SARNELLI, Pompeo.
– Nacque a Polignano il 16 gennaio 1649 da Francesco, ufficiale dell’esercito napoletano, e da Maddalena Lepore. Fu battezzato il 28 gennaio; ebbe un solo fratello, Giuseppe, e diverse sorelle, delle quali si conosce però solo Brigida, cui indirizzò due lettere (Lettere ecclesiastiche, I, Venezia 1716, pp. 90-93, 124-128).
All’età di quattordici anni si trasferì a Napoli, dove studiò scienze, diritto e teologia con Francesco Verde, poi vescovo di Vico Equense, e con Tommaso Maria Ferrari, poi cardinale. A Napoli, principalmente presso Antonio Bulifon, nella cui stamperia fu correttore e consigliere editoriale, diede alla luce le prime prove letterarie, in virtù delle quali fu affiliato all’Accademia degli Spensierati di Rossano Calabro.
Poligrafo instancabile in italiano, in latino e in lingua napoletana, Sarnelli pubblicò, fra il 1668 e il 1675, un poema in onore di s. Anna, un commento a una epigrafe di S. Domenico Maggiore in Napoli, una parafrasi dei sette salmi penitenziali in versi elegiaci, un Cronicamerone delle vicende partenopee, sul modello della storia di Pietro Summonte, scritti di grammaticografia (un Alfabeto greco, un Abecedario, l’Ordinario grammaticale, il Donato), traduzioni dallo spagnolo, dal francese e dal latino (la Magia naturalis e la Chiriofisionomia di Giovan Battista Della Porta). Attese anche a curatele ed edizioni di testi, come gli Avanzi delle poste di Carlo Celano, le Antichità di Pozzuoli di Ferrante Loffredo, il Quaresimale di Giovanni Nicolò Boldoni e l’Historia del Summonte. Con queste opere Sarnelli puntò a inserirsi nel circuito dell’erudizione tardosecentesca, come dimostra il carteggio con Magliabechi (Lettere dal Regno..., 1979, pp. 1005-1015), in controtendenza rispetto alle tendenze razionalistiche e scientifiche della cultura napoletana di secondo Seicento, ma in accordo con la linea editoriale dell’amico stampatore, la cui libreria era divenuta un importante luogo di promozione culturale e intellettuale.
Acquisite l’ordinazione sacerdotale a Napoli il 14 marzo 1672, la nomina a protonotario apostolico il 17 agosto 1675 e la cittadinanza napoletana il 27 maggio 1676, Sarnelli fu chiamato, il 17 luglio 1679, come aiutante di studio dal vescovo di Siponto, il cardinale domenicano Vincenzo Maria Orsini, poi pontefice con il nome di Benedetto XIII. Trasferitosi, sempre al seguito di Orsini, il 22 gennaio 1680 presso il vescovato di Cesena, ottenne il 29 marzo 1681 il beneficio ecclesiastico della badia di S. Omobuono e, il 29 luglio successivo, il titolo di vicario generale. A Cesena, presso l’Academia sanctarum legum et medicinae, Sarnelli conseguì il 18 luglio 1681 la laurea in diritto canonico, dopo quella in teologia, ottenuta il 31 maggio dello stesso anno presso la Sapienza di Roma.
Nel 1680 Sarnelli pubblicò, con l’anagramma di Esopo Primnellio, la Schola bestiarum, una rielaborazione controriformistica delle favole di Esopo, con implicazioni di tipo religioso e politico (vi si riconoscono qualche punto di contatto con il quietismo e una ricezione dissimulata della precettistica etico-politica di Diego de Saavedra Fajardo). La raccolta di novantanove favole in latino, su sfondo partenopeo, mette in luce la spiccata inclinazione di Sarnelli per il genere della narratio brevis, poi ribadita, con differente scelta linguistica, nella posteriore Posilecheata, raccolta di cinque fiabe in dialetto napoletano stampate, con lo pseudonimo anagrammatico di Masillo Reppone da Gnanopoli, a Napoli nel 1684, prima porzione di una silloge che avrebbe dovuto avere dimensioni più consistenti (115 racconti), stando a quanto afferma l’autore nell’avvertenza «A li vertoluse lejeture» (Posilecheata, a cura di E. Malato, 1962, p. 18).
La Posilecheata, che attirò l’interesse di lettori illustri come Ferdinando Galiani, Vittorio Imbriani e Benedetto Croce, si ricollega al Cunto de li cunti di Giambattista Basile, riedito dallo stesso Sarnelli nel 1674 presso Bulifon con alcune varianti e con un frontespizio recante per la prima volta il fortunato titolo di Pentamerone. Forse autore anche di un repertorio di Frasi della lingua napoletana e di un romanzo in dialetto partenopeo, con quest’opera Sarnelli si colloca, seppur con risalto minore, nel filone barocco degli scrittori in lingua napoletana.
Nell’avvertenza della Posilecheata, egli, infatti, inserisce una rivendicazione del valore letterario del dialetto e individua i destinatari della raccolta non nei fanciulli, come accadeva nel Pentamerone, ma nei padri di famiglia, che si potranno servire dei racconti per favorire l’addormentamento dei propri figli. La «’Ntroduzione», invece, situa le cinque narrazioni in una cornice realistica, la località di Posillipo, dove l’autore si reca a fare una scampagnata («Posilecheata», per l’appunto) presso un amico, a casa del quale si svolge una cena allietata dai racconti di una vecchietta, che serve a tavola prelibate pietanze locali, e delle sue quattro figlie. I racconti hanno un’ambientazione napoletana e contengono miti e leggende di carattere eziologico riferibili a quella zona.
L’interesse per il territorio partenopeo ritorna, in chiave corografica e filopatride, nelle due «guide», stampate presso Bulifon, con dovizia di illustrazioni e di informazioni libresche, e poi tradotte anche in lingua francese: La guida de’ forestieri, curiosi di vedere, e considerare le cose notabili di Pozzoli, Baja, Miseno, Cuma, ed altri luoghi convicini (Napoli 1685) e la Guida de’ forestieri, curiosi di vedere e intendere le cose più notabili della regal città di Napoli e del suo amenissimo distretto (Napoli 1685). Composte nell’estate del 1684 nel convento di S. Brigida a Napoli, in esse l’auctoritas di riferimento, più che la moderna editoria odeporica e turistica, appare ancora il trattato di Loffredo.
Nella stessa estate del 1684 Sarnelli attese alla preparazione del primo tomo delle Lettere ecclesiastiche, opera in dieci tomi pubblicati a tappe, con progressivi accrescimenti: in due tomi, a Napoli, a spese di Bulifon, nel 1686; in tre tomi e in quattro tomi, sempre presso il Bulifon, rispettivamente nel 1690 e nel 1692; in nove tomi a Venezia, presso Antonio Bartoli, nel 1716, con l’aggiunta di un decimo tomo (Napoli 1718), inclusivo di una Sposizione della sacra lavanda.
Le Lettere, indirizzate a interlocutori reali o immaginari, sono una raccolta di curiosità erudite che, pur risentendo ancora dell’enciclopedismo secentesco, dimostrano comunque di allinearsi all’indirizzo della nuova storiografia maurino-bollandista.
In qualità di protonotario apostolico, Sarnelli si era dedicato nel frattempo alla composizione di un gruppo di scritti agiografici e martirologici: i tre tomi dello Specchio del clero secolare (Napoli 1678-1679), sull’esempio della Istoria catolica di Paolo Regio, il Ritratto di San Pompeo vescovo di Pavia (Cesena 1682), l’Arca del Testamento (Venezia 1694), trittico di agiografie dei santi patroni di Bisceglie: Mauro, Pantalone e Sergio, ai quali sarà più tardi dedicato Il vero Tesoro (Napoli 1709), dissertazione sul ritrovamento dei loro corpi in età medievale, La Verità trionfante (Benevento 1716), municipalistica rivendicazione dell’origine sannita di s. Gennaro.
Imperniate intorno a un criterio annalistico-compilativo, sul modello degli Annales ecclesiastici di Cesare Baronio, sono invece alcune opere di erudizione ecclesiastica e di storia locale: la Cronologia dei vescovi ed arcivescovi sipontini (Manfredonia 1680), le Memorie cronologiche dei vescovi ed arcivescovi della Chiesa di Benevento (Napoli 1691); le Memorie dei vescovi di Bisceglie e della stessa città (Napoli 1693). Frutto dell’impegno di catecheta sono inoltre due manuali di liturgia per i ministranti, i Commentarii intorno al rito della Santa Messa (Napoli 1679) e la Scuola dell’anima (Cesena 1682), e un trattato comportamentale destinato agli uomini di Chiesa, Il Clero secolare nel suo splendore (Roma 1688), mentre in una combinazione fra erudizione ecclesiastica e interesse artistico-didascalico è da riconoscersi il fulcro di altri suoi scritti, come La statua di ferro di san Martiniano (Cesena 1685) e l’Antica basilicografia (Napoli 1686), trattazione di archeologia sacra sul modello delle Instructiones fabricae et suppellectilis ecclesiasticae di Carlo Borromeo.
Il 28 marzo 1686 Sarnelli si trasferì a Benevento, di cui Orsini era divenuto frattanto vescovo. Ascritto il 6 aprile al patriziato cittadino, il 5 giugno scampò a stento a un rovinoso terremoto, da cui venne un racconto che consegnò a una Lettera a Magliabechi stampata in appendice alle Memorie dell’insigne Collegio di Santo Spirito (Napoli 1688). Rientrato a Benevento a novembre, dopo un periodo trascorso a Montesarchio e a Cervinara, Sarnelli fece riedificare a sue spese la chiesa rurale di S. Giovanni Battista, di cui era stato arciprete l’anno precedente. A Benevento egli governò la diocesi per lunghi periodi in vece di Orsini e vi ricoprì le cariche di auditore generale, di visitatore e di esaminatore sinodale. In qualità di segretario di Orsini, nell’autunno del 1689 partecipò al conclave che elesse il pontefice Alessandro VIII, dal quale, come conclavista, ebbe la nomina di «aulae lateranensis et sacri palatii apostolici miles et comes». Sempre al seguito di Orsini, nel 1691 assistette al conclave dell’elezione di papa Innocenzo XII, dal quale ottenne il titolo di abbate della badia di S. Spirito a Benevento, di cui aveva già scritto le succitate Memorie. Dopo aver rifiutato il vescovado di Termoli (forse perché ambiva a quello di Caserta), il 24 marzo 1692 gli fu assegnata da Innocenzo XII la sede vescovile di Bisceglie.
Fa luce sul lungo periodo di episcopato (1692-1724) un diario manoscritto, la «Pompei Sarnelli vitae Cronhistoria» (oggi smarrito, ma parzialmente pubblicato da Custodero, 1907). Preso possesso delle sede vescovile il 18 maggio 1692, Sarnelli indisse diversi sinodi diocesani, pubblicò alcune lettere pastorali e promulgò le Costituzioni sinodali e le Regole del monastero di S. Chiara, del Sacro Monte della Pietà e di varie confraternite e congregazioni della diocesi; ma partecipò pure nel 1693 e nel 1698, fuori dalla sua diocesi, a due concili provinciali a Benevento, dove era vescovo Orsini. In questa seconda occasione pronunciò il discorso Il fico mistico (Benevento 1698), per la traslazione del corpo di s. Bartolomeo apostolo. Al periodo dell’episcopato sono strettamente connessi anche alcuni scritti di carattere parenetico-spirituale, biblico e mariologico, come Le lezioni scritturali (Venezia 1705, in due tomi), Il Filarete. Dialogo delle cose spirituali ed invisibili ed invisibili (Venezia 1708), le Annotazioni sopra il libro degli Egregori (Venezia 1710), Il divoto della gloriosissima sempre Vergine Maria madre di Dio (Napoli 1714).
Se ancora espressione delle sue competenze di biblista è l’opera Lume a’ principianti nello studio delle materie ecclesiastiche e scritturali (Napoli 1723), si riallaccia invece ai giovanili interessi grammaticali l’edizione della Totius fere gramaticae epitomae (Napoli 1703) di Luigi Antonio Sompano e di Sergio Sarmento, mentre come una divagazione erudita sul tema si presenta la lettera prefatoria all’Istoria delle perrucche di Jean-Baptiste Thiers (Benevento 1702), poi ristampata nel tomo quinto delle Lettere ecclesiastiche. Nel complesso, però, Sarnelli, dopo la nomina vescovile, si indirizzò decisamente verso tematiche ecclesiologiche, dottrinali, liturgiche, agiografico-martirologiche o verso problemi di esegesi biblica. Rispetto alla prima fase della sua produzione, nella quale era possibile ravvisare interessi più propriamente letterari e una cauta apertura verso orizzonti laici e, persino, irregolari (la scelta di editare la Chirofisionomia di Della Porta, per esempio, o la curiosità per la spiritualità molinista nella Schola bestiarum), in seguito il pensiero e le opere di Sarnelli curvarono decisamente verso una rigorosa ortodossia controriformistica, inattuale al confronto con gli incipienti fermenti innovatori della cultura napoletana del primo Settecento.
Intensa fu l’attività episcopale di Sarnelli, anche a livello extradiocesano: nel maggio del 1695 fu a Napoli alla processione svoltasi in occasione del primo centenario della morte di s. Filippo Neri, il 19 marzo 1696 fu di nuovo in Benevento, in occasione della consacrazione della chiesa di S. Maria di Costantinopoli, di cui scrisse anche una Storia, in appendice al secondo tomo delle Lettere ecclesiastiche, nel 1699 visitò la diocesi di Molfetta, stilandone un resoconto dei beni artistici e architettonici (Acta visitationis Ecclesiae Melphictenisis, in Molfetta, Archivio Diocesano, 14.A.1). Inoltre si fece promotore, all’interno della sua diocesi, di un serie di restauri negli edifici pubblici e privati di Bisceglie, distinguendosi per un’alacre azione di committenza e di riqualificazione architettonica e monumentale.
Sarnelli morì a Bisceglie il 7 luglio 1724, dopo l’elezione di Orsini al soglio pontificio (29 maggio 1724).
Alla notizia della sua morte, il nuovo pontefice inviò un breve commemorativo al Capitolo della cattedrale di Bisceglie. La salma fu tumulata nel sepolcreto dell’oratorio dei Ss. Martiri, a Bisceglie, con il seguente autoepitaffio: «Pontificibus castris post exactas vigilias ǀ quiescentibus ǀ aeternam requiem ǀ Vigilienses implorate».
Oltre che le edizioni anastatiche di alcune opere, in edizione moderna è disponibile la Posilecheata, a cura di E. Malato, Firenze 1962.
Fonti e Bibl.: Dopo i repertori biobibliografici sei-ottocenteschi, i primi profili biografici di Sarnelli risalgono all’inizio del Novecento: N. De Donato, L’erudito Monsignor P. S. fra i più moderni del Seicento (Vescovo di Bisceglie), Bitonto 1906; A. Custodero, Un diario inedito (1690-1718) di P. S., Trani 1907. Nella scia di B. Croce, Saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Bari 1962, pp. 76-78 e passim, si sono susseguiti nel tempo approfondimenti sui vari aspetti della figura di Sarnelli: M. Capucci, Dalla biografia alla storia. Note sulla formazione della storiografia artistica nel Seicento, in Studi secenteschi, IX (1968), pp. 103 s., 109; V.I. Comparato, Giuseppe Valletta. Un intellettuale napoletano della fine del Seicento, Napoli 1970, pp. 94-97; A. Asor Rosa, Il Seicento, in Letteratura italiana. Storia e testi, Bari 1974, pp. 492-494 e passim; M. Basile Bonsante, Appunti su P. S., moralista e scrittore d’arte, in Atti del congresso internazionale di studi sull’età del Viceregno, a cura di F.M. De Robertis - M. Spagnoletti, I, Bari 1977, pp. 239-256; F. Tateo, P. S. fra storiografia ed erudizione, in Archivio storico pugliese, XXX (1977), pp. 203-228; G. Pinto, Il pensiero religioso di P. S., ibid., pp. 229-254; V. Valente, La lingua napoletana di P. S., ibid., pp. 255-266; Lettere dal Regno ad Antonio Magliabechi, a cura di A. Quondam - M. Rak, II, Napoli 1979, pp. 1003-1005; F. Tateo, La cultura letteraria in Puglia nell’età barocca, in La Puglia tra Barocco e Rococò, Milano 1982, p. 340; C. Jannaco - M. Capucci, Il Seicento, Padova 1986, pp. 598 s.; Cronologia de’ vescovi et arcivescovi sipontini, Bologna 1986, ad ind.; G. Fulco, La letteratura dialettale napoletana. Giulio Cesare Cortese e Giovan Battista Basile, P. S., in Storia della letteratura italiana, V, Roma 1997, pp. 861 s.; P. S., un vescovo pugliese fra Sei e Settecento. Produzione letteraria, attività pastorale e committenza artistica, Lecce 2002; C. Varese, Teatro, prosa e poesia. II parte, in Storia della letteratura italiana, IX, Il Seicento. L’età barocca. Vico, Milano 2005, pp. 371-374; G. Di Leo, P. S. tra edificazione religiosa e letteratura, in Odegitria. Annali dell’Istituto superiore di scienze religiose, XIII (2006), pp. 168-244; Scuola di bestie, a cura di A. Iurilli, Bari 2008; C. Allasia, La Posilecheata, una ‘still life’ fiabesca, in I novellieri italiani e la loro presenza nella cultura europea, a cura di G. Carrascón - Ch. Simbolotti, Torino 2015, pp. 255-267.