Popoli e culture dell'Italia preromana. Gli Aurunci
Antica popolazione italica, nota nelle fonti classiche anche con il nome di Ausoni. Il problema delle origini è piuttosto complesso. Tralasciando le identificazioni poetiche, che hanno portato a estendere a gran parte dell’Italia peninsulare la presenza degli Ausoni, questi sembrano originariamente diffusi in gran parte della Campania costiera e in quella interna centrale e settentrionale. Partendo da quest’area più estesa, che dovrebbe corrispondere a un orizzonte cronologico compreso tra il Bronzo Finale e la prima età del Ferro, si riscontra l’isolamento progressivo degli Ausoni nella Campania settentrionale, per il loro passivo o mancato coinvolgimento nella complicata vicenda del popolamento della Campania. Nei secoli centrali del I millennio a.C., le culture di matrice etrusca, greca e sannitica si sovrappongono infatti progressivamente a quelle indigene, integrandosi o confliggendo con esse. Schematicamente, in questo processo di isolamento si può ipotizzare una prima fase, nel corso della prima età del Ferro, di distacco dalle rimanenti comunità del resto della Campania e del Lazio meridionale, ascrivibili alla cultura delle Tombe a Fossa e comunque non villanoviane.
Tra il VI e il V sec. a.C. avviene poi l’ulteriore distacco rispetto alle comunità indigene pre- o protosannitiche della Campania (Opici, Sidicini) e ancora nel corso del V sec. a.C., a seguito delle migrazioni dei Volsci, che si incuneano tra gli Aurunci e le popolazioni del Lazio meridionale, si ha il distacco dalle comunità protolatine. In questo momento anche l’etnico si trasforma, a causa della sincope della vocale breve interna, poi del rotacismo e dell’assimilazione vocalica (*Auson(i)ci > *Ausonci > Aurunci). L’occupazione del territorio, tranne che attorno a Cales e Teano e sino alla conquista romana (fine del IV sec. a.C.), fu caratterizzata da un popolamento scarso, per piccole comunità di villaggio in località moderatamente difese per natura (Ponte Ronaco, Monte Cicoli, Santa Giulianeta) e con i santuari come luoghi di aggregazione sociale e politica. In particolare questi santuari, sia quelli interni (Torricelle, Presenzano), che quelli presso le foci (Marica, Panetelle) mostrano di essere rivolti principalmente all’organizzazione interna del territorio, piuttosto che alla gestione del rapporto con le altre culture circostanti, mentre il loro ruolo come luoghi deputati allo scambio sembra limitato.
Le cinte fortificate in opera poligonale, pure presenti nell’area, sembrano avere avuto solo funzioni difensive, in relazione con lo scontro con i Romani. Il carattere prevalentemente preurbano del popolamento non è in discussione nonostante la menzione di Livio (IX, 25, 4-5) di tre città aurunche distrutte dai Romani (Aurunca, Vescia e Minturno), ove lo storico chiaramente modernizza un assetto territoriale ormai desueto. Il territorio aurunco in epoca storica non forma comunque un’unica area omogenea al suo interno. Esistono infatti dinamiche del popolamento e livelli di acculturazione diversi in zone distinte. Grazie al rapporto diretto con Capua e al coinvolgimento lungo i percorsi terrestri attivi negli scambi tra quest’ultima e la Campania a sud e il Sannio e il Lazio a nord, il territorio appartenente ai centri di Cales e Teano e la zona tra Massico e Savone, che collega questi insediamenti con la costa, sono più sviluppati. Questi due centri mostrano infatti, già nel corso del VII sec. a.C., una precoce evoluzione verso forme protourbane. Al contrario, nel VII e VI sec. a.C., l’area del bacino del Garigliano, fuori dalle rotte maggiori e senza una reale attivazione degli scambi, sembra essere in fase di netta chiusura e attardamento.
La ceramica di età orientalizzante e soprattutto arcaica attribuibile agli Aurunci presenta alcuni tipi peculiari e caratteri propri, come il forte conservatorismo rilevabile specialmente nella produzione miniaturistica. Notevole è inoltre la produzione del cosiddetto “bucchero rosso”, un impasto a superficie rossa corallina e con forme proprie, sviluppata soprattutto a Cales, ma presente in tutta l’area aurunca, come documenta ad esempio la recente scoperta della fornace di Treglia. Alcuni elementi della ceramica tradiscono un’origine comune a gran parte della Campania e al Lazio meridionale, risalente alle culture del Bronzo Finale e della prima età del Ferro non villanoviana. Il gusto pienamente “indigeno” è ancora più esplicito nella plastica figurata. Le numerose statue, prevalentemente di medie e piccole dimensioni, provenienti dai santuari di Marica, Panetelle, Presenzano, Loreto, Fondo Ruozzo, Cassino mostrano la loro appartenenza a quel gusto italico di più ampia diffusione, caratterizzato dal prevalere gerarchico e simbolico nella resa delle varie parti del corpo rispetto all’organicità naturalistica di tradizione greca, che invece si ritrova talvolta applicata, più o meno correttamente, solo in alcuni esemplari di maggiore impegno.
Tutt’altro discorso deve farsi per le terrecotte architettoniche rinvenute in territorio aurunco. L’adozione di modelli cumani, secondo alcuni di produzione capuana, è ben spiegabile con la diversa funzione attribuita a queste decorazioni e soprattutto ai monumenti che esse rivestono. Si tratta in questo caso della evidente volontà di rappresentare all’esterno la valenza cratofanica del luogo, connotandolo tramite un linguaggio formale “alto”. Le terrecotte architettoniche rappresentano perciò il segno più tangibile del rapporto parziale e selettivo degli Aurunci con le realtà culturali esterne.
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