POLARIMETRO
. Apparecchio destinato a produrre e analizzare luce polarizzata rettilineamente o ellitticamente. In principio, esso si compone di due prismi di Nicol (v. nicol), montati sullo stesso asse SS (fig. 1), e dei quali uno è girevole. Sono polarimetri, in senso lato, anche il microscopio di polarizzazione e la pinza a tormaline. Normalmente i polarimetri servono a misurare il potere rotatorio delle sostanze otticamente attive.
Utilizzando una luce monocromatica, si pongono dapprima i due nicol P e A all'estinzione. Se si interpone fra i due nicol una lama sottile Q di quarzo tagliata normalmente all'asse, la luce si vede riapparire. Per riottenere l'estinzione occorrerà girare uno dei nicol (l'"analizzatore"), sia in senso destrorso, sia in senso sinistrorso secondo il quarzo adoperato. E la rotazione è proporzionale allo spessore della lamina. Una lama di quarzo di 1 mm. di spessore fa ruotare il piano di polarizzazione di 17°30' per la luce rossa, e di 44°5′ per la luce violetta.
Come fu scoperto da A. Biot nel 1815, anche liquidi, quali la soluzione di acido tartarico, l'essenza di trementina, ecc., posseggono potere rotatorio, seppure in grado minore del quarzo. Le soluzioni di corpi attivi in corpi neutri hanno un potere rotatorio proporzionale alla concentrazione del corpo attivo: così le soluzioni di zucchero in acqua. Grazie al polarimetro, il Biot potè seguire il decorso dell'inversione dello zucchero di canna, e F. Wilhalmy scoprirne la legge: L. Pasteur, H. J. Van't Hoff poterono studiare le relazioni fra attività ottica e struttura, e creare la stereochimica.
I polarimetri più perfetti sono del tipo detto a penombra: essi permettono di misurare l'angolo di rotazione con una approssimazione che giunge ai 5″. Assai diffuso è il polarimetro di Laurent (fig. 2), che ora descriveremo.
Un nicol polarizzatore P (fig. 2) è illuminato dalla luce gialla di una fiamma a sodio A. La luce che ha attraversato il polarizzatore incontra una lamina di mica o di quarzo D, tagliata in senso parallelo all'asse, e montata su un diaframma in modo da non coprirlo che per metà. Questa lamina è mezz'onda (per la luce gialla), dimodoché il campo luminoso risulta diviso in due parti in ciascuna delle quali si ha luce polarizzata rettilineamente, ma i cui rispettivi piani di vibrazione formano fra loro un angolo ω.
Se ora la sezione principale dell'analizzatore è disposta in modo da trovarsi perpendicolare o parallela alla bisettrice dell'angolo ω, le due metà del campo appaiono egualmente illuminate, più intensamente nel primo caso, meno nel secondo. Il dispositivo è particolarmente sensibile quando il campo è poco illuminato (da ciò il nome di "apparecchio a penombra") perché allora l'occhio si trova nelle migliori condizioni per apprezzare piccole differenze di illuminazione. Conviene perciò rendere l'angolo ω assai acuto e osservare con la sezione principale dell'analizzatore parallela alla bisettrice di ω. Una piccola rotazione dell'analizzatore da questa posizione tende a rendere completamente oscura una metà del campo, mentre aumenta l'illuminazione dell'altra metà.
Dopo aver traversato il diaframma, i raggi luminosi attraversano il tubo L che contiene il liquido da studiare, e penetrano nel cannocchiale che contiene il nicol analizzatore P′. Questo si può far ruotare solidalmente con un'alidada che porta un nonio, e che si sposta lungo le divisioni in un cerchio graduato. Il cerchio porta due graduazioni, l'una in gradi, l'altra direttamente in centesimi di zucchero puro, detta graduazione saccarimetrica: talvolta questa indica invece lo spessore del compensatore (v. appresso).
Quando lo strumento sia allo zero, mettendo l'oculare O a fuoco sul diaframma D, si vedono di solito le due metà del campo diversamente illuminate (fig. 3, a o c). Si fa allora girare l'analizzatore per mezzo di una vite micrometrica fino a quando le due metà del campo non appaiono debolmente e ugualmente illuminate (figura 3, b). Si intercala poi nella apposita gronda un tubo ad estremità piane e parallele che contiene il liquido da studiarsi: le due metà del campo appariranno di nuovo diversamente illuminate. Si ristabilirà la penombra b girando l'analizzatore verso destra se la sostanza è destrogira (zucchero di canna, glucosio, ecc.) o verso sinistra se è levogira (levulosio, ecc.).
Il polarimetro Laurent è il più diffuso e il più economico, ma serve solo per quella luce (in generale la luce gialla del sodio) per cui la lamina birifrangente è mezz'onda. Più perfetto è il polarimetro di Lippich (figura 4) a due o a tre campi. In quest'ultima forma si hanno due piccoli nicol che coprono i due bordi estremi del campo e le cui sezioni principali sono tra loro parallele; il campo appare allora diviso in tre parti da due linee parallele di divisione, e le due parti laterali sono ugualmente illuminate. La maggior simmetria della illuminazione del campo si traduce in un vantaggio nella sensibilità con cui può venir colto l'azimut dell'analizzatore composto dei tre nicol, cui corrisponde eguale illuminazione nei tre campi.
I polarimetri a penombra, siano essi a lamina o a nicol, hanno un campo diviso in parti che si comportano in modo asimmetrico rispetto alla luce che le attraversa; un analizzatore a penombra simmetrìco e semplice si realizza sostituendo al nicol o alla lamina dell'apparecchio a due campi una bilamina costituita da due lamine contigue di clorato di sodio rispettivamente destrogiro e levogiro, di uguale spessore, coprenti rispettivamente la parte 1 e la parte 2 del campo. Tale dispositivo è dovuto al Perucca.
Per un corpo puro otticamente attivo, le esperienze dànno per l'angolo di rotazione
ove h è lo spessore della lamina del corpo attivo, K una costante ancora dipendente dalla lunghezza d'onda usata, e anche da altre condizioni, quale per esempio la temperatura; K è la caratteristica che misura il potere rotatorio specifico di un corpo. Per KλD cioè nel caso della luce gialla del sodio, si hanno i seguenti valori in gradi/mm. a 20° C.: quarzo ± 21,73; clorato di sodio ± 3,13; nel caso del limonene si hanno ± 107 gradi/dm.
Polarimetri semplificati sono i saccarimetri, destinati esclusivamente allo studio degli zuccheri. In essi non si fa ruotare l'analizzatore, ma si compensa la rotazione del piano di polarizzazione con l'interporre spessori variabili di quarzo destro o sinistrogiro. Con questi apparecchi non è più necessario adoperare luce gialla. Non vi è più cerchio graduato. Il compensatore, che si vede nella fig. 5, è un sistema composto d'una lamina di quarzo destro D e d'una lamina di quarzo sinistro QQ′ più spessa di D, ma divisa in due prismi di angolo assai acuto che si possono far scorrere nel senso delle frecce o in senso opposto, in modo da far variare a volontà lo spessore del quarzo sinistro interposto (biquarzo di Soleil). Se tale spessore è uguale a quello di D, non si ha alcuna rotazione: diminuendo lo spessore si ha rotazione a destra, aumentandolo si ha a sinistra.
Applicazioni in medicina. - Viene usato: 1. essenzialmente per il dosaggio degli zuccheri nelle urine. L'urina deve essere decolorata con talco in polvere (o con carbone animale quando vi sia contemporanea presenza d'acetone) e completamente limpida, il che si ottiene con l'aggiunta di qualche punta di coltello di acetato basico di piombo e con successiva filtrazione. Anche il galattosio ruota il piano della luce polarizzata verso destra; ma per ottenere dalla lettura al polarimetro i valori di galattosio contenuto nelle urine, quando si sappia che lo zucchero urinario è costituito non da glucosio ma da galattosio, bisogna moltiplicare p per 0,70.
Il levulosio ruota invece a sinistra; e quindi, quando si sia stabilito che non esistono nell'urina altre sostanze ruotanti a sinistra (acido betaossibutirrico, acidi glicuronici appaiati) e a destra (glucosio, galattosio) si moltiplica p per 0,57.
2. Si può usare anche per il dosaggio delle albumine nel sangue, perché anche queste hanno la proprietà di far ruotare a sinistra il piano della luce polarizzata, con un valore di rotazione specifico per ogni singola albumina. Si valuta il potere rotatorio totale del siero; si separano le globuline (per esempio con soluzione satura di solfato di magnesio) e si determina quindi il potere rotatorio del filtrato; tenendo conto delle costanti rotatorie dell'albumina (62,6 - 64,6) e delle globuline (47,8 −48,2) si potranno determinare le quantità rispettive delle medesime (v. abderhalden, emil).