PORPORA (fr. pourpre; sp. púrpura; ted. Purpur; ingl. purple)
Sostanza colorante, che deriva da uno speciale prodotto di secrezione di certi Molluschi Gasteropodi dei generi Murex, Purpura, Buccinum, Mitra. Le specie che forniscono il colore più puro sono: Murex brandaris L.; Murex trunculus L.; Murex erinaceus L.; Purpura haemastoma Lam.; Purpura lapillus Lam.
Per molto tempo si è ignorato precisamente quale organo producesse la porpora; ma poi la ghiandola specifica è stata identificata da H. de Lacaze-Duthiers, nella superficie interna del mantello, presso il retto. Trattasi di un organo che nei grossi Muricidi può raggiungere la grossezza di un pisello. Tale ghiandola, che corrisponde alla zona mediale della ghiandola ipobranchiale (Grynfeltt, 1909) secerne una sostanza vischiosa, densa, bianco-giallastra, di odore nauseabondo, che è considerata come un cromogeno incoloro, e denominata purpurina: in breve tempo, sotto l'azione di un fermento (purpurasi), la purpurina si trasformerebbe, secondo R. Dubois, in porpora. Chimicamente considerata, la porpora ha una formula bruta (C16H8Br2N2O2) che si avvicina a quella dell'indaco, possedendo come caratteristica due atomi di bromo che mancano all'indaco. È insolubile in alcool, etere, cloroformio, benzolo, acido acetico, acetone, difficilmente solubile in piridina bollente, in petrolio, più facilmente in anilina e in fenolo; trattata con acido solforico fumante, cangia il suo colore in blu; si può ottenere cristallizzata. La purpurina, da quando è emessa, passa per varie tinte, gialla, verde, violacea, finché assume il colore definitivo. Peraltro il colore che si forma non richiede sempre le stesse condizioni, perché nel Murex brandaris la reazione ha luogo solo alla luce, mentre per il Murex trunculus essa avviene anche al buio. La porpora, per la bellezza delle tinte da un lato e per la difficile estrazione dall'altro, era una materia assai rara e pregiata, usata nella remota antichità.
Le ricerche e le polemiche sulla porpora degli antichi sono innumerevoli: uno dei contributi più importanti fu recato da R. Lepetit e da P. Pavesi, con l'esame di resti contenuti nel sarcofago di S. Ambrogio a Milano. In essa gli autori riscontrarono la lacca d'una sostanza colorante rossa, chermes, e indaco. La costituzione chimica della porpora del Murex brandaris fu studiata su un grammo di sostanza pura, ottenuta da più di duemila conchiglie dal Friedländer, che riuscì pure a farne la sintesi. Data la scarsa quantità del principio colorante fornita da ogni mollusco, occorrevano migliaia di animali per la tintura di una tunica. Le stoffe s'immergevano in un tino contenente i molluschi messi a bagno con acqua, e lasciati putrefare, e si esponevano all'aria che provocava l'ossidazione del leuco-colorante, facendolo diventare di un viola rossastro. Bartolomeo Bizio riuscì, pare, a riprodurre la porpora.
Le grandi fabbriche di tintoria, mescolando sapientemente varî succhi, riuscivano a ottenere quei meravigliosi colori che rendevano preziose le stoffe e resero famosa l'arte tintoria degli antichi. L'estrazione del succo avveniva con un processo lungo e che esigeva grande abilità: del succo s'imbeveva la lana grezza prima che fosse tessuta. Il colore della porpora era vario: i principali colori erano il bruno, il livido, il violaceo, il rosso; ma erano in uso anche colori più chiari, che si ottenevano diluendo il succo con acqua e con orina. Non tutti i tessuti di porpora erano ugualmente costosi; ve ne erano anche di più scadenti che si potevano acquistare a un prezzo modesto: i tessuti di porpora più ricchi erano quelli la cui lana era stata passata per due bagni consecutivi: i dibapha (dal gr. δίς "due volte" e βάπτω "tingo"). Marziale ricorda la porpora in una enumerazione delle cose più puzzolenti. I principali centri di fabbricazione della porpora si trovavano nella Fenicia (dove l'industria della porpora, di antichissima origine, si protrasse nell'età romana ed era fiorente anche nel Medioevo), nella Laconia, e nell'isola Meninx sulle coste dell'Africa settentrionale. Fabbriche secondarie si avevano in Italia (Ancona, Aquino, Pozzuoli, Taranto, Siracusa), in Grecia, in Gallia e nella Spagna. Le stoffe tinte con la porpora venivano usate nelle vesti e nelle tappezzerie; tali stoffe cominciarono a essere molto ricercate nell'età romana col raffinarsi dei costumi: specialmente le donne ne facevano tale sfoggio, che a volte la legge dové intervenire a frenarne l'uso. La stoffa di porpora serviva ai Romani anche come segno esteriore di dignità: una balza di porpora (clavus) sovrapposta alla tunica indicava l'appartenenza, se stretta (angusticlavium) all'ordo equester, se larga (laticlavium) all'ordo senatorius. I magistrati, come distinzione del loro ufficio, portavano una striscia di porpora sulla toga. Oltre che nella tintura delle stoffe, la porpora era utilizzata anche nella pittura e nell'arte libraria.
Oggi la porpora è caduta in completo disuso presso i popoli del bacino mediterraneo, mentre è ancora usata da rare popolazioni indigene dell'oriente asiatico. È opportuno notare che, oltre ai Molluschi citati, ve ne sono altri che producono pigmenti analoghi alla porpora, e precisamente certe Janthina (che secernono la jantinina), alcune Aplisie (che generano aplisiopurpurina) e diverse specie di Doris.
Bibl.: W. A. Schmidt, Forschungen auf dem Gebiete des Altertums, I, Berlino 1842, pp. 96-213; Becker-Göll, Gallus, II, ivi 1880-82, p. 297 segg.; H. Blümner, Technologie I, Lipsia 1875, p. 244 segg.; id., Römische Privataltertümer, ivi 1911, p. 249 segg.; M. Besnier, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des ant. gr. et rom., s. v. Purpura.