finanziari internazionali non tengono conto del ''rischio paese''.
Gli utenti dei finanziamenti dei consorzi di banche commerciali (o finanziarie) internazionali sono generalmente gli stessi degli organismi finanziari internazionali. Attraverso questi consorzi (o sindacati bancari) s'intende ripartire il rischio del finanziamento su un ampio numero di finanziatori. Solitamente questi finanziamenti avvengono a tassi di mercato, variabili, e a differenza dei prestiti degli organismi finanziari internazionali includono premi proporzionati al ''rischio paese'' e sono quindi più onerosi. Questi finanziamenti di solito non godono di garanzie governative e non sono necessariamente collegati a un progetto d'investimento. Essi tendono ad avere ammortamenti di durata inferiore a quelli degli organismi finanziari internazionali. I prestiti vengono erogati ai contraenti, non hanno cioè vincolo di destinazione. Nell'ultimo decennio, a causa della crisi debitoria dei paesi in via di sviluppo e della recessione prolungata nei paesi industrializzati, l'attività dei consorzi e dei sindacati bancari è andata rallentando. Ciò anche perché le banche commerciali internazionali avevano incontrato difficoltà crescenti a creare riserve adeguate a coprire l'eventuale inesigibilità di crediti dubbi e al tempo stesso garantire dividendi soddisfacenti ai propri azionisti.
Prestiti misti. Si tratta di una combinazione degli strumenti bilaterali e multilaterali. Attraverso questa forma, le banche commerciali si associano agli organismi finanziari internazionali in attività di cofinancing. In tal modo le banche commerciali beneficiano del potere contrattuale degli organismi internazionali e riducono il proprio rischio. Di solito, in queste forme tendono a prevalere le procedure di concessione e supervisione dei prestiti praticate dagli organismi finanziari internazionali (quali per es. la presenza di garanzia governativa e di altre clausole di penalità nel caso di mancato rimborso dei prestiti alla scadenza). I crediti delle banche commerciali tendono a essere rimborsati per primi, e ciò esercita un effetto calmieratore sul tasso d'interesse che sarebbe stato applicato in mancanza di cofinanziamento.
Evoluzione dei prestiti internazionali. - I p.i. nel secondo dopoguerra mostrano la tendenza a uno spostamento graduale da forme bilaterali verso forme multilaterali e a una trasformazione degli strumenti finanziari in direzione del capitale di rischio. Questo fenomeno ha radici già agli inizi degli anni Sessanta ma diviene predominante a partire dagli inizi degli anni Ottanta. Il trend riflette il boom dei finanziamenti verificatosi negli anni Settanta legato ai surplus dei paesi produttori di petrolio (durante questo periodo prevalgono i prestiti delle banche commerciali), seguito dalla crisi d'insolvenza generalizzata dall'inizio degli anni Ottanta a oggi, durante la quale diviene predominante l'attività degli organismi finanziari internazionali. Come conseguenza del fenomeno d'insolvenza sono stati introdotti nuovi strumenti che tendono a privilegiare il capitale di rischio.
Gli organismi finanziatori hanno maturato nel tempo la convinzione che nella concessione dei prestiti fosse necessario tenere sempre più in considerazione sia le ''capacità di assorbimento dell'economia'', e quindi l'efficienza progettuale e di gestione degli investimenti da parte dei mutuatari, sia le condizioni generali di affidabilità e solvibilità del paese, e pertanto fosse indispensabile valutare attentamente le condizioni generali dell'economia, la stabilità politica e la validità delle politiche economiche in atto e previste. Il ''rischio paese'', che riflette le componenti dianzi esposte, tenderà ad acquistare un'importanza preponderante nella valutazione dell'opportunità della concessione dei finanziamenti.
La crisi debitoria dei paesi in via di sviluppo ha radici lontane nel tempo; essa va ricondotta al periodo del primo shock petrolifero del 1973 che, da un lato, aveva creato problemi nella bilancia dei pagamenti dei paesi non produttori di petrolio e, dall'altro, aveva determinato un'elevata liquidità nei mercati finanziari internazionali (per effetto dell'ingente massa dei petrodollari riversatasi sul mercato). In tale contesto le banche commerciali avevano praticato una politica di ''prestiti facili'' con abbattimento dei tassi d'interesse e allungamento dell'ammortamento dei prestiti. Di fronte a uno stato d'insolvenza generalizzato, e con solo pochi esempi di salvataggi risoltisi positivamente (il Messico e il Chile sono fra i pochi esempi di successo, seppure significativi), venivano a perdere sempre più d'importanza pratica anche le garanzie governative. Per attenuare il rischio, attualmente le banche commerciali tendono a richiedere ai paesi beneficiari di garantire i prestiti con un pledge su beni aventi possibilità d'esportazione (i casi più recenti si sono riscontrati in Uzbekistan, che ha dovuto vincolare parte del raccolto di cotone alla concessione di un prestito da parte di un consorzio di banche occidentali). Nel contempo, la durata dei prestiti tende a ridursi e si va sempre più affermando la pratica del rinnovo, una volta che il prestito originario sia stato estinto.
Il quadro di riferimento dei p.i. ormai da alcuni anni si è spostato dalla componente ''concessione'' del credito all'aspetto ''recupero'' del credito stesso e di arginamento delle insolvenze che si dimostra di difficile gestione e soluzione. Infatti, l'economia internazionale si trova da qualche tempo a dover fronteggiare un fenomeno che può esser definito il ''circolo vizioso dell'insolvenza'': i paesi debitori non generano risorse sufficienti per rimborsare i prestiti alle scadenze e per questo non riescono a ottenere altri crediti necessari per finanziare investimenti che creerebbero risorse utilizzabili per far fronte agli impegni pregressi e finanziare nuove iniziative produttive. In tal modo, il ''circolo dell'indebitamento'' alimenta la recessione che a sua volta alimenta l'insolvenza che tende a creare instabilità politica e sociale nei paesi debitori.
All'aggravarsi delle insolvenze non sono estranee, tuttavia, le posizioni degli stessi creditori, e cioè delle banche commerciali da un lato e degli organismi internazionali dall'altro (Banca Mondiale e FMI, anch'essi su posizioni non convergenti fra loro). Le banche commerciali sono state portate a considerare il problema dell'insolvenza come un problema di liquidità (cash flow) e quindi a cercare la soluzione nell'ambito del rinnovo dei prestiti, sia pure con un'estensione dell'ammortamento e una riduzione dei tassi d'interesse. Esse, in realtà, hanno travisato il problema: la mancanza di liquidità è solo la manifestazione finale di un processo che ha radici strutturali. Le risorse (cash) non vengono generate perché si è ''inceppato'' il processo produttivo (si è inceppato il sistema ''paese'') sia per inefficienza di gestione degli investimenti, sia per alterazioni nei terms of trade, ecc., per cause cioè strutturali rispetto a cui, pertanto, misure di tipo congiunturale non possono generare effetti risolutivi.
Da parte loro, Banca Mondiale e FMI hanno seguito approcci divergenti e hanno contribuito a complicare lo scenario del recupero crediti. La Banca Mondiale ha ben presente che un sostenuto rimborso dei crediti tende a ridurre il tasso di crescita del paese debitore, quando con i rimborsi si sottraggono risorse necessarie per finanziare investimenti produttivi e i nuovi crediti vengono utilizzati per rimborsare debiti pregressi; d'altro lato, il FMI vincola la propria assistenza finanziaria all'introduzione, da parte dei paesi interessati, di misure idonee a migliorarne la capacità di rimborso nel medio periodo. Tuttavia, il FMI, attraverso i programmi di stabilizzazione, impone nel breve periodo notevoli costi ai paesi debitori attraverso una riduzione del tenore di vita e un aumento della disoccupazione, ai quali si viene ad aggiungere, sempre nel breve periodo, un aumento dell'inflazione. Entrambe le organizzazioni non hanno a disposizione risorse finanziarie sufficienti per sostenere le attività d'investimento e quindi garantire al paese richiedente quell'afflusso di capitale fresco sufficiente a equilibrare gli effetti negativi dell'azione del FMI.
Problemi dei prestiti internazionali. - L'esperienza degli ultimi venti anni ha messo in evidenza come i p.i. non possano essere visti quale strumento a sé stante o riferiti alla singola transazione, bensì vadano considerati nel contesto dell'economia internazionale. Diventa in tal modo centrale il problema dell'interdipendenza fra i prestiti, l'impiego degli stessi e il rimborso. Infatti i problemi che oggi i p.i. si trovano a dover fronteggiare sono il risultato, da un lato, della difficoltà dei creditori a recuperare i crediti e delle relative perdite connesse e, dall'altro, della difficile e perdurante congiuntura internazionale che ha interessato, a partire dalla fine degli anni Ottanta, le economie occidentali con riflessi negativi sui mercati finanziari internazionali e sul rifinanziamento degli organismi finanziari internazionali. Quindi sono interessate sia la domanda sia l'offerta.
Dal lato della domanda, le difficoltà dei beneficiari a ripagare i debiti pregressi − nonostante riduzioni di tasso e d'importo da parte dei Club di Londra e Parigi e attraverso accordi bilaterali − costituiscono un ostacolo all'ottenimento di nuovi crediti anche per il perdurare di situazioni d'instabilità e inaffidabilità politica ed economica. I mutuatari − soprattutto in presenza di rigidità nel commercio internazionale che pongono difficoltà all'ingresso nei mercati occidentali e quindi alla capacità a generare valuta estera − avrebbero bisogno innanzitutto di prestiti a lungo termine, con ampio preammortamento e a tassi agevolati. In secondo luogo, una conversione dei prestiti in mora in capitale di rischio (investimenti diretti) contribuirebbe, se associata a fondi freschi (finanziamenti aggiuntivi), a migliorare la solvibilità dei debitori. Esistono difficoltà obiettive ad attuare attività di debt-equity swap (ossia di conversione di prestiti in capitale di rischio) in importi significativi. Tali difficoltà sono riconducibili sia a situazioni interne ai paesi debitori (fra cui una normativa restrittiva all'esportazione di utili, al controllo della proprietà e della gestione delle imprese da parte estera, ecc.) sia a situazioni legate agli enti creditori (organizzazioni internazionali non abilitate ad acquisire partecipazioni e azionisti degli istituti di credito occidentali poco propensi ad assumere il rischio diretto). In questa situazione i creditori internazionali tendono a cercare forme di garanzie reali nella concessione allo sfruttamento di materie prime (impianti petroliferi, minerari) o nella concessione di gestione di infrastrutture primarie (autostrade a pagamento, attraverso i cosiddetti finanziamenti BOT).
Dal lato dell'offerta si è mostrato un rallentamento dei p.i., oltre che per motivi legati alle difficoltà inerenti la solvibilità dei mutuatari, per motivi legati a esigenze di risorse finanziarie da parte dei principali paesi occidentali per finanziare il deficit pubblico (Italia, Stati Uniti) e ristrutturare l'economia (Germania, Italia, Francia), far fronte a una crisi diffusa del sistema bancario (Giappone). Ciò ha creato concorrenza nei mercati finanziari internazionali con preferenza allo spostamento di risorse verso i paesi industrializzati. Al tempo stesso i finanziatori tradizionali dei p.i. hanno incontrato difficoltà crescenti a reperire fondi di importi adeguati: gli organismi finanziari internazionali a ottenere aumenti significativi dei mezzi propri (capitale di dotazione) onde poter incidere sui tassi e sulla durata dei prestiti; le banche commerciali internazionali a raccogliere risorse nei mercati dei capitali per problemi legati alla flessione della profittabilità a causa dell'impatto delle riserve necessarie a coprire perdite future sui prestiti in sofferenza. Questi fattori tendono a esercitare effetti opposti sui tassi e sulla durata dei prestiti rispetto a quanto sarebbe invece necessario.
Soluzioni e prospettive. - I p.i., che hanno in passato ricoperto un ruolo fondamentale nel promuovere l'internazionalizzazione dell'economia, da strumento principale tendono a diventare uno strumento sussidiario dello sviluppo dell'economia mondiale e sono entrati in una posizione di ''stallo'', per i motivi sopra esposti. Le considerazioni precedenti portano a concludere che sarebbe errato ritenere che il problema dei p.i. sia essenzialmente un problema relativo ai debitori e che pertanto basterebbe allungare le scadenze e ridurre i tassi per ricreare condizioni di generazione di risorse da parte dei debitori insolventi. Si è detto che l'insolvenza ha molte cause, in parte interne ai paesi mutuatari e in parte interne ai paesi creditori, legate in parte a situazioni congiunturali e in parte a situazioni strutturali. La soluzione, posto che ve ne sia una a portata di mano, passa attraverso un mix di azioni che possono essere così riassunte. Fra gli aspetti strutturali più importanti, essenziale è la rimozione delle barriere al commercio internazionale da parte dei paesi industrializzati, in assenza della quale il problema prestito/insolvenza si riproporrebbe anche qualora tutti i prestiti oggi in mora venissero rimessi. Sempre nell'ambito strutturale, il miglioramento della ''capacità di assorbimento'' dei paesi beneficiari passa attraverso il rafforzamento, all'interno, dei sistemi finanziari e dei mercati dei capitali, nonché attraverso l'adozione di politiche dirette a stabilizzare l'economia e a facilitare l'ingresso di capitali esterni e l'accesso ai mercati internazionali dei capitali. Nell'ambito degli strumenti finanziari, è necessario disporre di una vasta gamma di strumenti da usare con flessibilità privilegiando combinazioni di capitale di rischio e crediti, utilizzando il debt-equity swap, introducendo strumenti di fideiussione ad ampio raggio a favore dei governi.
Al fine di un'efficace utilizzazione dei nuovi strumenti appare opportuno riconsiderare il ruolo degli organismi finanziari internazionali, aumentandone la gamma di interventi, dotandoli di mezzi propri adeguati, e ristabilendone nel contempo la credibilità e l'efficienza; garantire il coordinamento fra gli organismi finanziatori ma salvaguardando al tempo stesso la flessibilità degli interventi secondo le esigenze dei mercati (per es. dei paesi dell'Est europeo). In questo riordinamento, gli organismi internazionali dovrebbero ricoprire un ruolo determinante.
Bibl.: International economic interdependence, patterns of trade balances and economic policy coordination, a cura di M. Baldassarri, L. Paganetto, E. S. Phelps, Londra 1990; M. Bagella, M. Lo Cascio, Caduta dell'inflazione, ripresa finanziaria e crescita endogena nei paesi dell'America latina, in Rivista di Politica Economica, suppl. al fasc. 12 (dicembre 1990); J. L. Kammert, International commercial banking management, New York 1991; R. I. McKinnon, The order of economic liberalization, Baltimora e Londra 1992; K. Pilbeam, International finance, Londra 1992; The World Bank, World debt tables 1993-94, Washington (dicembre 1993).