In linguistica si dice: a) in sede storica, di fase linguistica caratterizzata da assenza di paradigmi oppure da uno stato embrionale degli stessi, rispetto a una fase successiva grammaticalizzata che presenti cioè uno sviluppo ben definitivo della struttura grammaticale; b) della funzione di singoli elementi lessicali o stilistici considerati in una fase anteriore a quella in cui si osserva la loro utilizzazione come morfemi; c) in sede di analisi testuale, di ogni aspetto dell’espressione concreta nel quale l’attività intuitiva del parlante sia più scoperta perché non incanalata affatto, o ancora non compiutamente, nell’ordinamento grammaticale; d) in sede di teoria dell’espressione, di un pensiero che non è parlato ma tuttavia è tale da poter giungere direttamente, se necessario, all’espressione linguistica che è appunto grammaticale; si differenzia quindi dal pensiero agrammaticale che è insieme indistinto ed eterogeneo in quanto vi confluiscono elementi di diversa provenienza, e le percezioni, emozioni, decisioni di cui è costituito formano una sostanziale unità non analizzata. Nell’attività mentale la fase p. e quella agrammaticale si alternano in genere con estrema facilità e possono anche essere simultanee se concernenti oggetti diversi.