PORFIRINURIA
. È un'anomalia del ricambio dei pigmenti caratterizzata dalla produzione di abnormi quantità di alcuni derivati dall'emoglobina, le porfirine, che s'accumulano nell'organismo dove possono provocare fenomeni tossici gravi e talora mortali.
La genesi delle porfirine, a parte la loro derivazione dal pigmento ematico e precisamente dal componente cromatico di questo, l'emocromogeno, non è completamente conosciuta. Si sa che dell'ematina, derivato dell'emocromogeno, si forma la ematoporfirina per azione di acidi forti; da essa deriva la mesoporfirina e per ulteriore riduzione il porfirinogeno. Sono note anche le grandi affinità strutturali delle porfirine umane con la filloporfirina, derivato dalla clorofilla. Le porfirine che maggiormente interessano la patologia umana sono la coproporfirina (C36H38N4O8) e l'uroporfirina (C40H38N4O16). La prima si riscontra in piccolissime quantità nell'urina dei soggetti normali e in maggior quantità nelle feci, e rappresenta un prodotto del normale ricambio dei pigmenti; la seconda si trova in quantità appena apprezzabili nelle urine e, a differenza della coproporfirina solubile in etere, è solubile negli alcali.
Il significato di queste porfirine è ancora oscuro. È certo che esse non hanno solo il significato di derivati dell'emoglobina come, per es., i pigmenti biliari; d'altra parte non è da trascurare la loro origine esogena, cioè da alimenti vegetali e animali che contengono porfirine (filloporfirine ed emoporfirine). S'ammette oggi dai più che esse rappresentino il prodotto di attività sintetiche di alcuni elementi cellulari, intese a particolari compiti che nell'organismo spetterebbero alle porfirine stesse, e cioè del midollo osseo per la costruzione della molecola emoglobinica, di altri elementi cellulari per l'attività di funzioni catalizzatrici non ancora identificate.
Le porfirinurie o porfirine, affezioni in complesso rare, si manifestano in modo caratteristico con l'abnorme eliminazione di coproporfirina e soprattutto di uroporfirina per le urine. Queste assumono di regola una tinta rossastra-scura come vino di Porto o addirittura nera, tranne in casi più rari nei quali le porfirine sono eliminate in forma di leuco-prodotto, che non modifica il normale colorito delle urine se non dopo qualche tempo. L'identificazione dei pigmenti avviene mediante estrazione dall'urina con adatti solventi, e la dimostrazione allo spettroscopio delle strie di assorbimento caratteristiche di ciascuna delle porfirine.
Dopo gli studî di F. Günther e soprattutto di F. Micheli e Dominici, si distinguono nel gruppo delle porfirinurie la porfiria idiopatica, vera e propria affezione costituzionale caratterizzata da un profondo perturbamento del ricambio dei pigmenti, dalle porfirie tossiche e da quelle secondarie. Queste ultime non dànno mai luogo a un'eliminazione di porfirina così cospicua come nella forma idiopatica, né acquistano un particolare rilievo clinico. Si riscontrano in corso di intossicazioni acute o croniche (saturnismo, nel quale l'alterato metabolismo delle porfirine avrebbe per alcuni una certa importanza nel determinismo di certi fenomeni, ad es. le coliche da piombo), inoltre nel corso di malattie infettive, di affezioni epatiche croniche, di anemie gravi, ecc. Le porfirie tossiche si hanno in casi di cronico abuso di sostanze del gruppo dei barbiturici (sulfonale, veronale, ecc.) e, al contrario delle precedenti, dànno luogo a gravi sintomi morbosi in tutto analoghi a quelli della forma idiopatica. Questo fatto, insieme con l'osservazione che solo in alcuni dei soggetti che abusano di barbiturici si verificano i fenomeni tossici della porfiria, parla in favore del concetto che anche in questi casi si tratti di un'anomalia metabolica a carattere costituzionale, che l'abuso dei barbiturici mette in evidenza.
La porfiria idiopatica va considerata come un'affezione costituzionale del metabolismo delle porfirie, rivelabile talora alla nascita, talora più tardi e anche nell'età adulta. Ha talvolta carattere famigliare, molto raramente è ereditaria in modo diretto. Si riscontra con particolare predilezione in soggetti con tare nervose o psicopatiche. Nei colpiti l'abnorme produzione del pigmento si manifesta con accumuli in varî organi e con alterazioni degenerative soprattutto del midollo spinale, del sistema nervoso periferico, del rene. Clinicamente la porfiria idiopatica si può manifestare con crisi dolorose addominali associate a vomito e a stitichezza (forma addominale), che possono risolversi per poi ripetersi, o no, a distanza di tempo, oppure più di rado accompagnarsi a gravi fenomeni generali e perfino a un coma mortale. In una seconda forma (forma nervosa) si hanno invece paralisi di tronchi o di radici nervose, specie agli arti, talora con il quadro della paralisi ascendente di Landry, quasi sempre mortale per la grave compromissione dei centri bulbari. Una terza forma (forma cutanea) è caratterizzata da eruzioni eritematose o vescicolose di varia entità nelle parti scoperte, che insorgono solo dietro influenza di raggi luminosi, per i quali la cute diventa particolarmente sensibilizzata (hydroa aestivales). Le lesioni, per infezione secondaria, dànno spesso esito a cicatrici. La cura è sintomatica. Non si conosce nessun mezzo atto a influenzare l'anomalia del ricambio dei pigmenti.