La prestazione consiste in un comportamento cui il debitore è tenuto, tanto nel caso in cui derivi da una dichiarazione negoziale di volontà (v. Negozio giuridico) della parte o delle parti, quanto nel caso in cui nasca da un mero fatto cui la legge riconnette determinati effetti obbligatori (atto illecito, indebito arricchimento, gestione di negozio, ripetizione di indebito, ecc.). Il concetto di prestazione è pertanto più ampio e comunque diverso da quello di oggetto del negozio giuridico o del contratto (artt. 1346-1349 c.c.). La prestazione pertanto, anche per poter soddisfare l’interesse del creditore, deve essere possibile, lecita, determinata o determinabile. La mancanza di taluno di questi requisiti non fa nascere il vincolo giuridico dell’obbligazione; se la mancanza sopravviene, il debitore è liberato dall’adempimento, tranne il caso d’impossibilità sopravvenuta per causa imputabile al debitore, in cui l’obbligo di eseguire la prestazione si traduce nell’obbligo al risarcimento dell’equivalente. La prestazione si risolve in un comportamento del debitore esattamente rispondente all’interesse del creditore, in quanto deve essere eseguita in un determinato modo fissato nella dichiarazione negoziale che forma oggetto dell’autonomia della parte o delle parti o stabilito dalla legge. La legge stabilisce il principio generale del comportamento secondo correttezza del debitore (art. 1175 c.c.), ulteriormente specificato come dovere di usare la diligenza del buon padre di famiglia nell’esecuzione della prestazione (art. 1176 c.c.). Ove non esista un regolamento contrattuale o una norma speciale di legge che dispongano altrimenti, al debitore viene attribuito, circa il modo di eseguire puntualmente la prestazione, un potere da esercitarsi nell’interesse del creditore, secondo i criteri della diligenza e della correttezza. Quanto alle modalità di tempo e di luogo, in mancanza di pattuizione privata o di norma speciale, il codice supplisce con delle presunzioni che sono diverse a seconda della natura della prestazione. La prestazione può essere determinata in natura o in denaro, o – più esattamente – può essere di specie o di genere. Prestazioni tipiche in natura o di specie sono quelle di consegnare una cosa determinata o di fare. Nelle obbligazioni di consegnare, l’esatto adempimento si esprime nel principio che il creditore ha il diritto di rifiutare l’oggetto diverso da quello dovutogli, anche se di valore pari o maggiore. Il debitore inoltre deve custodire la cosa fino alla consegna (art. 1172 c.c.). Il luogo dell’adempimento, se non sia stabilito diversamente, è quello in cui erano le cose da consegnare nel momento in cui è sorta l’obbligazione. Nelle obbligazioni di fare, la prestazione deve essere eseguita personalmente dal debitore, ove il creditore vi abbia interesse (art. 1180 c.c.), come avviene nei contratti di appalto, mandato, comodato, fideiussione, ecc. Le prestazioni di genere, di cui la più tipica è quella consistente in una somma di denaro, vengono eseguite puntualmente con il versamento al creditore della quantità della cosa dovuta. Il creditore che rifiuti un tal pagamento può essere costituito in mora. In luogo del pagamento di somme di denaro, è consentito l’accreditamento in conto della somma o la consegna o girata di assegni circolari o di conto corrente: in tal caso il pagamento eseguito è liberatorio salvo buon fine del mezzo di pagamento. Tuttavia il creditore che non accetti tali mezzi di pagamento non può essere costituito in mora. Il tempo della prestazione, nel caso in cui non sia stabilito dalle parti o dagli usi o non si ricavi dalla natura stessa della prestazione, è stabilito dal giudice. Una volta che il termine sia fissato tra le parti, esso (a meno di espresso patto contrario) si intende posto a favore del debitore, nel senso che prima della scadenza il creditore non può esigere l’esecuzione della p. tranne che il debitore non versi in stato d’insolvenza o non abbia comunque diminuito le garanzie del credito. Nel caso di obbligazione alternativa il debitore si libera eseguendo una delle due prestazioni, ma non può costringere il creditore a ricevere parte dell’una e parte dell’altra (artt. 1285-1291 c.c.). Se una delle prestazioni non poteva formare oggetto di obbligazione o se è divenuta impossibile per fatto non imputabile ad alcuna delle parti, come pure se la scelta spettava al debitore (art. 1289), l’obbligazione si considera semplice (art. 1288 c.c.). Se una delle due prestazioni diviene impossibile per colpa del creditore, il debitore è liberato dall’obbligazione qualora non preferisca eseguire l’altra prestazione e chiedere il risarcimento del danno. Quando la scelta spetti al creditore, il debitore è pure liberato dall’obbligazione, salvo che il creditore preferisca esigere l’altra prestazione e risarcire il danno; se invece la prestazione è resa impossibile per colpa del debitore, il creditore può esigere l’altra prestazione ovvero il risarcimento del danno (art. 1289 c.c.).