AMALTEO (Amaltei), Pomponio
Nacque a Motta di Livenza nel 1505 (come si ricava dalla dedica apposta nel 1583 "in etate de anni 78" alla pala del duomo di Portogruaro) da Leonardo della Motta e Natalia Amaltei, di cui portò il cognome, illustre nel mondo delle lettere. Pittore, entrò assai giovane nella bottega del Pordenone e, divenutone presto collaboratore, si conservò poi suo fedele seguace in più di cinquantacinque anni di fervida attività. Rimasto sempre singolarmente indifferente a ogni altra suggestione, l'A., uomo di buona cultura, artista di facile e robusta vena, fresco colorista, non si impegnò tuttavia mai a superare per propria forza, e a svolgere, i raggiungimenti del maestro di cui si limitò a ricalcare instancabilmente motivi e schemi: con tale abilità, peraltro, da venir detto dal Fiocco "vera scimmia del Pordenone" e dal Marini "plagiario"e, comunque, da dar luogo a tutta una serie di confusioni attributive. Tuttavia in lui la visione del grande Giovanni Antonio perde d'impeto e di interiorità, placandosi l'originaria vigoria in formula sapiente, in composta esercitazione di carattere oratorio. A parte questi limiti, va riconosciuto all'A. il merito di aver validamente contribuito a diffondere nella sua terra la grandiosa eroicità e la cultura tra veneta, romana ed emiliana del Pordenone, senza scadere mai da un dignitoso livello di onestà pittorica ed educando una vasta scuola fedele. Analogo "provincialismo" compiaciuto e senza ambizioni informò tutta la sua vita, trascorsa nel nativo Friuli e circoscritta, anche per quanto riguarda interessi e affetti familiari, entro l'orbita della sua bottega, che era poi quella pordenoniana, ereditata alla morte del maestro.
Sposata, infatti, in seconde nozze (a cui pare ne siano seguite altre due) la figlia del Pordenone, Graziosa, ebbe a collaboratore il fratello Girolamo A. (del quale, risultando leggendaria la tradizione che parla di gelosia di mestiere tra i due, si sa solo che nel 1533-39 lavorò accanto all'A. negli affreschi in S. Maria dei Battuti in S. Vito al Tagliamento, fu nel 1542 Cameraro di quella Confraternita e morì, probabilmente, l'anno successivo) e forse, almeno per un certo periodo, la figlia Quintilia A. (su cui nulla conosciamo oltre alla data di nozze, il 1570, e al fatto che in seguito ad esse abbandonò la pittura); sia quest'ultima, inoltre, sia la sorella Virginia sposarono allievi friulani del padre, rispettivamente Giuseppe Moretto e Sebastiano Secante. Trasferitosi, nel 1536 circa, da Motta a S. Vito al Tagliamento, l'A. vi acquistò una casa e non se ne allontanò più, ricoprendovi anche cariche pubbliche, sino alla morte avvenuta il 9 marzo 1588.
Oltre che dalla fedele aderenza alla maniera del Pordenone (di cui portò a termine molte imprese incompiute, come, ad es., gli affreschi di S. Croce a Casarsa, finiti nel 1539, le portelle d'organo della chiesa del Corpo di Cristo a Valvasone, compiute nel 1549,ecc.), la pittura dell'A. è caratterizzata dalla mancanza di una vera e propria linea di sviluppo, presentando sino alla fine, senza momenti salienti o traccia di crisi, le qualità e i limiti che ne contraddistinguono gli inizi: per questi ultimi, però, non è possibile risalire anteriormente al 1532-35, epoca degli affreschi sotto la Loggia municipale di Ceneda, del soffitto di S. Giovanni a Gemona, degli affreschi nella chiesa di Castel Roganzuolo e di quelli nel coro della chiesa di S. Maria dei Battuti in S. Vito con l'Assunzione della Vergine e Storie del Vecchio e Nuovo Testamento. È inaccettabile, infatti, la datazione al 1517 della sua prima opera che, per lo Zotti, avrebbe eseguito dodicenne per il duomo di S. Vito, mentre anche per la supposta collaborazione, nel 1520, alla pordenoniana cappella Malchiostro nel duomo di Treviso sembra più logico pensare a una sua più tarda aggiunta; illeggibili sono, infine, gli affreschi, forse del 1529, del Palazzo Comunale di Belluno. Più debole nei dipinti su tela (ma dignitosissimi sono, tra questi, la pala, del 1533, del duomo di S. Vito, le portelle d'organo del duomo di Oderzo e particolarmente la Trasfigurazione del '56, la pala con la Gloria di s. Martino nella chiesa omonima in S. Vito al Tagliamento, il S. Francesco stigmatizzato del Museo di Udine, ecc.), l'A. trova la sua più genuina via di espressione nei grandi affreschi, anche se vi segue modelli del Pordenone, sfruttandone spesso (ma ciò avviene anche in alcune tele) i cartoni: come negli affreschi di Lestans, ad es., che lo Schwarzweller pensò addirittura del Pordenone, benché datati al 1549, sulla base di due disegni preparatori della Collez. reale a Windsor, che il Fiocco giustamente ritiene copie di mano dell'A. (si vedano, a conferma, altri suoi disegni, quali l'Adorazione dei Magi della collez. Scholz restituito all'A. dal Muraro, o l'Ultima Cena dei Musei civici di Udine, ecc.). Degni di particolare nota, inoltre, la Sacra Famiglia e S. Cristoforo, nella chiesa del Seminario di Portogruaro (1533), gli affreschi di S. Maria delle Grazie a Prodolone (1538), di Baseglia (1544-50), Sequals (1545), Maniago (1570 ca.), Provisdomini (1579), del Castello di Udine (1565 ca.), la già citata pala con Madonna e santi del duomo di Portogruaro (1583), ecc. Buon acquafortista, pare che l'A. si sia anche occupato, occasionalmente, di architettura e di scultura.
Bibl.: R. Zotti, P. A. Pittore del sec. XVI, San Vito 1905 (con bibl. precedente); A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IX, 3, Milano 1928, p. 744; K. Schwarzweller, Giovanni Antonio da Pordenone, Gottingen 1935, passim; B. Molajoli, Mostra del Pordenone e della pittura friulana del Rinascimento - Catalogo, Udine 1939, pp. 116-121; G. Fiocco, G. A. da Pordenone, Udine 1939, pp. 46, 47, 62, 63 n. 2, 68, 80, 95,108, 115, 116, 122, 125; R. Pallucchini, I capolavori dei Musei veneti, Venezia 1946, pp. 33 ss.; P. L. Zovatto, Il Duomo di Maniago, Udine 1952, passim; V. Querini, P. A. nel 450º anniversario della nascita, in Il Noncello, n. 5,Udine 1955, pp.19-73; C. Someda De Marco, Il Museo civico e le Gallerie d'arte antica e moderna di Udine, Udine 1956, pp. 158, 159, 161, 167, 250; R. Marini, Sebastiano Florigerio, Udine 1956, pp. 81, 83; M. Murato, Disegni veneti della collezione J. Scholz, Venezia 1957, pp. 21 s.; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, I, p. 373 (per Girolamo), pp. 373 s. (per Pomponio, per il quale v. anche XXVII, pp. 271 s., sub voce Pordenone); Encicl. Ital., II, p. 572.