POP ART
. Il termine, abbreviazione di popular art, designa il movimento artistico che ebbe come centri principali l'Inghilterra e gli Stati Uniti, e che raggiunse la sua massima diffusione tra il 1960 e il 1965. Il termine compare per la prima volta in Inghilterra quando, a partire dal 1954, alcuni critici (e in particolare L. Alloway) cominciarono a parlare di una nuova arte popolare a proposito del recupero di una vasta "sottocultura" derivata dall'imagerie proposta dai mass media, da quella tratta dall'environnement urbano e, in genere, dagli oggetti kitsch che fanno parte dell'universo quotidiano e abitudinario. Tali ricerche erano portate avanti in particolare dagli artisti che facevano parte del cosiddetto Indipendent group: tra questi lo scultore E. Paolozzi e i pittori P. Blake, R. Hamilton e, in un secondo tempo, R. Smith. Il centro di questa nuova tendenza è rappresentato, in questi anni, dall'Institute of Contemporary Art (ICA), e fu la prima grande collettiva organizzata nel 1956 alla Whitechapel Gallery col titolo This is tomorrow, che presentò per la prima volta ufficialmente le nuove tendenze pop. Un secondo momento nelle vicende della P. A. inglese si situa a partire dal 1957 e culmina attorno agli anni Sessanta ed è rappresentato specialmente da alcuni artisti legati al Royal College of Art. I legami con la P. A. newyorkese si vanno facendo in questo periodo più stretti e le ricerche che si svolgono in Inghilterra, pur con caratteristiche autonome, riprendono quella stessa problematica nata dal rapporto dell'immagine e il suo environnement urbano, e l'enfatizzazione del cosiddetto "banale quotidiano". Tra gli artisti più significativi di questa nuova generazione pop: P. Phillips, D. Hockney, B. Cohen, A. Jones, l'americano R. B. Kitaj e lo scultore J. Tilson.
È tuttavia negli Stati Uniti che la P. A. trovò il suo più significativo momento di elaborazione: è qui infatti che le "immagini di massa" avevano la più ampia ripercussione e divenivano una determinante espressione di quell'immaginario collettivo da cui muove la P. Art. Le ricerche che attorno agli anni Sessanta si svolsero negli Stati Uniti (e a New York in particolare) ebbero immediatamente un'importante diffusione mondiale, divenendo un punto di riferimento essenziale per tutta la pittura europea, anche grazie a un potente lancio del mercato artistico americano, allora in piena espansione. Gl'inizi della P. A. americana si legano strettamente, e in parte si confondono, col movimento del Neo Dada, in particolare attraverso artisti quali R. Rauschenberg e J. Johns, che furono i mediatori tra i due movimenti. La definizione di P. A. si concretò qui attraverso una serie di esposizioni, agl'inizi degli anni Sessanta, che avevano come centro alcune gallerie newyorkesi: la galleria Martha Jackson, la Green Gallery, la Galleria Leo Castelli e la Sydeny Janis. Protagonisti principali di queste nuove ricerche furono artisti quali A. Warhol, R. Lichtenstein, T. Wesselmann, J. Rosenquist, J. Dine, C. Oldenburg, R. Indiana, G. Segal, oltre a Rauschenberg e Johns. Un momento importante nelle vicende della P. A. americana fu la mostra The popular image presentata nel 1963 alla Washington Gallery of Art, e poi all'ICA a Londra e, nel 1964, a Vienna. Tuttavia la fortuna della P. A. data specialmente al 1964, quamdo essa venne accolta in Europa attraverso un'importante serie di esposizioni: quelle organizzate dalla Galleria Sonnabend a Parigi; la grande mostra circolante a Stoccolma, Amsterdam, Bruxelles, Vienna; la Biennale di Venezia, dove Rauschenberg vinse il 1° premio di pittura. A partire da questo momento numerosissime sono, in Europa e in America, le grandi mostre collettive dedicate alla P. A.: il discorso tuttavia diviene più ampio e la P. A. americana viene inserita in genere nel contesto generale della "nuova figurazione". Tra queste mostre si può ricordare quella della Galleria d'Arte Moderna di Torino del 1969 (New Dada e Pop Art) e, nel 1974, la grande retrospettiva al Whitney Museum of Art di New York.
Pur non rappresentando un gruppo omogeneo, gli artisti pop newyorkesi iniziarono le proprie ricerche movendo dalla comune premessa della necessità di un nuovo rapporto tra l'arte e la vita comune, sorpassando l'esasperato soggettivismo della precedente pittura dell'espressionismo astratto. Attraverso la mediazione dei neo-dadaisti, tale rapporto si basa sul ricupero sul piano artistico dell'oggetto manifatturato, simbolo ed espressione della natura mercificata e alienante della civiltà di consumo americana. Privato della carica drammatica e direttamente provocatoria del neo dadaismo, l'oggetto viene riproposto attraverso la stessa tecnica di comunicazione dei mass media: quello della televisione, degli annunci pubblicitari, dei fumetti. Il linguaggio è quindi il più possibile semplificato e impersonale; è attraverso i mezzi meccanici (la serigrafia, l'ingrandimento meccanico, la fotografia) che tale linguaggio "oggettivo" si esprime di preferenza. Avulso dal suo contesto naturale, mostruosamente dilatato e ingrandito o ripetuto all'infinito secondo il ritmo martellante e ossessivo della pubblicità, l'"oggetto" assume una carica aggressiva e polemica, e un valore ironico e assurdo grazie all'operazione di deplacement a cui è sottoposto, d'indubbia origine surrealista. Proprio questa celebrazione dell'"oggetto" permette alla P. A. di stabilire uno spietato catalogo dei miti e dei desideri consci e inconsci dell'american way of life. Essi si esprimono attraverso la "mitologia alimentare" a scala gigante delle sculture di Oldenburg; il trompe-l'oeil delle affiches di Rosenquist, le asettiche rappresentazioni della banalità quotidiana di Wesselmann o di Dine, gli spietati comics di Lichtenstein, i raggelanti "paesaggi urbani" di Indiana o gli aggressivi e allucinanti reportages fotografici delle grandi serigrafie di Warhol. Per quel che riguarda l'Europa, la P. A. s'inserisce su un terreno già toccato da ricerche quali quelle del Nouveau réalisme, negli anni 1960-64. La diffusione della P. A. coincide quindi con una generale tendenza verso un ritorno all'immagine: s'inserirà pertanto sulle ricerche della cosiddetta Nouvelle figuration francese o su quelle del Neo Dadaismo romano in Italia, stabilendo una complessa rete di scambi. Vedi tav. f. t.
Bibl.: M. Amaya, Pop as art. A survey of the New Superrealism, Londra 1965; J. Rublowsky, Pop Art, New York 1965; E. Crispolti, La Pop Art, Milano 1966; L. R. Lippard, Pop Art, New York-Londra 1966 (trad. it., Milano 1967); A. Boatto, Pop-Art in USA, Milano 1967; Ch. Finch, Pop Art. Object and Image, Londra 1968; J. Russell, S. Gablik, Pop Art redifined, ivi 1969; M. Compton, Pop Art, Londra-New York 1970; R. Melville, Le pop art anglais, in Depuis 45, II, pp. 179-200, Bruxelles 1970; M. Amaya, Le pop art américain, ivi, pp. 218-42; J. Hermand, Pop international. Eine kritische Analyse, Francoforte 1971; F. Pluchart, Pop art et Cie 1960-1970, Parigi 1971.